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Festa della Santa Famiglia, modello di cura e amore

Dopo il Natale osserviamo Gesù crescere con Maria e Giuseppe, testimoni quotidiani di fede

di Antonio Tarallo

Di solito, posta al centro, o a lato del presepe, è lei che cattura l’attenzione di tutti, grandi e bambini: è la Sacra Famiglia. Giuseppe, Maria e il piccolo Gesù, appena nato, catalizzano l’attenzione di chiunque si metta di fronte alla rappresentazione del Natale per eccellenza, il presepe. L’immagine è tenera, vera, e luminosa. Le figure di questa “speciale” famiglia, sono al centro di ogni altro personaggio, di ogni altra statuetta, che anima il presepe: la Sacra Famiglia, ne è il cuore, pulsante e vivo, anche nella immobilità di tutto lo scenario.

La festa della Sacra Famiglia di Gesù, cade nel tempo di Natale del rito latino. Secondo il calendario della forma ordinaria del rito romano, tale festa è posta nella domenica che intercorre tra il Natale e il Capodanno. In assenza della domenica, si festeggia il 30 dicembre. Nella forma straordinaria del rito romano, la festa della Sacra Famiglia cade nella domenica fra l'ottava dell'Epifania. Nel rito ambrosiano la ricorrenza viene celebrata nella terza o quarta domenica successiva all’Epifania. La festa della Sacra Famiglia fu introdotta nella liturgia cattolica - solo localmente - nel XVII secolo. Nel 1895 la data fissata per tale festa era la terza domenica dopo l'Epifania. Soltanto nel 1921 - grazie a papa Benedetto XV - la celebrazione fu estesa a tutta la Chiesa. Fu papa Giovanni XXIII a modificarne ulteriormente la data spostandola alla prima domenica dopo l'epifania. In fine dobbiamo alla riforma liturgica del Concilio Vaticano II, l’attuale posizione nel calendario.

In questa importante festa, la Sacra Famiglia, è vista nel ricordo della vita di tutti i giorni: mentre vede crescere Gesù, nella sua quotidiana semplicità. E la sua eccezionalità - potremmo dire - risiede proprio in questi gesti domestici, esempio per tutte le famiglie del mondo. Una delle più poetiche descrizioni di questa “scena”, la dobbiamo a papa Paolo VI che in un famoso discorso del 5 gennaio 1964, si espresse con queste indelebili e - sempre attuali - parole:

“La casa di Nazareth è la scuola dove si è iniziati a comprendere la vita di Gesù, cioè la scuola del Vangelo. Qui si impara ad osservare, ad ascoltare, a meditare, a penetrare il significato così profondo e così misterioso di questa manifestazione del Figlio di Dio tanto semplice, umile e bella. (...) Qui tutto ha una voce, tutto ha un significato. Qui, a questa scuola, certo comprendiamo perché dobbiamo tenere una disciplina spirituale, se vogliamo seguire la dottrina del Vangelo e diventare discepoli del Cristo. Oh! come volentieri vorremmo ritornare fanciulli e metterci a questa umile e sublime scuola di Nazareth! (...) In primo luogo essa ci insegna il silenzio. Oh! se rinascesse in noi la stima del silenzio, atmosfera ammirabile ed indispensabile dello spirito: mentre siamo storditi da tanti frastuoni, rumori e voci clamorose nella esagitata e tumultuosa vita del nostro tempo. (...) Qui comprendiamo il modo di vivere in famiglia. Nazareth ci ricordi cos’è la famiglia, cos’è la comunione di amore, la sua bellezza austera e semplice, il suo carattere sacro ed inviolabile; ci faccia vedere com’è dolce ed insostituibile l’educazione in famiglia, ci insegni la sua funzione naturale nell’ordine sociale.
Infine impariamo la lezione del lavoro. Oh! dimora di Nazareth, casa del Figlio del falegname! Qui soprattutto desideriamo comprendere e celebrare la legge, severa certo ma redentrice della fatica umana; qui nobilitare la dignità del lavoro in modo che sia sentita da tutti; ricordare sotto questo tetto che il lavoro non può essere fine a se stesso, ma che riceve la sua libertà ed eccellenza, non solamente da quello che si chiama valore economico, ma anche da ciò che lo volge al suo nobile fine; qui infine vogliamo salutare gli operai di tutto il mondo e mostrar loro il grande modello, il loro divino fratello, il profeta di tutte le giuste cause che li riguardano, cioè Cristo nostro Signore”.


La citazione è sicuramente lunga, ma fra tutte le descrizioni della Sacra Famiglia che la “letteratura cattolica” ci ha lasciato, questa è - sicuramente - una delle più significative, una delle più complete, per entrare nel pieno della festa di oggi. Ma, soprattutto, visto la contemporaneità che stiamo vivendo, ci offre spunti di riflessione profonda. In questa pagina, infatti, troviamo - condensati - tutti gli insegnamenti che dovremmo tenere nel cuore, sempre. E, per quanto possibile, farli divenire vita quotidiana, vita domestica, nella semplicità dell’Amore.


Antonio Tarallo

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