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La leggenda di San Patrizio e il primo dei sette punti della linea di San Michele

Skellig Michel, già nel VI secolo, era nota come rifugio di alcuni monaci cristiani

di Antonio Tarallo
Credit Foto - skelligislands.com

Il noto scrittore George Bernard Shaw, nel 1910, scriveva in merito all’isolotto di Skellig Michael, così: “Un incredibile, impossibile, folle posto che ancora induce devoti a strisciare in antri bui e a baciare “pietre di panico” che si gettano a 700 piedi d’altezza sull’Atlantico. Parte del nostro mondo dei sogni”. I tre aggettivi usati dal commediografo irlandese per descrivere questo famoso monte, non possono davvero che considerarsi giusti: incredibile, impossibile, folle.

Forse non possono trovarsi altri sostantivi per delineare, in poche parole, il famigerato isolotto che sorge a circa 17 km dalle coste del Kerry, in Irlanda. Da considerarsi l'isolotto più grande delle due isole Skellig, che sorgono entrambi, a poca distanza fra loro, nell’Oceano Atlantico. E, noi, che nella precedente puntata abbiamo focalizzato l’attenzione su quella che viene definita “La linea di San Michele”, siamo ora pronti a navigare alla volta di Skellig Michael.

Dunque, carta geografica alla mano, e registrati i dati di navigazione, possiamo pure salpare. Le coordinate di navigazione: 51°46′15″Nord, 10°32′19″ Ovest. Ci avviciniamo a questo immenso isolotto che è stato dichiarato patrimonio dell’umanità dall’Unesco, nel 1996. Quello che subito ci sorprende è il verde smeraldo, alternato dal marrone scuro della roccia, che ricopre l’intero sito naturale che prende il nome dalla lingua “gaelico irlandese”, Sceilig Mhichíl, che significa “roccia di Michele”.

Diciamo pure che possiamo ritenerci fortunati, riuscendo a metterci in viaggio, salendo su una barca, salpata dalle coste del Kerry. Infatti, bisogna precisare che solo 10 imbarcazioni al giorno, hanno il permesso di salpare, con un massimo di 12 persone a bordo. Queste le modalità consolidate nel tempo, regolate dal governo irlandese, per preservare il luogo nella sua affascinante naturalezza. Fino adesso, abbiamo esaltato la bellezza naturalistica – davvero impressionante – di questa località. Ma la straordinarietà del luogo è dettata anche da altro, anzi soprattutto da altro.

La sua storia è così particolare che, giustamente, aveva suscitato nell’animo di Bernard Shaw una “spiccata” inclinazione ad approfondire la sua conoscenza per tale isola, così come ugualmente farà lo scrittore inglese per ragazzi David Almond che, nel recente 1998, ha intitolato il suo libro di esordio, appunto “Skellig”, in onore dell’isolotto. Certamente non sarà un caso che il protagonista di quest’opera reca il nome di Michael, Michele. Il nome ci riporta alla “storia principe” che dalla precedente puntata stiamo narrando. Infatti, la gigantesca montagna-isolotto è il primo punto di quella che viene definita “La linea di San Michele”.

Inizia proprio da questa terra irlandese la sequela di punti – tutti in linea fra loro – che si riconducono alla figura di San Michele Arcangelo. Skellig Michel, già nel VI secolo, era nota come rifugio di alcuni monaci cristiani, probabilmente copti, in fuga dalle persecuzioni romane. Raggiunsero le sponde dell’isolotto, grazie ai currach, rudimentali ma agilissime imbarcazioni tipiche della tradizione marinara irlandese. Questi intraprendenti monaci arrivarono fino alla sua cima, e proprio qui, a circa 218 metri d’altezza sull'oceano Atlantico, costruirono il più ardito dei monasteri.

Ancora oggi si possono visitare le sei celle circolari, chiamate in lingua irlandese clochans, che molto ricordano i nuraghi sardi, e i due oratori, costruiti pietra su pietra, che circondano i resti della chiesa eretta in onore di San Michele. L'interno del monastero, spartano fino all'eccesso, è una lampante immagine dell'ascetismo e della vita rigorosa praticata dai monaci del primo Cristianesimo irlandese. Il monastero era, ed è tuttora, accessibile solo grazie a un'impervia scalinata, composta da ben 600 gradini, scavati nella roccia, a picco sul mare.

La posizione isolata, non poteva non passare inosservata alle invasioni vichinghe. Parliamo dell’823 circa. Il monastero riuscì ad rimanere indenne anche a questa feroce razzia, tanto da alimentare addirittura una leggenda che vedeva addirittura protagonista un eremita dell'isola: narra un battesimo davvero speciale, di un certo “vichingo” Olav Trygvasson, nel 993. L'uomo del nord sarebbe successivamente diventato il re di Norvegia. Ma la leggenda più famosa, forse, rimane quella legata a San Patrizio e a San Michele Arcangelo. Proprio in questa isola, sospeso tra mare e cielo, San Patrizio affrontò lo scontro finale con i demoni che affliggevano l’Irlanda. Vinse la battaglia con l’aiuto dell’arcangelo Michele.

Fu proprio per questa leggenda, che l’isola fu dedicata al potente angelo, “comandante” di tutti gli altri angeli. E San Patrizio, divenne, così il patrono dell’intera Irlanda. Quello stesso San Patrizio, che scriverà una delle più belle preghiere-benedizioni della tradizione cristiana di quei secoli, in quelle lontane terre nordiche: “May the road rise to meet you, may the wind be always at your back, may the sun shine warm upon your face, and the rains fall soft upon your fields and, until we meet again, may God hold you in the palm of His hand”. Ossia, “Sia la strada al tuo fianco, il vento sempre alle tue spalle, che il sole splenda caldo sul tuo viso, e la pioggia cada dolce nei campi attorno e, finché non ci incontreremo di nuovo, possa Dio proteggerti nel palmo della sua mano”.


Antonio Tarallo

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