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Padre Fortunato: Un'ondata di nuovi poveri nelle nostre mense 

“Nessuno si salva da solo” dice all'Huffpost Padre Enzo Fortunato

“Pochi giorni fa ho ricevuto il messaggio di una signora. Mi raccontava di aver dovuto dire al figlio che, a causa della crisi portata dal Covid, avrebbero dovuto rinunciare ad alcune cose, alle spese superflue. Il piccolo le ha detto ‘mamma, ma siamo diventati poveri? Ma almeno un gelato possiamo permettercelo?’. Lei non ha pianto solo perché era davanti al bambino”. La lettera cui Padre Enzo Fortunato, direttore della sala stampa del Sacro Convento di Assisi, fa riferimento parlando con HuffPost è solo una delle “migliaia e migliaia” di messaggi che arrivano ai frati di Assisi in queste ultime settimane. Sono gli appelli di persone in difficoltà, che chiedono aiuto e conforto. A loro, i frati rispondono con un sostegno economico quando possono, o indirizzandoli verso le istituzioni che possono dare loro una mano. Ed è proprio a chi sta avendo problemi a causa della crisi portata dal Coronavirus che saranno destinati i fondi raccolti con la maratona di solidarietà “Con il cuore, nel nome di Francesco 2020″, iniziata il 9 giugno con un evento televisivo che sarà trasmesso in replica il 5 luglio su Rai 1, che finirà il 15 luglio.

Il presente fa paura, se si pensa a quanto sono aumentate le persone in difficoltà. Ma è anche al futuro che bisogna pensare per ricostruire. E anche di questo si è parlato ieri in un incontro tra il presidente del Consiglio, i Frati di Assisi e la fondazione Symbola di Ermete Realacci.

Padre Enzo, anche lei era presenta all’incontro con Giuseppe Conte. Cosa è emerso?

La necessità di un processo coraggioso di semplificazione e sburocratizzazione. Alla luce delle iniziative fatte sul Manifesto di Assisi - che hanno visto come partner soggetti che vanno da Confindustria a Francesco Starace (l’ad di Enel, ndr), dalle realtà religiose a quelle dei coltivatori, fino alle tante persone di buona volontà che hanno deciso di aderire - abbiamo sottolineato come l’Italia abbia bisogno di recuperare due cose: fiducia e speranza. Ma non solo: se non si procede sulla strada dello sfoltimento della burocrazia, il paese ne pagherà conseguenze amarissime.

Il coronavirus ha avuto effetti devastanti per l’economia. I dati Istat di oggi ci dicono che la crisi sanitaria ha inasprito le diseguaglianze sociali. Cosa ne pensa?

Il divario profondo che si sta creando tra le persone ci preoccupa molto, pur senza scoraggiarci. Siamo di fronte a una povertà crescente, che riguarda le famiglie e che va combattuta. Anche per questo stiamo conducendo, e lo faremo fino al 15 luglio, una maratona di solidarietà, “Con il cuore, nel nome di Francesco”. Abbiamo sempre in mente una frase di San Giuseppe Moscati. Da medico, lavorava nei quartieri poveri di Napoli, aveva sempre un berretto sulla scrivania, con accanto un cartello e la scritta: “Chi ha metta, chi non ha prenda”. Questo è il messaggio che vogliamo lanciare: le persone che hanno disponibilità sono chiamate a donare, quelle che hanno bisogno non devono avere paura di chiedere.

Voi ricevete richieste di aiuto?

Ci arrivano migliaia e migliaia di lettere e messaggi, al punto che abbiamo dovuto creare una squadra che se ne occupi. Ho appena letto l’ultimo: è di una signora che ci ha mandato le bollette della luce e del gas. Non ha soldi per pagarle.

Cosa altro vi chiedono le persone?

