Schiavazzi: La Confindustria del Papa ad Assisi
Invitare anche i 'cattivi', provando ad ammansirli come fece Francesco con il Lupo
di Piero Schiavazzi
Bergoglio lascia l’empireo astratto della dottrina e scende in campo: lungo il terreno aperto e scosceso, incerto e scivoloso delle scelte di politica economica, contingenti e cogenti, dove i predecessori non si erano mai spinti. Entrando in slalom tra gli estremi del dibattito che polarizza e oppone gli esperti: deregulation e dirigismo, protezionismo e globalizzazione, discepoli di Friedman ed eredi di Keynes, per non parlare dei nipoti di Colbert. O più prossimamente, prosaicamente, restando all’estero vicino e all’erta della Penisola: debito e tagli, Tav e No Tav, sussidi e investimenti, salario minimo e maxiopere, flat tax e progressività delle aliquote. Draghi e Savona, grillini e Salvini, Bankitalia e Via Bellerio, eroici furori e stoici rigori.
DA DAVOS AD ASSISI - Dagli alberghi extralusso di Davos, con accesso diretto alle piste di sci delle alpi svizzere, agli eremi low-cost del Monte Subasio, nel cuore dell’Umbria smeraldina, con annesso un impianto di risalita in Paradiso. Mixando stigmate d’ascesi mistica e diagrammi d’analisi statistica: scenografia fantasiosa e visionaria del World Economic Forum di Francesco, il contro-summit antagonista presieduto dal Papa e programmato ad Assisi dal 26 al 28 marzo 2020. Vigilia emblematica della risurrezione di Lazzaro, che la Chiesa celebrerà il giorno a seguire, domenica 29. Ultima di Quaresima e occasione last minute per uscire dal sepolcro, ribaltando la china dell’ennesima crisi che investe il mondo. Save the date.
IL GESTO DEL PAPA - Simultaneamente all’annuncio dell’evento, reso noto in prima persona dal Pontefice, la sera stessa irrompeva il gesto, clamoroso e anticipatore, di un membro del collegio cardinalizio, il club più esclusivo del pianeta, Konrad Krajevski, che in luogo della tomba si è calato in un tombino, esercitando nell’emergenza una supplenza e sostituendosi, seduta stante, alle istituzioni. Attualizzando la simbologia del rito e riallacciando la corrente a un debitore moroso, in singolare tempismo con l’ora in cui le chiese, immerse nel buio del Sabato Santo, riacquistano la luce all’improvviso. A riaffermare che il magistero, per non restare avulso dalla realtà, si deve tradurre in azioni concrete, quand’anche trasgressive o rivoluzionarie. Dalla teologia della liberazione alla liturgia della liberazione insomma. Binomio di nuovo conio, evolutivo: come si addice a un’epoca in cui la comunicazione visiva prevale sulla teorizzazione discorsiva. Mentre il paesaggio è già di per sé non solo cornice bensì parte integrante del messaggio. Assisi dunque.
IL GESTO DI SAN FRANCESCO - Quando Francesco di Bernardone otto secoli fa, immortalato nella gloria pittorica e memoria cinematografica dei posteri dagli affreschi di Giotto e Zeffirelli, sdegnò sprezzante i palazzi dei tintori e dei banchieri, antro infernale o astro nascente a seconda dei punti di vista del proto-capitalismo medievale, non immaginava certo che un giorno finanza e aziende si sarebbero prese la rivincita e date appuntamento proprio lì, apponendovi zelanti la loro insegna e ampliandone, tout azimut, la destinazione d’uso.
DA CITTA' DELLA PACE A CITTA' DEL PIL - A conferma dell’assunto per cui le guerre del XXI secolo rivestiranno un carattere precipuo di conflitti economici, a contendersi mercati e materie prime. Come pure del fatto che il Papa per contro non si dà per vinto. Né intende ritirarsi a partita in corso. Prolungando il pontificato (al di là delle previsioni da lui stesso formulate, di quattro – cinque anni) e superando la durata di Ratzinger. Puntando anzi al traguardo, piaccia o non piaccia, della decade.
