"Iddio parla a chi tiene le orecchie basse"
Riflessione di un “asino” sul santo frate della mia terra
Chi è per me padre Pio? Che io lo voglia chiamare San Pio da Pietrelcina o Padre Pio, il frate cappuccino a cui ci rivolgiamo è lo stesso uomo scelto da Dio per lasciare un segno indelebile in Italia e nel mondo.
Nella terra garganica, consacrata a San Michele Arcangelo, il frate, in terra come in cielo, incontra volti e storie, confessa e celebra, piange e sorride, consiglia e ammonisce. Il saio indossato giovanissimo – concepì questa vocazione dall’età di nove anni – fu la cornice più adatta ad una testimonianza francescana di amore al Vangelo e alla Croce.
La protratta sofferenza fisica di Fra Pio fu via di pentimento e avvicinamento al mistero della Passione di Cristo. Cinquant’anni dopo aver ricevuto le stimmate padre Pio era pronto a lasciare i suoi frati e il suo convento, certo che l’Opera “Casa Sollievo della sofferenza” sarebbe stata porta di carità e solidarietà per quanti rifiutano o accolgono il “mistero” di un corpo malato.
Tra guarigioni custodite e miracoli conclamati, i doni del frate stigmatizzato hanno aperto gli occhi dei fedeli, ma anche spalancato i cuori dei non credenti.
Nella “devozione” al confessionale e alla Madonna tanti religiosi e religiose del terzo millennio riconoscono il percorso infallibile di ascesi alla Verità di un santo che, tutto poteva considerarsi, fuorché un santo.
Leggerlo ogni anno nel calendario, per chi l’ha udito raccontarlo dalla voce dei nonni, mi restituisce un senso di sicurezza ovunque io possa trovarmi nel mondo, ma senza dubbio, la presenza viva di padre Pio pulsa, silenziosa ma corale, nei gruppi di preghiera sparsi per i cinque continenti.
La vita spirituale dell’amato frate era incentrata su Gesù Sacramentato: basterebbe testimoniare ciò per dipingerne la statura a quanti giovani non hanno mai letto la sua vita terrena. Di questo percorso, a cavallo tra due guerre mondiali, preghiera e umiltà furono gli argini potenti del fiume di grazie scaturite fino al 1968.
La chiesa Santa Maria delle Grazie, dall’alba di Venerdì 20 Settembre di quell’anno, era gremita di gente molto preoccupata per i dolori di Padre Pio che lo costringevano sulla sedia a rotelle. Il Pane Eucaristico di cui si cibava ogni giorno rimase sempre la medicina per rinvigorirsi fino all’ultimo giorno. Non rinunciava inoltre, ad affacciarsi alla finestra per sventolare il fazzoletto benedicendo i figli giunti nella piazza del convento, anche da regioni che non fossero la Puglia.
Ancora una crisi d’asma nella notte del 23 Settembre, ma l’ora della partenza per il Cielo era proprio quella nella consapevolezza del padre cappuccino. Dal dottor Sala al dottor Gusso, anche i medici avevano capito che il momento fosse giunto: le due e mezzo della notte.
Il volto della dolce sofferenza, tra le preghiere dei confratelli, si spense in un’umile cella, sepolcro provvisorio di una fede viva che ha reso padre Pio il missionario della luminosa sofferenza più celebre al mondo.
di Giuseppe Scarlato
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