Roma. Il prossimo 11 aprile riapre la Scala Santa
La storia della Scala portata da Sant’Elena da Gerusalemme a Roma
di Antonio TaralloNon solo i romani, ma tutto il popolo di fedeli e – bisogna dirlo – anche i turisti (o se vogliamo, solamente i curiosi), attendevano da tempo la notizia: la Scala Santa – che per i cattolici è la scala percorsa da Gesù il giorno della sua morte per andare da Ponzio Pilato – riaprirà l’11 aprile prossimo. Da questa data sarà aperta per 60 giorni. E – cosa assai straordinaria – saranno finalmente visibili i 28 gradini marmorei della scala, senza la copertura in legno di noce.
Non avveniva da ben 300 anni. Il complesso in cui è custodita la “reliquia architettonica” è denominato “Pontificio santuario della Scala Santa”, e si trova nelle immediate vicinanze della basilica di San Giovanni in Laterano, sede del Vicariato della Capitale. La leggenda – di origine medievale, come molte delle leggende legate al Cristianesimo e alle sue reliquie –narra che si tratterebbe della scala trasportata a Roma da Sant'Elena Imperatrice, madre di Costantino I, nel 326. Si narra che l’avrebbe prelevata dal palazzo di Pilato, a Gerusalemme.
Le prime testimonianze in merito, possiamo trovarle in un passo del Liber Pontificalis del tempo di Sergio II (844/847) ed in una Bolla di Pasquale II (1099/1119). Situata già nel Patriarchium, o complesso dei Palazzi Lateranensi, l’antica sede dei Papi. Sisto V, successivamente, nel 1589, la fece collocare ai piedi della cappella papale dove poi è rimasta, formando un unico edificio. Quello che vediamo oggi. Il palazzo è opera di Domenico Fontana.
Si narra che fu lo stesso Fontana a seguire personalmente il trasferimento della Scala Santa dall'antico Patriarchium, alla sede attuale. Il trasferimento avvenne in una sola notte. È il Fontana stesso a raccontare che il trasporto dei gradini che la compongono avvenne al lume delle torce e al canto di preghiere e salmi, tutti i partecipanti della maestosa opera erano in processione. Una particolarità: per la collocazione degli scalini, si cominciò dal basso, cosicché nella nuova sistemazione l'ordine dei gradini risulta inverso.
Il primo dal basso è diventato l'ultimo in alto, il secondo dal basso il penultimo in alto e così via. Questo metodo permise agli artefici di non calpestare i gradini nella fase della loro collocazione. Ecco come un documento dell’epoca – e precisamente un “Avviso” del 1589 – ci racconta la scena: “Li Canonici, la sera di notte facendosi devotissime processioni, si tenne questo ordine, che cominciassi a levare l’ultimo scalino di sopra seguendo a basso tenendo il medesimo ordine quando si mettevano in opera, al contrario di quello che ordinariamente far si vuole accioché non vi si dovesse camminar con li piedi sopra, già che i Pontefici istessi divotamente van salendo quel - le in ginocchione e tutta l’opera fu in una sol notte posta in essecutione”.
Per agevolare il deflusso dei fedeli, si decise di affiancare alla Scala Santa, altre quattro scale “minori”. In più furono costruite a destra e a sinistra del “Sancta Sanctorum” le cosiddette «nuove cappelle» di San Lorenzo e di San Silvestro. Le pareti delle scale e quelle delle cappelle furono decorate da pittori noti all'epoca, tra cui Paul Brill di Anversa. Il complesso fu ultimato nel 1589. Una bolla di Papa Sisto V – che reca la data del 24 maggio 1590 – attesterà l’ufficialità del “fine opera”.
Sarà papa Innocenzo VII, nel 1723, a ordinare la copertura degli scalini, con tavole di noce per impedirne l'usura. Sulla copertura in legno, furono praticate delle feritoie, per permettere ai fedeli di scorgere le tracce di sangue di Gesù, presenti sulle scale marmoree. Papa Pio IX ne curò i restauri e promosse il culto della grande reliquia costruendo l'attiguo convento. Questo fu affidato, il 24 febbraio 1853, ai religiosi Passionisti che tutt’ora sono i custodi del sacro luogo.
Antonio Tarallo
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