L’altro giorno ho ricevuto una lettera di una mamma disperata: non riusciva più a pagare il mutuo perché i suoi figli non lavoravano più e le stavano pignorando la casa. In questi casi, laddove non possiamo intervenire direttamente noi, cerchiamo di suggerire le istituzioni a cui rivolgersi. E sono contento di aver parlato, non molti giorni fa, con il presidente della Federazione Autonoma Bancari Italiani. Ci ha detto di segnalargli i casi di persone in difficoltà con il mutuo, in modo che loro possano vedere nel giro di pochi giorni se riescono a intervenire per aiutarli.

Il mutuo, le bollette, spese che forse questi nuclei familiari prima del coronavirus riuscivano ad affrontare senza particolari difficoltà. Sono loro i nuovi poveri?

Si tratta di persone che prima, sostanzialmente, stavano bene. Alcune fette del mondo degli autonomi, per esempio. Loro stanno pagando un pezzo altissimo. Sempre per fare riferimento alle lettere che ricevo, l’altro giorno una mamma mi raccontava di aver dovuto dire al figlio alle spese superflue. Il piccolo le ha detto ‘mamma, ma siamo diventati poveri? Ma almeno un gelato possiamo permettercelo?’. Lei non ha pianto solo perché era davanti al bambino. Ho ricevuto poi un messaggio di due ragazzi, che avevano programmato di sposarsi a ottobre, perché essendo entrambi lavoratori stagionali contavano sui guadagni estivi. Ma questi ultimi sono saltati. O, ancora, una signora mi raccontava dell’inquietudine per la cassa integrazione che ancora non le arrivava: “Non mi spaventa la povertà, mi spaventa la precarietà”, mi ha detto. Insomma, come vede, a scriverci è la carne viva del Paese.

Voi distribuite anche cibo a chi ne ha bisogno. Sono aumentati gli accessi alle mense francescane?

In maniera vertiginosa, del 90%. Ci sono persone che arrivano a testa bassa, per non farsi riconoscere. Entrano e prendono il pacco spesa, che riusciamo a fornire anche grazie ad alcune aziende che ci stanno aiutando.

Il rischio è che, in assenza di liquidità, le persone si rivolgano alla criminalità, agli usurai.

Già, e proprio per questo noi stiamo chiedendo - quasi gridando - alle persone di non andare dagli usurai. Di avere il coraggio di bussare alle nostre porte e a quelle delle istituzioni. E gli usurai sappiano che chi approfitta della fragilità delle persone, dovrà poi fare i conti con la legge e con la propria coscienza. Anche Papa Francesco ha lanciato loro un appello, ad aprile, per invitarli alla conversione.

La fase più difficile dell’epidemia sembra essere passata, ma adesso c’è una società da ricostruire. Da dove partire?

Io credo che ci sia una frase che debba guidarci in questa strada: “Nessuno si salva da solo”. La crisi deve essere poi un momento per ripensarci e per ripensare un’economia che non uccida l’uomo. Un’economia che non vada verso il pauperismo, ma verso la solidarietà. Stiamo imparando, credo, ad andare verso l’essenziale, a non essere affogati nelle cose superflue. Quanto agli altri elementi, mi vengono in mente le parole che Papa Francesco ha pronunciato in piazza San Pietro, nel pieno della pandemia: “Pensavamo di essere sani in un mondo malato”. Ecco, ci pensavamo onnipotenti e ci siamo scoperti fragili. Non sani, ma feriti. E un po’ ammalati. Penso, quindi, che per ripartire bisogna denunciare le ingiustizie sociali, riscoprire il rispetto del creato. Della bellezza, della fraternità, della solidarietà.

Concetti, questi, che in qualche modo dovrebbero essere tradotti in provvedimenti delle istituzioni?

Certo. Io credo che il legislatore e il governante dovrebbero fare riferimento proprio a quella prospettiva cui facevamo riferimento prima. Perché, altrimenti, il rischio è di fare tante cose, ma senza una visione del mondo.



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