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Perché diciamo "amen" nelle preghiere?

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“Così sia”. Questa, è la traduzione di “Amen”. Abituati a dirla, a fine preghiera, o in alcuni passi della santa messa, è necessario ricordare-ci che si tratta di una parola ebraica. Nella lingua dei nostri vicini cugini, si pronuncia “’Āmēn”. Primo punto – dal quale è importante iniziare – la locuzione “Amen” è sempre stata usata nel giudaismo. Da questo, è stata poi adottata nella liturgia cristiana come formula conclusiva per preghiere e inni.

L’origine ebraica


Anche Gesù, spesso, l’ha utilizzata durante le sue predicazioni. In genere viene tradotta come “in verità”. Infatti alla radice della parola “Amen” troviamo un’altra parola-cardine del messaggio messianico: il termine è “verità”, o comunque “conferma di una verità”. Nell’Antico Testamento, indica in genere una piena accettazione di ciò che si è espresso in precedenza. L'avverbio ebraico “ámén”, infatti, ha come significato “certamente”, “in verità”, o – ancor meglio – “così sia”. Etimologicamente è connesso con il verbo “ámán”, che significa “educare”. Interessantissimi “fili nascosti” della lingua, affascinanti, se ben ci pensiamo. La storia di una lingua, scopre sempre il contenuto delle parole. E questo contenuto, diviene, pensiero.

 
Nell’Antico Testamento


Secondo il “Bible Study Tools”, un’applicazione da cellulare, per la conoscenza della Bibbia – “la forma verbale si ritrova oltre un centinaio di volte nell’Antico Testamento… e quasi in 70 occasioni nei Vangeli”.Il Vecchio Testamento ci fornisce diversi episodi in cui troviamo usata la parola “amen”. “Esdra benedisse il Signore, Dio grande, e tutto il popolo rispose: <>, alzando le mani; e s'inchinarono, e si prostrarono con la faccia a terra davanti al Signore”. E’ Neemia, al capitolo otto. “E lei si alzò e si misero a pregare e a chiedere che venisse su di loro la salvezza, dicendo: “Signore, (…) degnati di aver misericordia di me e di lei e di farci giungere insieme alla vecchiaia. E dissero insieme: «Amen, amen!»”. Sono Sara e Tobia, a esclamare “Amen, amen”, nel capitolo otto del libro di Tobia.  Ricordare tutti gli episodi, meriterebbe un libro intero. Ci fermiamo qui, e magari lasciamo al lettore questa specie di “caccia al tesoro”. Abbiamo provato a dare solo un “incipit”.

 
Nel Nuovo Testamento

La formula “amen” nella preghiera di oggi


Fin dai primi cristiani, fu adottata la parola “amen” nel contesto liturgico, assegnandola alla congregazione per affermare ciò che veniva detto o pregato. Da allora ha continuato ad essere una parte centrale della preghiera cristiana. Nella liturgia, ad esempio, è usata come risposta dell'assemblea alla fine delle preghiere liturgiche: ha il significato di esprimere l'assentimento per ciò che si è detto e per augurio che la preghiera sia esaudita.  Il suo significato si lega al concetto di affidamento. Certamente, uno dei “più importanti” (diciamo così) amen, lo pronunciamo proprio nel momento più alto della liturgia, quando riceviamo il Corpo di Cristo. Uno dei più importanti Padri della Chiesa, Sant’Ambrogio, ci ha lasciato una sorta di vademecum, per rispondere “Amen” al sacerdote. Nel suo “De Sacramentis”, tiene a precisare: “Non dire <> oziosamente, ma confessando nel tuo spirito che ricevi il Corpo di Cristo. Quando dunque ti avvicini, il sacerdote ti dice <> e tu dici <>, cioè <>; ciò che confessa la lingua, lo professi la volontà”.



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