Salvini-Vaticano, tra battute e scintille il dialogo resta complicato
Dopo l’apertura con riserva di Parolin, la replica piccata del leader leghista.
La sensazione è che da adesso il leader leghista non potrà più far finta di nulla. Nè limitarsi a dire che gli piacerebbe incontrare il Papa, «ma non l’ho ancora chiesto». Le porte delle sacre stanze, o almeno un dialogo, potrebbero aprirsi anche per Salvini. Se lo chiederà e ne creerà i presupposti. Il messaggio-assist giunge dalla massima autorità della Santa Sede dopo il Pontefice: il segretario di Stato.
Ieri infatti il cardinale Pietro Parolin, a margine della premiazione promossa dalla Fondazione Centesimus Annus, è stato chiaro: «Il Papa continua a dirlo: dialogo, dialogo, dialogo. E perché non Salvini?». Ed è andato oltre: «Il dialogo si fa soprattutto con quelli che non la pensano come noi e con i quali abbiamo qualche difficoltà e qualche problema». Con l’aggiunta di un inequivocabile verbo «dovere»: «Anche con Salvini si deve dialogare».
Ora, non è che sia tutto rose e fiori. Tutt’altro. Intanto nelle parole dell’alto prelato c’è la certificazione quasi ufficiale che tra la Chiesa e la galassia leghista «qualche difficoltà e qualche problema» esiste eccome. E poi il Porporato non ha dimenticato o tralasciato tutto d’un colpo le distanze di idee e stili che per certi versi sembrano incolmabili, a cominciare dalla questione migranti e dal facile e continuo uso dei segni cristiani: non ha mancato di ribadire che«a usare i simboli religiosi per manifestazioni di parte, come sono i partiti, c'è il rischio di abusare di questi simboli. Quindi credo che da parte nostra non possiamo stare indifferenti di fronte a questa realtà».
Ma dalla Santa Sede un gesto verso una possibile distensione dei toni è arrivato. E lascia ora l’iniziativa al Ministro dell’Interno, che deve decidere se e quando provare a incontrare i vertici vaticani. La mattina dopo il successo elettorale ha dichiarato che «a questo punto», essendo a capo della «prima forza politica di questo paese», sarà «mia premura chiedere incontri ai massimi livelli istituzionali di tutti coloro con i quali necessariamente avrò voglia di dialogare».
È risaputo che per guidare l’Italia è inevitabile un confronto e un rapporto con le gerarchie ecclesiastiche, su entrambe le sponde del Tevere (Conferenza episcopale italiana e Vaticano). Ma allo stesso tempo il leader leghista dovrà capire se una foto con Papa Bergoglio - fischiato nelle piazze sovraniste - potrà giovargli o creargli problemi nel suo elettorato, composto anche dalle frange cattoliche tradizionaliste ostili al pontificato. Dovrà intuire se abbandonare lo sventolio di rosari e tralasciare le ostentate citazioni in chiave anti-Francesco. A quel punto, il passo da compiere sarà uno solo: chiedere l’incontro.
Ma le ore immediatamente successive non sembrano portare alla via del disgelo. Prima Matteo Salvini ha replicato polemicamente al gesuita padre Bartolomeo Sorge, ex direttore della Civiltà Cattolica, autore del saggio «Il populismo fa male al popolo» (Edizioni Terra Santa), che su Twitter aveva scritto così: «L’Italia è leghista, non più cristiana. Il leghista dice: “prima gli italiani”; il Cristiano: “prima gli scartati”. Né basta baciare in pubblico Gesù; l’ha già fatto anche Giuda».
Ecco il contro-tweet salviniano: «Guardate cosa scrive questo teologo... Ci manca solo che qualcuno chieda la mia scomunica, e le abbiamo viste tutte... Avanti, con Fede, rispetto e umiltà!».
Poi, in serata, una diretta Facebook del vicepremier disillude gli ottimisti: «Ringrazio Parolin, ma non penso di avere la lebbra o la peste».
Domenica Agasso Jr. - Vatican Insider
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