Il cammino ufficiale nella Chiesa per Beati, Santi, e Martiri: l’iter dei processi della Congregazione della Causa dei Santi
di Antonio Tarallo
La vita, di per sé, è un mistero. Non c’è dubbio. E lo è ancora di più se parliamo della vita dei santi: quando il Divino tocca, entra, nelle profondità dell’Uomo. Dialogo viscerale tra Dio e l’Uomo. “Qualcosa” che è invisibile (per ricordare le lettere paoline) agli occhi umani, che si incarna pienamente nel quotidiano di donne e uomini, che oltre ad essere stati “scelti” da Dio stesso, hanno accettato in pieno, hanno “deciso” di entrare in quella trama così misteriosa che è ogni progetto di Dio, su ogni Uomo. A pensare alla Santità, un po’ ci si perde, dobbiamo confessarlo. Una “vetta” così fascinosa e affascinante (il rafforzativo è d’obbligo) che – in fondo – vive, molte volte, anche nella semplicità quotidiana attorno a noi. Papa Francesco, a riguardo, è stato più volte esplicito, chiamandola “santità della porta accanto”. In poche parole, questo “concetto” della Santità davvero sembra abbracciare qualunque Uomo “di buona volontà”. E capita un po’ a tutti, ogni mattina, al risveglio, cercando di ricordare “la data del giorno” (ormai il mondo frenetico può farci dimenticare facilmente anche questo), il più che famoso “oggi, che giorno è?” per capirci, di buttare l’occhio a quelle lettere poste sotto il “numerone prosperoso”, ben visibile. Ecco, proprio quelle letterine poste sotto a questo dato numerico, ci ricorda un nome, e quel nome, un volto. E a quel volto una biografia. Una biografia di Santità.
E’ significativo che il termine “santo”, etimologicamente, derivi da “sanctum”, participio passato del verbo “sancire”: sancire, render sacro. Duplice e importante, allora, il significato: “sancire”, “rendere sacro”, appunto. Dunque, un patto per essere “sancito” implica due “parti”. Anche per quello che concerne la Santità, allora, troviamo due “parti” che “sanciscono”, “rendono sacro” questo patto: Dio e l’Uomo. Santità. Ci viene in aiuto l’ “insindacabile” Enciclopedia Treccani. Partiamo da un testo “laico”, partiamo da queste pagine importanti, ma che rendono il concetto – diciamo – “in apertura”, in dialogo, e non “autoriflessivo”, proprio per sposare quella concezione di Santità “della porta accanto” espresso dal Pontefice. “Nella teologia cattolica, santità è il complesso delle perfezioni morali e lo stato spirituale di chi le possiede. In maniera assoluta, trascendentale, la santità è propria di Dio e non è distinta dalla sua stessa essenza; in senso più limitato, l’attributo è applicato alla Madre di Dio e inoltre, in grado diverso, alle persone che hanno riprodotto in qualche modo la perfezione divina del Cristo o che hanno modellato la loro vita alla sua. Nell’etica cristiana, tutti i credenti sono chiamati alla pratica di una santità di vita, anche se non tutti vi pervengono al medesimo grado”. Anche se non tutti vi pervengono al medesimo grado, nodo cruciale, questo. Ed è per questo caso, che entra in gioco il Magistero della Chiesa. Entrano in gioco quelli che vengono chiamati: “processo di beatificazione” e “processo di canonizzazione”. L’ordine non è a caso, è necessario precisarlo.
Non è un caso che si definisca “processo”, quello di beatificazione. Parliamo di un vero e proprio adempimento legislativo all’interno della Chiesa, regolato da norme canoniche, ben precise. Le più recenti, quelle che vengono seguite oggi, sono contenute nella Costituzione Apostolica “Divinus Perfectionis Magister” , promulgata da Giovanni Paolo II il 25 gennaio 1983. Costituzione “aggiornata” recentemente con il Motu Proprio di Papa Francesco, “Maiorem hac dilectionem”, del 2017.
Per comprendere, come il percorso di tale processo avvenga fattivamente, ci avvaliamo della “Nota circa la procedura canonica delle Cause di Beatificazione di Canonizzazione” della Congregazione delle Cause dei Santi.
Articolo 3: “Ad iniziare l’istruttoria è competente il vescovo della diocesi in cui è morta la persona di cui è richiesta la beatificazione. Il gruppo promotore (Actor Causae): diocesi, parrocchia, congregazione religiosa, associazione, tramite il postulatore chiede al vescovo l’apertura dell’istruttoria. Il vescovo, ottenuto il nulla osta della Santa Sede, costituisce un apposito Tribunale diocesano. Davanti al Tribunale i testimoni sono chiamati a riferire fatti concreti sull’esercizio, ritenuto eroico, delle virtù cristiane, e cioè delle virtù teologali: fede, speranza e carità, e delle virtù cardinali: prudenza, giustizia, temperanza, fortezza, e delle altre specifiche del proprio stato di vita. Inoltre, si devono raccogliere tutti i documenti riguardanti il candidato. Da questo momento gli compete il titolo di Servo/a di Dio”. Terminata tale istruttoria, si procede per gradi: gli atti e la documentazione passano alla Congregazione delle Cause dei Santi. Di poi, si passerà alla redazione della Positio che verrà successivamente sottoposta al vaglio di nove teologi che esprimono il loro voto. Se la maggioranza dei teologi è favorevole, la Causa passa all’esame dei Cardinali e dei Vescovi, membri della Congregazione. Se il loro giudizio è favorevole, il tutto viene presentato al Santo Padre che concede la sua approvazione ed autorizza la Congregazione a redigere il decreto relativo. Segue la lettura pubblica e promulgazione del decreto. L’ultimo atto per la beatificazione è il riconoscimento di un miracolo attribuito all’intercessione del Servo/a di Dio, verificatosi dopo la sua morte. Il miracolo richiesto deve essere provato tramite un’apposita istruttoria canonica, seguendo una procedura analoga a quella per le virtù eroiche. Si conclude anche essa con il relativo decreto. Promulgati i due decreti (uno in merito alle virtù eroiche e l’altro in merito al miracolo), il Santo Padre concede “il culto pubblico”. Solo allora, potrà esserci il titolo di Beato.
Per il “processo di canonizzazione”, quello rende un “confessore” (questo è il termine preciso) Santo, siamo di fronte ad un analogo procedimento. Solo una cosa cambia: i miracoli che devono essere accertati devono essere due.
Se abbiamo parlato precedentemente di “Santi” e “Beati”, non si può dimenticare un'altra “formula” che molte volte leggiamo legata, svariate volte, a diversi nomi sul calendario: “Martire”, la massima “espressione” della “imitazione di Cristo”. “I martiri hanno versato il loro sangue per la fede (uccisi in odium fidei)”, così dice la già citata “Nota” della Congregazione della Causa dei Santi. Per la beatificazione di un martire, non c’è bisogno del miracolo. Già la sua morte, dà testimonianza del suo cammino “in conformità a Cristo”. Mentre, per la “canonizzazione” di un Beato Martire, la Chiesa, prima della promulgazione della sua Santità, ha bisogno – in questo caso – anche di un miracolo accertato da una istruttoria.
Antonio Tarallo
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