I pontefici e Maria, da Giovanni Paolo II a Papa Francesco
E’ bello poter vedere questo affetto tutto “speciale”, tutto “filiale” tra il capo della Chiesa e Maria
di Antonio Tarallo
Molti pontefici hanno rivolto a Maria, pensieri, riflessioni, preghiere. Un filo rosso tra il rappresentante della Chiesa e chi ne è Madre, Maria appunto. Legame forte, legame duraturo che si perpetua pontefice dopo pontefice. Le loro parole sempre cariche di umanità profonda, e al contempo, di un misticismo che va al di là di ogni natura, e di ogni creatura. E’ bello poter vedere questo affetto tutto “speciale”, tutto “filiale” tra il capo della Chiesa e Maria. E concede anche – perché negarlo? – una sorta di sicurezza in più, nel popolo cattolico. Andiamo, allora, a sfogliare alcune delle più belle immagini di questo album di riflessioni che vedono coinvolti alcuni pontefici e la madre di Cristo.
Papa Giovanni Paolo II
Certamente il legame tra papa Wojtyla e Maria, sembra il più lapalissiano possibile. E’ presente nel ricordo di tutti. Nella mani della Donna di Nazareth, il pontefice polacco, ha affidato l’intero pontificato, e – ancora prima che divenisse Vicario di Cristo, l’intera sua esistenza. La figura della Vergine è sempre stata presente. Fin dal primo momento della sua adolescenza, in quelle poesie giovanili dedicate alla Madonna, vista come “reale” madre, fino ad arrivare alle parole a lei riservate, come papa Giovanni Paolo II.
Partiamo dal motto del suo pontificato. “In quest’ora, […] non possiamo fare a meno di rivolgere con filiale devozione la nostra mente alla Vergine Maria, […] ripetendo le dolci parole “Totus tuus” (tutto tuo) che […] iscrivemmo nel nostro cuore e nel nostro stemma, al momento della nostra Ordinazione episcopale”. A pochi giorni dalla sua elezione a pontefice, papa Wojtyla pronuncia queste parole. Il “totus tuus” è preso da uno dei santi della chiesa cattolica più vicino a Maria, San Luigi Maria Grignion de Monfort, il santo del “Trattato della Vera devozione di Maria”. E l’amore per la Vergine non poteva non esprimersi se non con la devozione verso la preghiera “emblema” di Maria, il Santo Rosario, “Il Rosario è la mia preghiera prediletta. Preghiera meravigliosa! Meravigliosa nella sua semplicità e profondità” (20 ottobre 1978). “Meditare col Rosario significa consegnare i nostri affanni ai cuori misericordiosi di Cristo e della Madre sua. A distanza di venticinque anni, ripensando alle prove che non sono mancate nemmeno nell’esercizio del ministero petrino, mi sento di ribadire, quasi come un caldo invito rivolto a tutti perché ne facciano personale esperienza: sì, davvero il Rosario «batte il ritmo della vita umana », per armonizzarla col ritmo della vita divina, nella gioiosa comunione della Santa Trinità, destino e anelito della nostra esistenza”. L’invito al Rosario sarà un dei leitmotiv di tutto il suo pontificato. Il Rosario è, senza ombra di dubbio, la preghiera più importante per l’affidamento a Maria. E papa Wojtyla su questo affidamento a costruito l’intero suo pontificato.
Papa Benedetto XVI
Non meno presente, rispetto al suo predecessore, l’amore per la Vergine espresso in diverse occasioni da papa Ratzinger. “La gloria di Dio non si manifesta nel trionfo e nel potere di un re, non risplende in una città famosa, in un sontuoso palazzo, ma prende dimora nel grembo di una vergine, si rivela nella povertà di un bambino. L’onnipotenza di Dio, anche nella nostra vita, agisce con la forza, spesso silenziosa, della verità e dell’amore”. (Udienza generale, 19 dicembre 2012).
Anche per papa Benedetto XVI, l’affidamento nel Rosario, è di fondamentale importanza, perché questa preghiera così antica “ci fa ripercorrere gli eventi della vita del Signore in compagnia della Beata Vergine, conservandoli, come Lei, nel nostro cuore”. Ed è grazie a questo prezioso strumento della vita per ogni cristiano che possiamo trovarci ai “piedi di Maria”, inginocchiati, con amore tutto filiale:
“Cari amici, che gioia immensa avere per madre Maria Immacolata! Ogni volta che sperimentiamo la nostra fragilità e la suggestione del male, possiamo rivolgerci a Lei, e il nostro cuore riceve luce e conforto”. (Angelus, 8 dicembre 2009)
Papa Francesco
“Me l'immagino come una ragazza normale, una ragazza di oggi, aperta a sposarsi, a fare una famiglia”. Come sempre, Papa Francesco, esprime i suoi pensieri con profonda umanità e semplicità. Ed è così anche per il “soggetto” Maria. I discorsi, le omelie a Santa Marta, le sue riflessioni su tale tema, non si possono contare. E – non lo nascondiamo – fare una selezione di tutti questi interventi non è impresa facile. E si correrebbe il rischio di magari omettere non poco. Uno spunto, allora, ce l’offre, uno delle sue recenti pubblicazioni, l “Ave Maria” che ha voluto raccontare a don Marco Pozza, cappellano del carcere di Padova, edito da Rizzoli e dalla Libreria Editrice Vaticana. In questo testo, il pontefice, ci offre una visione della Vergine del tutto particolare, e in certa misura, anche “originale”. Una visione umana, quotidiana della Madre di Cristo:
“Una cosa che immagino è che amasse le Scritture: conosceva le Scritture, aveva fatto la catechesi ma familiare, dal cuore. Poi, dopo il concepimento di Gesù, ancora una donna normale: Maria è la normalità, è una donna che qualsiasi donna di questo mondo può dire di poter imitare. Niente cose strane nella vita, una madre normale: anche nel suo matrimonio verginale, casto in quella cornice della verginità, Maria è stata normale. Lavorava, faceva la spesa, aiutava il Figlio, aiutava il marito”.
Antonio Tarallo
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