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Il Papa: costruire ponti con chi ha un credo diverso, mai aggressione

L'invito al dialogo nelle parole del Pontefice

Credit Foto - ANSA/ANGELO CARCONI

E’ un forte invito a gettare ponti con chi non crede o ha una fede diversa dalla nostra quello che Papa Francesco rivolge stamani nella catechesi all’udienza generale in piazza San Pietro. La figura di riferimento è San Paolo e la sua predicazione all’Areopago di Atene. L’Apostolo freme nel vedere la città piena di idoli ma questo “impatto” col paganesimo “invece di farlo fuggire, lo spinge a creare un ponte per dialogare con quella cultura”, nota il Papa che prosegue così il suo "viaggio" con gli Atti degli Apostoli. Paolo, infatti, va nei luoghi più significativi: la sinagoga, la piazza, l’Areopago dove si svolgeva la vita politica e culturale e non si chiude ma incontra tutta la gente, giudei, epicurei, stoici e molti altri. “Non guarda la città di Atene e il mondo pagano con ostilità” ma “con gli occhi della fede”. Chiediamo anche noi oggi allo Spirito Santo di insegnarci a costruire ponti con la cultura, con chi non crede o con chi ha un credo diverso dal nostro. Sempre costruire ponti, sempre la mano tesa, niente aggressione. Chiediamogli la capacità di inculturare con delicatezza il messaggio della fede, ponendo su quanti sono nell’ignoranza di Cristo uno sguardo contemplativo, mosso da un amore che scaldi anche i cuori più induriti. Quello di Paolo è dunque un atteggiamento che, sottolinea il Papa, ci fa interrogare sul nostro modo di guardare le nostre città, chiedendoci, appunto, se lo facciamo con indifferenza, disprezzo, o con la fede “che riconosce i figli di Dio in mezzo alle folle anonime”:

Paolo sceglie lo sguardo che lo spinge ad aprire un varco tra il Vangelo e il mondo pagano. Nel cuore di una delle istituzioni più celebri del mondo antico, l’Areopago, egli realizza uno straordinario esempio di inculturazione del messaggio della fede: annuncia Gesù Cristo agli adoratori di idoli, e non lo fa aggredendoli, ma facendosi «pontefice, costruttore di ponti».

Prendendo spunto dall’altare che vi era nella città dove non c’era nessuna immagine ma solo l’iscrizione al “dio ignoto” , Paolo proclama infatti che “Dio non si nasconde”: «Colui che, senza conoscerlo, voi adorate, io ve lo annuncio». Quindi, parte dalla fede biblica nel Dio della rivelazione per arrivare alla redenzione e al giudizio, cioè al messaggio propriamente cristiano, e mostra la sproporzione fra la grandezza del Creatore, che si fa sempre cercare perché ognuno lo possa trovare, e i templi costruiti dall’uomo. L’Apostolo annuncia, quindi, “Colui che gli uomini ignorano eppure conoscono”, ricorda Francesco rifacendosi alla “bella espressione” di Benedetto XVI che dice che Paolo annuncia l’ “Ignoto Conosciuto”. “Ecco, quelli che non conoscono, ma che conoscono”, prosegue Papa Francesco.

Alla fine Paolo invita alla conversione approdando al kerygma. Qui, però, la sua predicazione, che aveva tenuto tutti col fiato sospeso, trova uno scoglio perché “la morte e risurrezione di Cristo appare «stoltezza» e suscita scherno e derisione”. Allora Paolo si allontana perché il suo tentativo appare fallito. Alcuni però si aprono alla fede come Dionigi, membro dell’Areopago, e Damaris, una donna. Dunque, alla fine, anche ad Atene il Vangelo attecchisce e corre a due voci, quella dell’uomo e quella della donna.

di Debora Donnini - VatincanNews



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