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Conversione di San Paolo e San Francesco, una missionarietà comune

Paolo: dalla persecuzione alla difesa dei cristiani. Francesco: dall'indifferenza all'abbraccio con in lebbroso

di Augusto Drago

Seguire Cristo, sia per Paolo sia per Francesco, non è un’esigenza morale o imitativa. Essi non seguono una dottrina: si sono convertiti ad una Persona, quella di Cristo. Hanno scelto di vivere non solo in, ma anche e soprattutto come Cristo Gesù. Per ambedue questa realtà viene tradotta con l’immagine del “rivestirsi di Cristo”. Paolo la utilizza in Romani 13,14 ed in Efesini 4,24. Di Francesco è scritto nella Vita prima del Celano, IX, 155 (Fonti Francescane, 521).


Sia in Paolo sia in Francesco, prima che un cambiamento di pensiero, c’è stato un cambiamento di mente e di cuore. Mettiamo adesso in evidenza alcune convergenze che mi sembrano molto significative. Esse riguardano, in modo particolare, il momento del loro incontro con Cristo Gesù.


La conversione di Paolo e Francesco
L’esperienza della conversione e del conseguente incontro/innamoramento di Cristo Gesù, è narrato sia da Paolo che da Francesco in prima persona. Paolo ne parla nelle sue lettere in diverse occasioni e in diversi modi. Francesco ne parla all’inizio del suo secondo Testamento. Per Paolo si tratta di una “grazia”: Per grazia di Dio sono quello che sono e la sua grazia non è stata vana in me (1Corinti, 15,10), Anche per Francesco la conversione è una grazia: “Il Signore concesse a me, frate Francesco, di cominciare così a fare penitenza” (Secondo Testamento, vers. 1. FF.110).

Il verbo “concedere”, sottolinea in maniera meravigliosa la grazia che opera in Francesco. Sia Paolo sia Francesco iniziano il loro esodo per giungere ad una perfetta identificazione con Cristo. L’apostolo si identifica talmente con Cristo fino a giungere ad affermare che per lui vivere è Cristo: “Sono stato crocifisso con Cristo, e non sono più io che vivo ma è Cristo che vive in me” (Galati, 2,20). “Per me vivere è Cristo…” (Filippesi, 1,21). Anche Francesco, dopo il suo esodo, intraprende una via che lo porta ad identificarsi con Cristo e questi crocifisso. “Ciò che prima mi sembrava amaro mi fu cambiato in gaudio e dolcezza dell’animo” (Secondo Testamento,vers.2. FF.110).

A queste parole di Francesco fanno eco quelle dell’Apostolo: “Quello che poteva essere per me un guadagno, l’ho considerato una perdita, a motivo di Cristo… ”(Filippesi, 3,7). Sul monte della Verna Francesco riceve le stimmate del Signore sulla sua carne ormai esausta. Sia pure su un piano diverso, anche Paolo afferma di portare nel suo corpo le piaghe del Signore: “Da ora in poi nessuno mi procuri più fastidi, di fatti io porto le stigmate di Gesù nel mio corpo” (Galati, 6,17). In ogni caso la stigmatizzazione di Paolo e di Francesco si identificano in qualche modo. Infatti Francesco nella sua vita ha sempre portato l’immagine del Cristo Signore. Il santo di Assisi è stato sempre perfettamente identificato a Lui: era già spiritualmente e totalmente cristificato. Sia Paolo sia Francesco hanno percorso una via di perfetta configurazione a Cristo e a questi crocifisso (1Corinti, 2,2).

Si potrebbe concludere affermando che i cammini di Paolo e di Francesco siano l’uno specchio dell’altro, ambedue convergenti verso l’Amato: Cristo Gesù il Signore! Paolo ha capito subito che il cristianesimo è una Persona: Gesù Cristo. Francesco ha parimenti compreso che senza Vangelo e conseguentemente senza Gesù Cristo, non può esserci una vita vera ed autentica. Tramite la conversione ambedue si sono arresi a Cristo, anche se questo passaggio per loro, spesso si è tramutato in sofferenze ed amarezze. L’Amore per il Signore è stato più forte di tutto e li ha condotti ad annunziare Cristo e dargli testimonianza. L’amore di Cristo li incalzava e non donava loro alcuna tregua! Dall’amore per il Cristo nasce sia per Paolo che per Francesco l’impulso irrefrenabile di annunziarlo come una missione che diventa passione! Francesco cominciò a seguire Cristo a San Damiano. Il giovane Francesco, ancora all'inizio nella sua ricerca spirituale, un giorno era uscito nella campagna per meditare.

