Pedofilia, Vecchi: Non era mai accaduto che tutte le chiese locali del mondo fossero convocate in Vaticano
di Gian Guido Vecchi
L’attesa è planetaria, durante la presentazione dell’incontro sulla protezione dei minori, la sala stampa vaticana era così colma che sembrava di essere alla vigilia di un conclave. Eppure, lo stesso Francesco, parlando in aereo ai giornalisti che lo avevano seguito nel viaggio recente a Panama, osservava: «Mi permetto di dire che ho percepito un’aspettativa un po’ gonfiata».
Certo, la decisione di Francesco segna uno spartiacque. Non era mai accaduto che tutte le chiese locali del mondo fossero convocate in Vaticano, assieme a religiosi e religiose, per fare il punto sulla lotta alla pedofilia e soprattutto, come ha spiegato il Papa, «perché ci siano dei protocolli chiari».
Si tratta di definire livelli di responsabilità e controllo, stabilire a chi deve rendere conto un vescovo. Padre Hans Zollner, gesuita tedesco, presidente del Centro di protezione dei minori della Gregoriana e membro del comitato organizzatore, è stato molto chiaro: «Oggi un vescovo rende conto direttamente al Papa e soltanto al Papa. Questo significa che il Papa dovrebbe supervisionare e controllare 5.100 vescovi, il che di fatto non è possibile».
L’incontro è molto importante, certo. Eppure, dietro l’osservazione di Francesco, si coglie la percezione di un rischio: l’idea che la Chiesa cominci ora ad affrontare crimini pedofili e coperture, quasi partisse da zero. Dagli Usa, soprattutto, alla vigilia dell’incontro sono arrivati dati impressionanti: come l’elenco dei 108 sacerdoti «credibilmente accusati» di abusi su minori appena pubblicati dalla diocesi di Brooklyn. La notizia ha fatto il giro del mondo.
Pochi hanno fatto notare che il calcolo partiva dagli anni Trenta del Novecento e i casi «dopo il 2002» sono «2» su 108. Questo non toglie nulla alla gravità del caso e anche due pedofili, o uno, sarebbero troppi. Però, come nel rapporto del Gran Giurì della Pennsylvania, la prospettiva storica viene cancellata, come se «ora» fosse scoppiato lo scandalo e «ora» la Chiesa si decidesse a muoversi.
Con Benedetto XVI le cose sono cominciate a cambiare, Francesco sta proseguendo il lavoro del suo predecessore, le vittime cominciano a trovare finalmente ascolto. Restano moltissime cose da fare, la strada sarà lunga, l’incontro in Vaticano segnerà una tappa: importante, ma una tappa.
Il rischio è che l’eccesso di attesa e di polemiche - alimentati dagli attacchi interni per mettere sempre più in difficoltà chi sta cercando di cambiare le cose, com’è accaduto a Benedetto XVI e accade a Francesco - finisca col fare il gioco di chi vuole che nulla cambi.
Gian Guido Vecchi Vaticanista Corriere della Sera
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