L’Iran contro la Turchia, si incrina il patto per la Siria
Il Pentagono: militari spostati dal confine ad altre basi, sempre nel Nord-Est del Paese
DALL’INVIATO A BEIRUT. L’Iran è contrario all’operazione turca nel Nord-Est della Siria. Il ministro degli Esteri Jawad Zarif ha chiamato il collega turco Mevlut Cavusoglu per esprimere la netta opposizione all’ingresso delle truppe di Ankara sul territorio siriano. Zarif ha ribadito il sostegno “all’integrità territoriale della Siria” e che nella “lotta al terrorismo” è essenziale “la stabilità della Siria”.
Teheran è il principale alleato del presidente siriano Bashar al-Assad, pilastro dell’asse “della resistenza” che comprende anche le milizie sciite libanesi e irachene. I consiglieri dei Pasdaran, assieme ai combattenti di Hezbollah e iracheni, hanno permesso al raiss di restare al potere, ancor prima dell’intervento russo. L’Iran si è poi allineato all’asse fra Vladimir Putin e Recep Tayyip Erdogan ma non ha mai visto di buon occhio l’espansione turca nel Nord della Siria.
La presa di posizione di Zarif segna un’incrinatura nel cosiddetto patto di Astana che dovrebbe definire gli assetti futuri della Siria. Teheran non vuole che parti del Paese vengano di fatto annessi alla Turchia e punta a un accordo fra Assad e i guerriglieri curdi delle Ypg, finora sostenuti dagli Stati Uniti e considerate una "organizzazione terroristica" dalla Turchia, per riprendere il controllo dei territori nord-orientali.
Frenata Usa sul ritiro
Nella tarda serata di ieri l’esercito turco ha colpito posizioni dei curdi delle Ypg vicino al posto di frontiera di Semalka, al confine con il Kurdistan iracheno, vicino al villaggio di Al-Malikiyah, senza fare vittime. Il posto di frontiera di Semlaka (Fish Khabour sul lato iracheno) è l’unico che unisce il Kurdistan iracheno a quello siriano. Un ponte provvisorio permette il passaggio di camion ed è l’unica via di rifornimento terrestre per i curdi siriani, da dove passano i convogli delle forze armate americane. E’ stato un attacco sporadico che non ha avuto per ora seguito.
Le truppe alla frontiera sono ferme. Trump ha minacciato «serie conseguenze» e «grossi problemi per l’economia turca» se militari Usa venissero coinvolti e feriti nell’operazione dei terra che Ankara sta per lanciare e se il presidente turco Rece Tayyip Erdogan andasse «oltre i limiti» nei confronti dei curdi. Nella notte il Pentagono ha ridimensionato il ritiro annunciato dal presidente americano: soltanto «50-100 soldati» saranno spostati dal confine «ad altre basi», a quanto pare sempre nel Nord-Est della Siria.
di Giordano Stabile - La Stampa
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