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Alda Merini e Maria, due donne in dialogo

Nel loro abbandono a Dio hanno dimostrato come essere cristiani in questo mondo

di Antonio Tarallo

Tanti hanno cantato Maria, nella letteratura, nell’arte pittorica, nella musica, nel teatro, nella poesia. Nomi che si susseguono come le innumerevoli onde del mare. Onde che nell’oceano di Maria si sono immesse, cercando di offrire immagini e sentimenti della Madre di Cristo. Maria, già di per sé, possiamo ben dire: è poesia. Non ci sono altri termini per definirla.  La sua storia - da un punto di vista umano - è già affascinante. La sua forza, il suo coraggio ci danno testimonianza di una donna “fuori dal comune”, certamente.  E i personaggi “non comuni” suscitano sempre la curiosità dei poeti. 

La Vergine Maria, espressione di una Donna che ha vissuto la sua vocazione in perenne accettazione del volere di Dio. Ma, anche, una donna che ha vissuto la sua vita, fra le preoccupazioni e le occupazioni terrene. Il Cielo ha sposato la Terra, con Maria. L’orizzonte terrestre e la linea del Cielo si sono confuse e infuse in Lei, dimostrando come il Paradiso sarebbe da vivere già sulla terra. 

Alda Merini e Maria. Due donne che dialogano. Due donne che nel loro abbandono a Dio hanno dimostrato come essere cristiani in questo mondo. La Merini non poteva non essere affascinata dalla figura della Vergine.  La sua poesia mistica - che tanto ricorda i poeti del passato come Giovanni della Croce o Santa Teresa d’Avila - non poteva non toccare l’argomento “Maria”. Inclinazione naturale del cuore, inchiostro su carta che canta. Merini canta Maria nel suo canto d’eccezione, il Magnificat. 

Quando il cielo baciò la terra nacque Maria/ che vuol dire la semplice,/ la buona, la colma di grazia./ Maria è il respiro dell’anima,/ è l’ultimo soffio dell’uomo./ Maria discende in noi,/              è come l’acqua che si diffonde/ in tutte le membra e l’anima,/ e da carne inerte che siamo noi/ diventiamo viva potenza. Teologia in versi, si potrebbero definire queste parole così prorompenti. E’ un distillato, questo, di libri e libri, pagine e pagine di mariologia. E’ la forza creatrice e subitanea della poesia che in poche parole riesce a condensare un mondo. In questo caso, il mondo si chiama Maria. La Merini, descrive nella sua opera poetica Magnificat (del 2002), la figura della Vergine, usando e trasmettendo parole di una carica poetica inaudita, ma - al contempo - che riescono a darci una chiara e semplice lettura della Madre di Gesù Cristo. 

Se alzava le mani le sue dita diventavano uccelli,/ se muoveva i suoi piedi pieni di grazia la terra diventava sorgiva./ Se cantava tutte le creature del mondo facevano/ silenzio per udire la sua voce./ Ma sapeva essere anche solennemente muta./ I suoi occhi nati per la carità, esenti da qualsiasi/ stanchezza, non si chiudevano mai, né/ giorno né notte, perché non voleva perdere di/ vista il suo Dio”. Sono tableaux vivant quelli che la poetessa milanese ci propone. Nel leggere i suoi versi ci viene presentata Maria nella sua divinità e umanità, connubio perfetto che si realizza - appunto - nella festa che celebriamo oggi. L’Immacolata Maria, concepita sì da uomo e donna, ma senza il peccato originale. Lo scrive bene la Merini, sempre, in questi versi: “Ti è stato insegnato il peccato come legge/ del demonio e tu non ti sei infuriata./Hai solo guardato l’uomo come una terra/ inondata di errori e hai tolto da lui le erbacce/ del desiderio, la fame, la sete, il sonno, la grande/ paura del dolore”. Descrizione sublime della nuova alleanza di Dio con l’Uomo, grazie alla nascita di Maria. 

 


Antonio Tarallo

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