Ben venga Sorella Morte. Francesco d'Assisi e il canto all'eternità
di Felice Accrocca
Si prova sempre un notevole imbarazzo a parlare della morte:
da un lato se ne ha paura; dall'altro, forse, si teme di cadere
nella superficialità o, peggio ancora, nella retorica. Il più
della volte si cerca di esorcizzarla con il silenzio, tentando
di rimuoverla dal vissuto quotidiano. Francesco, invece, si
confrontò a lungo con essa, fino a mostrarne la luce, e riuscì a
farlo in mezzo a miserie tutte umane e sofferenze fortissime,
fisiche e spirituali.
Miserie umane, anzitutto: il primo biografo, non senza
crudezza, riferisce che i suoi concittadini speravano che
Francesco morisse in Assisi (1Cel 105). Nelle ultime settimane
di vita, egli fu guardato a vista dagli assisani, i quali avevano
tutto l'interesse a conservare entro le mura della loro città
le reliquie di un santo che non avrebbe fatto mancare alla
comunità la sua protezione e, soprattutto, le avrebbe garantito
prosperità economica. Sofferenze fisiche e spirituali, poi. Negli
ultimi anni le malattie presero progressivamente il sopravvento,
minando definitivamente un fisico che non fu mai di tempra
eccezionale. La crescente cecità, che verso lafine divenne quasi
totale, gli impediva di muoversi liberamente, per cui doveva
essere sempre assistito da alcuni compagni. Inoltre, la crescita
veloce del numero dei frati comportò notevoli problemi in
merito all'evoluzione della nuova famiglia religiosa, ciò che
causò a Francesco anche una profonda lacerazione interiore.
Furono, per lui, gli anni più duri.
Un testo meritatamente famoso, qual è quello sulla vera letizia,
si rivela a questo proposito di un'eloquenza disarmante:
“Vattene, tu sei un semplice ed un idiota, qui non ci puoi venire ormai;
noi siamo tali e tanti che non abbiamo bisogno di te”. Come se
Francesco stesso si sentisse ormai fuori posto nelle pieghe che
gli eventi stavano prendendo.
Eppure, nonostante questo contesto umanamente avvilente, gli
ultimi tempi della sua vita furono non un'agonia, ma un parto.
Con piena coscienza avvertì il momento della morte. Dopo
che, al suo capezzale, il medico - che aveva insistentemente
sollecitato - gli ebbe rivelato le reali condizioni del suo stato
di salute dicendogli con tutta franchezza che si trattava di una
malattia incurabile, Francesco iniziò a lodare il Signore: “Ben
venga sorella morte”.
Allo stesso modo, quando un compagno
gli presentò le sue ormai tragiche condizioni, Francesco non
mancò di lodare il Signore. Poi fece chiamare, da quello stesso
frate, Leone e Angelo affinchè gli cantassero il Cantico di Frate
Sole e prima dell'ultima strofa inserì la lode di sorella morte.
Arrivò perfino a chiedere, con gesto di grande umanità, che
madonna Jacopa gli portasse dei dolcetti che a lui piacevano
tanto. Perchè quando si crede davvero all'eternità il tempo
acquista una nuova luce e la fede, quando c'è, cambia la
vita e fa vedere con occhi nuovi ogni cosa.
Felice Accrocca
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