Trovandosi a passare vicino alla chiesa di San Damiano, che minacciava rovina, vecchia com’era, spinto dall’impulso dello Spirito Santo, vi entrò per pregare. Pregando inginocchiato davanti all’immagine del Crocifisso, si sentì invadere da una grande consolazione spirituale e, mentre fissava gli occhi pieni di lacrime nella croce del Signore, udì con gli orecchi del corpo una voce scendere verso di lui dalla croce e dirgli per tre volte: “Francesco, va e ripara la mia chiesa che, come vedi, è tutta in rovina!”.

All’udire quella voce, Francesco rimane stupito e tutto tremante, perché nella chiesa è solo e, percependo nel cuore la forza del linguaggio divino, si sente rapito fuori dai sensi. Tornato finalmente in sé, si accinge ad obbedire, si concentra tutto nella missione di riparare la chiesa di mura, benché la parola divina si riferisse principalmente a quella Chiesa, che Cristo acquistò col suo sangue (2Cel 10: FF 593-594), come lo Spirito Santo gli avrebbe fatto capire e come egli stesso rivelò in seguito ai frati. In seguito.

Infatti, nella chiesa di Santa Maria degli Angeli ascoltò la voce di Cristo che gli parlava ripetendo le parole del mandato che Gesù stesso aveva donato ai suoi discepoli: “…li mandò a due a due e dava loro il potere sugli spiriti impuri” (Mc, 6.7-13). Paolo vive la medesima esperienza sulla via di Damasco mentre si accingeva ad andare a fare prigionieri tutti coloro che si erano convertiti a Gesù Cristo. Ma la voce del Signore lo ferma e gli dice: “Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? E Paolo, stupito e meravigliato mormora una domanda: “Chi sei Signore?”.

Gesù risponde: “Io sono Gesù che tu perseguiti, alzati entra nella città di Damasco e ti sarà detto ciò che devi fare!” (Atti, 9,1-19). A Damasco Paolo incontra Anania da cui riceve il Battesimo che rigenera e cristifica l’intera sua persona e il suo cuore. Sconvolge tutto il modo di essere e di pensare. Da qui inizia il lungo e travagliato cammino di evangelizzazione di Paolo che trova il suo termine a Roma dove morirà martire di Cristo, dopo essere stato per più mesi prigioniero presso il carcere mamertino. Le due storie, quella di Gesù e di Paolo possono essere chiamate due vie parallele: Paolo vive di Cristo e per Cristo, Francesco vive anche lui allo stesso modo!

Se ci fermiamo un attimo in silenzio, potremmo udire un canto a due voci: la voce di Paolo e quella di Francesco che hanno lo stesso tono e la stessa melodia di amore per il Signore cercato, trovato, vissuto ed annunziato: “Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? (…) Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori, per virtù di Colui che ci ha amati. Né morte, né vita, né angeli, né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza, né profondità, né alcun’altra creatura, potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù nostro Signore” (Romani, 8, 35-39). Beati coloro che sapranno annunziare, evangelizzando, con questo fuoco d’amore nel cuore. Annunziare non significa parlare di Cristo Gesù, ma mostrare agli altri la gioia di essere in Lui e per Lui: come Paolo e Francesco. (Il Missionario Francescano)

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LA CADUTA DA CAVALLO E LA CONVERSIONE



Se pensiamo alla conversione di san Paolo immaginiamo un uomo che cade da cavallo. Eppure, non ci fu alcun cavallo nelle Sacre Scritture che si limitano a dire che il santo “cadde a terra” sulla via di Damasco. Il cavallo è dunque una "narrazione" artistica perchè è plausibile che stesse viaggiando non a piedi. Come per Paolo anche in San Francesco ritroviamo la figura del cavallo nel momento più alto della conversione, in questo caso, infatti, quando si racconta dell'incontro tra l'assisiate e il lebbroso.
«Fra tutti gli orrori della miseria umana, Francesco sentiva ripugnanza istintiva per i lebbrosi. Ma, ecco, un giorno ne incontrò proprio uno, mentre era a cavallo nei pressi di Assisi. Ne provò grande fastidio e ribrezzo, ma vincendo se stesso, scese da cavallo e corse a baciarlo. E il lebbroso, che gli aveva steso la mano per chiedere l'elemosina, ricevette contemporaneamente il denaro e un bacio. Subito Francesco risalì a cavallo, guardò intorno nell’aperta campagna, ma non vide più il lebbroso. Perciò, colmo di stupore e di gioia, cominciò a cantare e a lodare il Signore, proponendosi, da allora in poi, di elevarsi a cose sempre più grandi. » (FF 592)


Augusto Drago
Redazione interna

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