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Santi Migranti, Massimo Pastore: Attraverso l'iconografia sacra proviamo a parlare alla gente

Santi Migranti un collettivo di creativi napoletani. Massimo Pastore ce ne parla

di Domenico Marcella

“Scherza coi fanti ma lascia stare i santi”. Questa però non è una provocatoria burla dai contenuti blasfemi, ma un semplice – e assai creativo – invito a rimettere in circolo quella meravigliosa dote che è l’umanità. Brigida, “la santa migrante”, è avvolta nella coperta isotermica di emergenza, offerta – durante le operazioni di primo soccorso – ai migranti che arrivano stremati dal viaggio della speranza.  Gli autori dell’insolita installazione artistica, già presente nei luoghi simbolo della causa umanitaria, sono i Santi Migranti, un collettivo di creativi napoletani. Incontriamo Massimo Pastore per capire un po’ di più della missione del gruppo: «Il nostro non è un lavoro religioso, ma attraverso l'iconografia sacra proviamo a parlare alla gente».



Ribelli, ma con una giusta causa

«Chiunque decida di ribellarsi a qualcosa o a qualcuno lo fa per una giusta causa, altrimenti non scatterebbe il sentimento o la necessità della ribellione. Ci si ribella alle cose che fanno male, che ci feriscono e che ci umiliano. La nostra è una ribellione all’eccessiva leggerezza con cui si trattano gli esseri umani, e al non rispetto dei diritti fondamentali sanciti nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948, sottoscritta dall’Italia e da altri 48 Paesi. La ribellione è un tentativo di liberazione dalla sofferenza che, purtroppo, non sempre riesce. Il nostro scopo è quello di far sì che le persone si pongano delle domande per cambiare opinione a favore della vita o di chi sembra diverso, contribuendo a spezzare le catene dell’ignoranza. Quel che facciamo è un microscopico gesto di sana ribellione che si unisce tutti coloro che ogni giorno operano per aiutare “gli ultimi”. Penso a uomini come Gino Strada e a tutti quelli che lavorano per le varie organizzazioni come Emergency e Medici senza Frontiere; penso agli uomini e le donne delle Ong, delle Capitanerie di Porto, della Guardia Costiera, e ai semplici pescatori che seguono la legge del mare e non restano indifferenti davanti a una persona che rischia di affogare. Questi, per me, sono gli eroi della nostra contemporaneità. Ribelli armati di compassione».




Come nasce il progetto?

«Santi Migranti è un logo/manifesto ideato da me che si innesta sull’azione collettiva #quiriposa, la cui paternità resta ignota. La loro missione è quella di andare in giro per le città ad attaccare manifesti che riportano le storie delle vittime delle traversate in mare, e le vicende legate ai grandi naufragi degli ultimi anni, come quello del 3 ottobre 2013 – a Lampedusa – in cui persero la vita 368 persone. Santi Migranti gioca, nel logo, con due concetti opposti: quello di anti (contro) e quello di Santi; ogni artista, indipendentemente dal mezzo usato, può decidere di esprimersi sui concetti di uguaglianza, fratellanza, condivisione, accoglienza e migrazioni; mai contro qualcosa o qualcuno ma sempre “a favore di”. Per noi di Santi Migranti è un onore offrire il logo a un pensiero collettivo di gentilezza e accoglienza a chi ne ha bisogno».



Non a caso siete partiti da Napoli, la città in cui l’accoglienza è un imperativo categorico.

«Napoli da sempre è una città aperta che – al di là dei tanti problemi – non ha mai perso la propria umanità. Napoli è città di mare, porto aperto sul Mediterraneo, e anche luogo di partenze di massa. Forse nel nostro DNA è inciso il dolore dei nostri cari, costretti a lasciare la città per cercare fortuna altrove. Forse non è proprio un caso che la partenza di questo progetto sia stata da Napoli».



Perché avete scelto di rappresentare Santa Brigida?

«Brigida è una figura bellissima che incarna il principio di compassione. Dopo la morte del marito, con il quale ebbe otto figli, partì dalla Svezia e – attraversando tutta l’Europa con la figlia Caterina – si diresse in Italia dove visitò tutti i luoghi in cui erano custodite le reliquie dei santi. Morì a Roma nel 1373.  Fu dichiarata Compatrona d’Europa da Papa Giovanni Paolo II. Dedicò la sua vita ai poveri. Proprio per la sua provenienza e per il suo ruolo di Compatrona d’Europa, la nostra Santa Brigida è stata installata a Bruxelles, nei pressi del Palazzo della Commissione Europea, e a Lampedusa, sulla facciata di un edificio comunale che guarda il porto in cui sbarcano i migranti. La figura di questa immensa donna rappresenta un ponte che li unisce. Ma è stata collocata anche a Matera, capitale della Cultura Europea 2019 e a Riace; prossimamente sarà collocata anche a Roma e Napoli. Brigida è stata la prima santa migrante a essere da me rappresentata; a breve, però, saranno collocati altri Santi Migranti nella mia città, con i quali i napoletani hanno un rapporto speciale. Icone di coraggio e compassione, sbarcati tanto tempo fa a Napoli da Turchia e Tunisia. Uno di questi sarà collocato il 20 giugno nella Basilica di Santa Maria alla Sanità».



Cosa si prova a installare opere nei luoghi divenuti simbolo di accoglienza?

«È come ripagare un debito di gratitudine. Le nostre azioni si svolgono sempre nel rispetto dei luoghi e delle persone. Frequento Lampedusa dal 2015, e installare Santa Brigida è stato come restituire quel che l’isola – nel corso di questi anni – mi ha offerto. A Lampedusa, tra l’altro, abbiamo affisso anche un manifesto con un pensiero di Anna Maria Ortese: “Sono lieta, in mezzo alle tristezze mediterranee, di essere qui. E dirvi com’è bello pensare strutture di luce, e gettarle come reti aeree sulla terra, perché essa non sia più quel luogo buio e perduto che a molti appare, o quel luogo di schiavi che a molti si dimostra. A dirvi come sia buona la Terra, e il primo dei valori, e da difendere in ogni momento. Nei suoi paesi, anche nei suoi boschi, nelle sorgenti, nelle campagne, dovunque ci siano occhi […] che vi guardano con pace o paura. Là vi è qualcosa di celeste, e bisogna onorarlo e difenderlo.” Lo avevamo inizialmente collocato sulla parete del comune di Lampedusa in accordo con il sindaco Salvatore Martello, ma poi qualcuno lo ha strappato e Don Carmelo – il parroco di Lampedusa – ci ha proposto di affiggerlo sulla facciata della canonica, nei pressi della piazza divenuta punto di ritrovo per i migranti, che lì giungono per potersi collegare alla rete wi-fi messa a disposizione della chiesa».



A colpi d’arte si può stravolgere e conquistare tutto?

«Non c’è alcuna volontà di stravolgere o conquistare qualcuno o qualcosa, ma soltanto la necessità di suggerire – con gentilezza – una visione diversa, aperta e non pregiudizievole nei confronti di chi arriva per vivere in condizioni migliori rispetto ai loro Paesi di provenienza. Se quel che facciamo servirà ad aprire i cuori e la menti, anche se di una minima percentuale, allora la nostra missione avrà un senso. Ed è quello che spero avvenga».



Domenico Marcella

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