Xenofobia. Con le pietre contro i migranti. Aggressioni continue e organizzate
Quattro aggressioni negli ultimi 10 giorni a Foggia, 9 i ragazzi feriti mentre andavano nei campi
Quattro aggressioni a lavoratori immigrati negli ultimi dieci giorni a Foggia. Tutte nella stessa zona, alla stessa ora e con le stesse modalità. E cresce la paura. Feriti nove ragazzi africani, il più grave, colpito a sassate in faccia all’alba di martedì, è ricoverato al reparto di chirurgia maxillofacciale dell’ospedale di San Giovanni Rotondo, per una frattura scomposta orbitozigomatico destra con evidente lesione cutanea ed edema palpebrale.
Dovrà essere operato e dovrà essere fatta la valutazione oculistica, per capire i danni subiti dall’occhio. Sono in tutto tre i giovani colpiti due giorni fa. Non erano insieme. Stavano andando al lavoro in bicicletta nella prima periferia est di Foggia. Ognuno da solo. E sono stati colpiti in momenti diversi anche se ravvicinati. Lungo la stessa strada ma in punti differenti. Segno di un’azione unica e preordinata.
Così come le precedenti. Il 13 luglio due persone vengono colpite alla testa da pietre lanciate da un’auto. Il 15 luglio, con la stessa dinamica, nella stessa area e sempre all’alba, vengono colpite tre persone, tutte sempre colpite alla testa. Il 17 luglio, di nuovo nella medesima zona e alle prime luci del giorno, mentre si reca al lavoro in motorino, un lavoratore viene speronato da un’auto, proprio in mezzo a un incrocio.
Nell’impatto perde un dente e si procura una ferita lacerocontusa al labbro inferiore. Mentre è riverso a terra sente una persona scendere dall’auto e colpire con forza il motorino che viene ulteriormente danneggiato. «Sul posto i carabinieri ci fanno vedere le telecamere. E dicono 'li becchiamo' – racconta Alessandro Verona, referente medico dell’unità migrazione di Intersos Italia, che sta seguendo gli immigrati feriti –. Ma dopo sei giorni arriva la quarta aggressione».
Il 23 luglio, come detto, tre persone in bicicletta, ognuna in viaggio da sola verso il lavoro, vengono colpite alla testa ad altezze diverse della stessa strada statale. Con un particolare: i tre feriti indicano una macchina nera, piccola. Un vero bersagliamento con pietre tirate in testa. La goccia che fa traboccare il vaso è proprio il ferimento più grave, quello al volto. Il 13 luglio, quando vengono feriti dalle pietre, i primi due ragazzi non vanno subito a denunciare ma poi quando due giorni dopo l’aggressione si ripete, presentano la denuncia con l’aiuto di Flai-Cgil e Asgi.
L’episodio più grave martedì, quando un giovane africano è stato colpito a sassi in faccia: adesso è ricoverato in chirurgia all’ospedale di San Giovanni Rotondo. Gli agenti sulle tracce di una macchina presente durante gli attacchi
Mentre i medici e i volontari di Intersos seguono l’aspetto sanitario e di mediazione culturale. L’anno scorso c’erano già stati dei casi di questo tipo, nella stessa zona, con lancio di bottiglie piene d’acqua e petardi verso i ragazzi che vanno a lavorare in bicicletta. Anche allora tutti episodi regolarmente denunciati. Il 28 marzo di quest’anno, nella zona di Borgo Mezzanone, Daniel Nyarko, 51 anni del Ghana, è stato ucciso con due colpi di pistola mentre era in bicicletta. Faceva il custode di una masseria e aveva evitato il furto di mezzi agricoli, facendo arrestare i ladri, che, coincidenza, sono usciti dal carcere pochi giorni prima dell’omicidio. Un fatto grave ma quasi ignorato dalla stampa. Poi l’escalation degli scorsi giorni, ma già a giugno i ragazzi avevano raccontato ai volontari che c’era qualcosa che non andava. «Ci inseguono con la macchina, sbandano cercando di farci cadere e lanciano pietre ».
Molto probabilmente gli aggressori percorrono la strada in auto e colpiscono chi incontrano. Tutto avviene molto rapidamente. E poteva anche andare molto peggio. È una strada statale molto trafficata e se uno cade rischia di essere travolto. Le vittime sono tutte africane e gli aggressori italiani, così come hanno denunciato gli immigrati aggrediti. Ma prima dei sassi erano arrivate le minacce. «Ci sono macchine che ci affiancano e dicono “ora l’aria è cambiata e vi ammazziamo tutti” », è la loro denuncia. «Le persone colpite sono scosse e l’intera comunità dei lavoratori vive la preoccupazione di un clima persecutorio – è la riflessione allarmata di Verona – . Vivono la precarietà dello sfruttamento lavorativo, quella abitativa, senza alternative valide ai ghetti, e ora si aggiunge tutto questo.
Vogliono tutela prima ancora che giustizia. C’è chi mi dice 'dottore io dormo coi sassi vicino'. Hanno paura e per questo stiamo intensificando la nostra presenza. Anche perché c’è il rischio di una reazione dei ragazzi. E forse è proprio quello che vogliono gli aggressori».
Antonio Maria Mira - Avvenire
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