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Cantare per lodare Dio

Intervista a fra Pio Purba

di Redazione

fra Pio Purba, OFMConv, confratello della comunità del Sacro Convento di San Francesco, coltiva la passione del canto fin da piccolo, prima come autodidatta, poi studiando e facendo di questa passione parte della sua vocazione da francescano. Cogliendo l’occasione della sua recente registrazione di una cover del singolo “You raise me up” di Josh Groban, abbiamo dialogato con fra Pio nell’intervista che segue.

fra Pio, come nasce questa tua passione per il canto e che esperienza hai?
Fin da piccolo, mi è sempre piaciuto sentire gli altri cantare, e poi la musica che ha un bel ritmo mi fa venire voglia di ballare. Anche se all’inizio ero molto stonato, ho sempre cercato di cantare, lo facevo per me stesso, e quindi non importava se gli altri apprezzassero. Portavo avanti questa passione senza studiare, imitando le persone di cui mi piaceva il modo di cantare. La voglia non è mai andata via, ce l’ho sempre dentro, anche se ci sono periodi in cui non canto.
Quando ero piccolo e andavo in chiesa la domenica, poi, passavo anche un’ora a cantare e mi rendevo conto che quello era il mio mondo. Così, pian piano, questo desiderio si è fatto sempre più forte, più profondo, quasi che voglia esprimere ciò che ho dentro cantando. Una volta arrivato qui ad Assisi ho incontrato Luca, che quando mi ha sentito cantare in Basilica mi ha notato, mi ha detto che avevo una bella voce ma ci dovevo lavorare, e quindi si è offerto come insegnante. Da lui ho imparato molto, dalla respirazione al movimento della bocca: non cerco di essere un professionista, ma mi fa piacere poter cantare al meglio delle mie possibilità migliorando un po’ alla volta.

Quindi la musica e il canto hanno un ruolo importante nella tua vocazione?
Sì, importantissimo. E poi, il detto attribuito a sant’Agostino che recita “chi canta bene prega due volte” mi spinge ancora di più per migliorare sempre. Per me adesso cantare è parte del mio cammino, come per san Francesco, “giullare di Dio”. Anche lui aveva il suo gruppo di troubadours con cui cantava e andava per le strade di Assisi. E poi non si canta soltanto per la nostra felicità, ma si può cantare anche per lodare Dio, e questo ci dona ancora più grinta nel farlo. Quindi canta, anche se sei un po’ stonato, l’importante è cantare dal cuore. Questo è un aspetto magico della musica: sentendo qualcuno che canta ti fa sorridere, ti fa entrare in un’altra atmosfera.

A proposito di questa canzone che hai registrato recentemente, “You raise me up”, come mai questa scelta?
Prima di tutto perché mi piace il cantante, con questa voce così profonda, e poi non è solo una bella canzone, ma il significato mi dona la motivazione, soprattutto nei momenti più difficili, di debolezza, di risentire e “toccare” la presenza di Dio che non mi abbandona mai. “You raise me up”, “tu mi rialzi”: ci sono i momenti di solitudine, però questa canzone mi ricorda che Dio non ti abbandona, riporta in vita quello spirito che un po’ si spegne. Anche se è una canzone laica, mettendola in riferimento a Dio ti carica di energia. Il momento in cui ti senti più debole diventa il momento più significativo: metti la tua fede in quella situazione e arrivi a dire “davvero Dio esiste e non mi abbandona”, e questa è una grazia.

È anche un messaggio in linea con il periodo della Pasqua che stiamo vivendo, c’è un messaggio di rinascita.
La vita senza amore è la morte, ma la presenza di Dio ti fa vivere, ti rialza, ti ridona, ti trasforma. Ciò che dona significato alla vita è l’amore: le cose che succedono in questo mondo accadono perché l’uomo si sente il Signore della vita, e invece san Francesco, alla domanda “chi sono io?”, risponde “sono il più grande peccatore”. Eppure lui è considerato il più santo di tutti i santi. Chi vive questa verità – che tutti siamo peccatori – diventa più umile, non considera se stesso più alto degli altri. Anzi, considera gli altri dei confratelli con cui camminare nello stesso mondo, ognuno con le proprie fatiche. Nessuno è perfetto, ma camminiamo come Chiesa imperfetta verso la perfezione, verso quella trasformazione in cui Dio diventa l’unica cosa tra me e te. Allora non ti considero più come uno straniero, ma come parte di me. Arrivando a questa consapevolezza possiamo vivere nella felicità e nella pace, perché il male non riesce ad entrare dentro di noi.

Partendo da ciò che dici e dal significato che la canzone ha per te, che Pasqua è questa?
La Pasqua è sempre un passaggio in cui il Signore ha vinto la morte, e la morte è il peccato. Allora per me la Pasqua è quando vivi l’amore: ogni volta che si vive nell’amore si vive nella Pasqua. Chi non vive nell’amore vive nella morte, allora, se vuoi che la Pasqua diventi più significativa, sii tu l’amore, non perché solo tu ne sei capace, ma perché tu possa sentire la presenza di Dio. Lui è Colui che ti ha amato per primo, senza meriti. Tu, consapevole di essere amato da Dio, è impossibile che di conseguenza non ami gli altri, perché tu non sei niente, ma il Signore, che è l’Altissimo, ti ha amato. Pensando all’amore e alla capacità di donare del bene, troviamo il senso della nostra esistenza: siamo fatti tutti per il bene. Cerchiamo di inserirci nella via del bene, che è la via del Signore, e la presenza di Dio sarà sempre più forte, allora l’oscurità se ne andrà, perché non può stare davanti alla luce. La risurrezione vive nell’amore: la nostra santità è la nostra capacità di amare, quell’amore cristiano che dona gratuitamente perché gratuitamente abbiamo ricevuto. Allora ciò che abbiamo doniamolo, perché donando non si perde, anzi, riceviamo di più.


Redazione

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