Cifra tonda e necessità correlata di chiudere il cerchio, dimostrando che viaggi apostolici e gesti profetici non appartengono a momenti o passaggi diversi, emotivi, del suo itinerario, ma si tengono insieme, concettualmente, all’interno di un perimetro logico unitario.
NATURA E STORIA, SI DEGRADANO E GRIDANO INSIEME - La Chiesa, come in più occasioni abbiamo già scritto, giunge cronologicamente in extremis a una compiuta, moderna consapevolezza dei problemi sociali e ambientali del nostro tempo, scontando in ambedue i casi un ritardo cinquantenario (tanto intercorre, quasi, tra il Manifesto di Marx e l’Enciclica Rerum Novarum di Leone XIII, da un lato, e fra le origini del movimento ecologista e la stesura di Laudato Si’, dall’altro). Poi però si riscatta e annoda i fili delle due tradizioni, unificandole. Risalendo posizioni e ottenendo un upgrade dai vagoni di coda sino alla testa del convoglio. Prospettando con Bergoglio soluzioni unitarie, globali e inedite. Benché inaudite, radicali e provocatorie.
Solo un sovrano e leader universale che parli ex cathedra, solitario e autoritario, francescanamente, genuinamente anarchico e gesuiticamente, fatidicamentegerarchico, libero dal gioco e giogo quotidiano dei sondaggi, può infatti permettersi di stravolgere il dizionario, convertendo da vizioso in virtuoso il senso di espressioni maledette, marchiate da un segno negativo nel gergo mediatico, quali rallentamento e crescita zero.
Solo un monarca di diritto divino, sottratto alla tirannia dell’audience e dello share, che paralizza e asfissia le democrazie, privandole di respiro e orizzonte strategico, poteva rovesciare il tavolo dei concetti e dei precetti, pervenendo alla verità nuda e cruda. Ribadendo, sì, che “lo sviluppo sostenibile comporterà nuove modalità per crescere”, ma mettendo al tempo stesso nero su bianco che “in ogni modo, di fronte alla crescita irresponsabile che si è prodotta per molti decenni, occorre pensare pure a rallentare un po’ il passo, a porre alcuni limiti ragionevoli e anche a ritornare indietro prima che sia tardi”.
E' QUESTA L'ECONOMIA, O ERESIA, DI FRANCESCO - “Assisiate” ontologicamente, non soltanto logisticamente. Nel nucleo, vale a dire, ancor prima che nell’alveo.
La spogliazione (renunciation), tiene orgogliosamente a evidenziare Domenico Sorrentino, vescovo della cittadina umbra, non costituisce “un atto anti-economico, ma di fondazione di un’economia alternativa”. Elementi e accenti che trovano singolarmente eco, per certi aspetti, nel guru del Movimento Cinque Stelle, membro del governo e teorico del benessere in un’era post-crescita, Lorenzo Fioramonti, emigrato all’università di Pretoria, nell’emisfero Sud, e “attenzionato” dal Financial Times.
REDISTRIBUZIONE DEI BENI - Ma tornando al Pontefice: di fronte alla rincorsa innescata tenacemente, pervicacemente da qualche miliardo di persone, determinate a colmare il gap e uguagliare gli standard di vita del Settentrione ipersviluppato, la “spogliazione”, volontaria e parziale, francescana e unilaterale, in favore di una coraggiosa, generosa redistribuzione di beni da Nord a Sud si offre, a suo giudizio, quale unica via percorribile pacificamente. Inconfessabile ma inconfutabile.
Se il bipolarismo USA – URSS della guerra fredda, in ossequio all’aggettivo, immobilizzava, congelava e per ciò stesso “conservava”, letteralmente, il pianeta in freezer, impedendogli di dar fondo alla sua energia, la guerra commerciale tra Pechino e Washington viceversa lo surriscalda, lo consuma e lo fa sciogliere, drammaticamente.
