QUANDO SAN FRANCESCO PREVIDE IL TERREMOTO DI BOLOGNA
di Felice Accrocca
Tutte le volte che la terra trema ribadisce la nostra fragilità. È stato così in occasione del terremoto di Assisi, dell’Aquila o dell’Emilia; è stato così per il Nepal, dove la terra continua a tremare ancora: immagini tragiche che vorremmo tutti – egoisticamente – dimenticare. Quei tristi avvenimenti richiamano comunque alla memoria un fatto della vita di Francesco piuttosto noto, e tuttavia generalmente trascurato dagli storici, forse imbarazzati di fronte alla notizia.
Tommaso da Eccleston, morto poco dopo il 1259, nella sua opera sull’insediamento dei primi Minori in Inghilterra, tra le altre cose narra i ricordi di frate Martino da Barton, «che ebbe la fortuna di vedere spesso san Francesco». Tra questi ricordi compare il seguente: «Un frate, che stava pregando a Brescia, nel giorno di Natale fu ritrovato illeso sotto le macerie della chiesa, durante quel terremoto che san Francesco aveva predetto e fatto annunciare dai frati in tutte le scuole di Bologna, con una lettera scritta in un latino scadente (in qua fuit falsum latinum)».
Quale credito dare alla notizia? Cominciamo con il dire che proprio l’accenno al falso latino di Francesco pone un tassello a favore del racconto. Alla metà del Duecento, infatti, l’Ordine dei Minori era disseminato per ogni dove e maestri francescani sedevano sulle più importanti cattedre universitarie: l’ignoranza del fondatore era divenuta ormai una questione sconveniente, imbarazzante per loro, e quindi se veniva ricordata era solo per dovere di verità.
Sappiamo, poi, che un tremendo terremoto scosse il nord dell’Italia nel Natale del 1222: la notizia ci viene testimoniata da troppi cronisti per poterla mettere in dubbio. Salimbene da Parma, loquace com’è sua abitudine, non manca – neppure in quest’occasione – di arricchirla con particolari pittoreschi: «Nel giorno di Natale [1222], ci fu un grande terremoto nella città di Reggio, mentre predicava nella cattedrale di S. Maria messer Nicolò, vescovo della città. E questo terremoto interessò tutta la Lombardia e la Toscana. E fu chiamato soprattutto terremoto di Brescia, perché in quella città fu sentito più forte, e i bresciani vivevano fuori della città in tende, perché gli edifici non cadessero sopra di loro. E molte case, torri e castelli dei bresciani furono distrutti da quel terremoto. E loro s’erano talmente abituati a quel terremoto che, quando cadeva un pinnacolo di qualche torre o di qualche casa, guardavano e ridevano forte».
Non solo. Altri predicatori accennarono al fatto prima ancora che Tommaso da Eccleston redigesse la sua opera. Giovanni de La Rochelle († 1245) afferma che Francesco «fu conformato al Figlio nella prescienza delle cose future, poiché preannunziò anzitempo un terremoto agli studenti e predisse il papato a papa Gregorio [IX]». È certo, dunque, che la notizia di questa previsione circolasse tra i frati indipendentemente dai ricordi di fra Martino da Barton, così come il particolare che il Santo ne avesse fatto dare pubblicamente l’annuncio agli studenti. Ed è pure assodato che nel 1222 Francesco fu a Bologna, sicuramente alla metà di agosto, perché ce ne ha lasciato un ricordo coloritissimo Tommaso da Spalato.
Certo, dall’Assunta al Natale corrono più di quattro mesi e, in quel lasso di tempo, possono essere successe tante cose. Comunque sono più gli indizi che spingono a ritenere vera la notizia (almeno nella sua sostanza) che non quelli che invitano a rigettarla. Cosa sia successo nei particolari è difficile saperlo, né sappiamo quale fu la reazione degli interessati, ma non è cosa peregrina il credere che, in previsione di quell’avvenimento terribile, Francesco abbia lanciato un serio avvertimento ai bolognesi.
Felice Accrocca
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