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Yunus. La mia rivoluzione per i giovani: create lavoro, invece di cercarlo

Il premio Nobel, ad Assisi per tenere una lectio magistralis, ha criticato l'attuale sistema economico

Un gilè leggero, l' abituale camicia a scacchi, la calma dei forti e un' idea incrollabile in mente: cambiare l' economia del mondo, rendendola migliore, più sociale. «Mi chiedete come? Guardando ai giovani, ora loro hanno tutti gli strumenti utili non tanto per trovare un lavoro, ma per inventarlo», spiega nella terra di San Francesco, il premio Nobel per la Pace bengalese Muhammad Yunus. Ad Assisi ospite di Percorsi Assisi, iniziativa promossa dalle università Luiss Guido Carli, Alma Mater di Bologna, Politecnico di Milano e Federico II di Napoli, in collaborazione con il Sacro Convento di Assisi, Yunus sfida l' economia convenzionale fin dal 2002 con l' invenzione del microcredito verso quelle persone che non hanno accesso e dialogo con la finanza.

Yunus, la sua idea di credito diffuso ha segnato questo settore spesso poco incline ai cambiamenti, con quali risultati?

«Alcuni risultati sono stati molto incoraggianti, altri meno. Di buono c' è che abbiamo attirato l' attenzione sulla disuguaglianza e dimostrato che la povertà deriva da un sistema che è sbagliato. Ora tutti possono affrontare l' universo bancario tradizionale con azioni concrete».

Attraverso prestiti maggiormente accessibili?

«Certo, quando si parla di business si tende a dire che questo ci ucciderà tutti. E questo soprattutto in termini di sprechi e con problemi legati all' ambiente che sono emergenze concrete dalla cui soluzione non si può più prescindere. Ma c' è un altro modo di intendere gli affari e il mondo dell' economia. È quello del social business, far partecipare più persone possibili alle mutazioni e allo sviluppo di un settore ancora riservato a pochi. In questo senso ho grande fiducia nella gioventù».

Non è facile conciliare il mondo dell' impresa con le sue dinamiche, gli obiettivi del profitto con un livellamento delle diseguaglianze e la diffusione del benessere.

«Nulla è facile in questo contesto, ma questa è l' unica strada che possiamo e dobbiamo percorrere per non implodere. Sono convinto che le imprese oltre a fare business, a fare semplicemente affari, possono sostenere parallelamente lo sviluppo sociale e questo significa che il surplus generato dalle attività parallele può essere reinvestito. Un modo per creare ulteriore economia e quindi ridistribuire le forze per il benessere sociale».

Ha in mente settori particolari dove reinvestire tali risorse?

«Partendo dal concetto di economia circolare che poi è un modo per rispettare non solo le persone, ma anche l' ambiente, ci sono settori come le energie rinnovabili, la salute e il recupero dei materiali di scarto che si prestano perfettamente».

Lei crede molto nei giovani, sostiene che loro hanno grandi possibilità, sia nel loro approccio ai problemi sia nelle tecnologie. Si riferiva a Internet?

«Internet, in quanto tecnologia, serve a facilitare a raggiungere quello che vogliamo. Ma se noi vogliamo cambiare il mondo, Internet non ci aiuterà in questo direzione. Perché al momento il ruolo delle tecnologie è ancora solo quello di far fare soldi. Ma oggi i giovani sono più educati al cambiamento, possono fare meglio e mutare la direzione del sistema convenzionale di pensare proprio attraverso le tecnologie».

D' accordo, ma i giovani avvertono una forte emergenza nell' occupazione e guardano con poca speranza verso questo traguardo.

«Loro sono i primi a dover cambiare il modo convenzionale di intendere l' economia. Occorre un ribaltamento di molti principi che sembrano intoccabili: è sbagliato imporre loro di trovarsi un lavoro non appena finiscono la scuola».

E cosa dovrebbero fare?

«La teoria del microcredito è proprio questa: i giovani non devono diventare delle persone che cercano lavoro, ma degli imprenditori, persone che rischiano in proprio guidati da un' idea o un' invenzione. Quindi il piccolo prestito esteso a tutti può dare risultati incredibili. Lo abbiamo dimostrato: anche con prestiti bassi di 30 dollari, esiste nella vita delle persone una condizione che li porta ad essere imprenditori. Quindi a creare lavoro, anziché di cercarlo».

Ma il livello di benessere si misura anche col tasso di occupazione, non crede?

«La disoccupazione è un problema artificiale e noi lo generiamo spingendo le persone a cercare lavoro invece che incoraggiarle a creare attività che a loro volta possono dare lavoro. Occorre cambiare la prospettiva».

Cambiando il punto di vista, riusciremo anche a recuperare più attenzione e rispetto per l' ambiente. Cosa pensa dell' appello di papa Francesco a riguardo?

«Le parole di Papa Francesco non sono per i cristiani, ma si rivolgono a tutto il mondo perché non parlano di religione, ma dell' uomo e del pianeta. Non si tratta di dire Ok faremo qualcosa per il futuro perché così non abbiamo un futuro. Dobbiamo svegliarci, la nostra casa sta bruciando e dobbiamo fermare tutto questo. Modificando soprattutto l' approccio».

Italo Carmignani - Il Messaggero

GUARDA ANCHE L'INTERVISTA AL PREMIO NOBEL YUNUS 




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