“Per questo – azzarda il Papa - è arrivata l’ora di accettare una certa decrescita in alcune parti del mondo procurando risorse perché si possa crescere in modo sano in altre parti”. Deduzione scandalosa eppure rigorosa. Espressa senza equivoci, con trasparenza di enunciati nell’Enciclica del 2015 e in grado di riassumere la portata della “Economy of Francis”. Audacemente, lucidamente.
Conclusioni ben più pragmatiche di quanto sembri, attente all’interesse “nazionale” dell’Istituzione: che punta sul progresso, economico e materiale, delle aree in cui la Chiesa risulta in crescita, spirituale nonché demografica. Esponenziale in Africa. Più contenuta in Asia. Mentre l’incedere incalzante di evangelici e pentecostali erode, in maniera sistematica, le riserve auree del forziere latino-americano, che assomma tuttora il cinquanta per cento del cattolicesimo.
“Ai giovani economisti e imprenditori di tutto il mondo”.
Assertiva e selettiva, la mailing list del Successore di Pietro privilegia “chi oggi si sta formando e sta iniziando a studiare e praticare una economia diversa, quella che fa vivere e non uccide”.
L'ANTI-DAVOS - Più che Davos in definitiva un anti-Davos. Una dichiarazione politica, che in modalità generalizzata sfiducia le classi dirigenti attuali, complici ai suoi occhi della finanziarizzazione, spersonalizzazione, ergo disumanizzazione dei processi produttivi: un “paradigma tecnocratico”, sentenzia Bergoglio, che alla stregua di un demone si è impossessato del sistema economico e lo ha ormai trasformato – e deformato - in “struttura di peccato”, anonima e senz’anima.
“Il rischio più rappresentativo della nostra civiltà è la trasformazione in modo crescente del potere in qualcosa di anonimo”, spiegò a riguardo nel 2003 all’università di Buenos Aires, nel corso di un evento moderato da chi scrive, dieci anni prima di ascendere al soglio.
LA CONFINDUSTRIA DI FRANCESCO - Nell’organigramma della “confindustria” di Francesco figurano di conseguenza gli outsider e mancano pregiudizialmente i decisori: azionisti occulti e leader manifesti dei conglomerati multinazionali che dominano il mondo.
IL RISCHIO - A dispetto del set spettacolare, il teaser fa intravedere un cast da cinema indipendente, più che da kolossal. Minoranza profetica, creativa, che correrebbe tuttavia un rischio d’irrilevanza pratica.
Come dire che tra i luoghi del background biografico francescano si predilige Greccio, dove il santo mise in scena un presepe di rinascita, e non emerge Gubbio, in cui mosse ardito, spedito incontro lupo. Divoratore di uomini e araldico, famelico precursore del Wolf di Wall Street.
“Frate lupo, tu fai molti danni, guastando e uccidendo le creature di Dio, senza sua licenza”.
INVITO AI "CATTIVI" - Prospettiva che induce a considerare l’opportunità e convenienza dell’invito ai “cattivi”, oltre che ai buoni, allargandolo ai tycoon delle big companies e aumentando aderenza e incidenza, realismo e simbolismo dell’appuntamento.
Per essere se stessa, fedele alla propria epopea, l’Economy of Francis non deve temere la faccia e le fauci dell’economia “che uccide”. Stanandola dai suoi anfratti e additandole i suoi misfatti. Provando se non a convertirla quanto meno ad ammansirlae strapparle un impegno al cospetto dell’universo mediatico. Memori del significativo, aneddotico capitolo dei Fioretti, per la precisione il ventunesimo, in serafico, suggestivo allineamento con la numerazione del nostro secolo: “Frate lupo, io voglio che tu dinanzi a tutto il popolo mi dia fede della tua promessa, e che non mi ingannerai …”
Piero Schiavazzi
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