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PADRE ENZO, IL NATALE NON E' UNA FAVOLA

di Redazione online
Credit Foto - ANSA

Il Natale non è una favola per bambini e San Francesco l’aveva compreso così bene che ha ‘drammatizzato’ il presepe, ha pianto perché vedeva e notava che l’Amore non era amato.

Come ogni anno da Assisi, noi frati, proponiamo un presepe “diverso” dal forte significato religioso e sociale. Quest’anno davanti la Basilica di San Francesco verrà posizionato un bambinello tra i bossoli. Un’immagine che servirà a ricordarci i 445 operatori pastorali uccisi dal 2000 ad oggi in odio alla fede. Uomini e donne che hanno messo al centro Gesù consacrandogli la vita e cha a causa del Suo nome vengono ammazzati, perseguitati. Danno da mangiare, annunciano la buona novella, stanno accanto agli ultimi, sognano una terra abitata dalla pace e pure a causa Sua vengono trucidati, massacrati, uccisi. Ecco perché è bene oggi deporre il bambinello in una mangiatoia di bossoli così da non dimenticare quello che accade ogni giorno intorno a noi.

 

A livello rituale, il Natale è Dio che parla all’uomo, un Dio che si fa prossimo, è il nobilitare tutto ciò che è umano. Il significato religioso lo traggo da uno dei testi più belli per capire la dimensione del Natale, le prime parole del ‘Dei verbum’ del Concilio Vaticano II: ‘Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelare se stesso... nel suo immenso amore parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con essi per invitarli e ammetterli alla comunione con sé’. E’ un Dio che si rivela per stare con l’uomo.

 

A livello francescano c’è San Francesco che mette in scena per la prima volta il presepe perché l’uomo, in qualsiasi condizione si trovi, possa vedere e possa commuoversi.

Poi c’è la dimensione esistenziale. Il presepe ci dice che ogni notte buia dell’uomo, la solitudine o la disperazione, la crisi o le difficoltà, la povertà o l’indigenza può essere illuminata e abitata dalla luce della pace. E ancora, la stella cometa che ha guidato i Re Magi può rappresentare per ogni uomo smarrito una bussola, una stella polare per riprendere il cammino.

Una stella cometa che ci dice che è possibile la convivenza pacifica tra culture e classi sociali diverse. Penso ai poveri accanto al presepe ma anche ai ricchi come i Re Magi, penso all’israeliano e al palestinese, è lì che Gesù si incarna, ma anche agli uomini che vengono da mondi diversi. In fondo i Re Magi rappresentano l’interculturalità.

Il presepe ci dice che davanti a Gesù non esiste un uomo più ricco o più povero, più grande o più piccolo, esiste solo la dignità della persona. I

Invece per i bambini fare il presepe ha una caratura educativa e pedagogica molto forte. Oltre ai tanti messaggi del presepe qui entrano in gioco anche la creatività e la condivisione, dell’unire idee diverse per realizzare qualcosa insieme. Nelle scuole come nelle famiglie.

 

Bisogna recuperare, in un mondo assuefatto alla tecnologia, emozioni e tenerezza.


Redazione online

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