Santa Croce celebra gli 800 anni delle Stimmate di Francesco
La mostra “La croce che fiorisce e le stimmate di Francesco” dal 3 dicembre al 30 marzo 2025 nel Refettorio d’inverno
di RedazioneUn percorso espositivo di singolare originalità, dove dialogano opere d’arte e antichi documenti, viene inaugurato oggi nel Refettorio d’inverno del complesso monumentale di Santa Croce per celebrare gli ottocento anni del miracolo delle Stimmate di Francesco d’Assisi.
La mostra, dal titolo La croce che fiorisce e le stimmate di Francesco, un percorso fra testi e immagini a Santa Croce, racconta i cambiamenti nelle rappresentazioni artistiche del miracolo delle stimmate tra la metà del Duecento e la prima metà del Trecento, mettendo a confronto opere e antichi testi manoscritti, in vario modo legati alla basilica francescana, che dopo secoli tornano nella loro casa di origine.
“Questa mostra è un'occasione straordinariamente interessante per fare il punto sull’iconografia delle Stimmate - sottolinea la presidente dell’Opera, Cristina Acidini - sono state riunite alcune sceltissime testimonianze artistiche e documentarie che dimostrano il formarsi e il consolidarsi di questa iconografia che nel complesso di Santa Croce ricorre in numerosi esemplari. In particolare, grazie al generoso prestito della Galleria dell'Accademia di Firenze, vengono riportate in Santa Croce due tavole dipinte da Taddeo Gaddi che facevano parte di un ben più complesso arredo costituito addirittura da 28 tavole, 14 dedicate a Cristo e 14 a Francesco, l’alter Christus. A corredo anche un altarolo portatile mai esposto prima d'ora, noto solamente agli specialisti, che conferma ancora una volta la grandezza di Gaddi pittore, che continua la linea del grande Giotto, e in Santa Croce caratterizza profondamente l'età gotica”.
L’esposizione è stata curata da Sonia Chiodo, Giovanni Giura, Anna Pegoretti e Federico Rossi e prosegue fino al 30 marzo 2025. “La mostra si inserisce nel progetto di rinnovamento del percorso di visita, avviato dall’Opera di Santa Croce dopo la pandemia con l’obiettivo di offrire ai visitatori l’opportunità di una fruizione più consapevole – spiega il segretario generale dell’Opera, Stefano Filipponi - In questo contesto il refettorio d’inverno, con il Cenacolo e la Cappella Cerchi, costituisce il percorso che con nuovi allestimenti accoglie i visitatori introducendo i temi essenziali alla comprensione del complesso monumentale di Santa Croce”.
Il nuovo tempo di Santa Croce è caratterizzato anche dalla scelta di sviluppare attività di ricerca promosse dall'Opera, premessa fondamentale per la sua missione di tutela e valorizzazione, attraverso una rete di collaborazioni scientifiche. La mostra è stata realizzata proprio nell’ambito delle collaborazioni attivate dall’Opera di Santa Croce con alcune istituzioni accademiche: i Dipartimenti di Storia Archeologia Geografia Arte e Spettacolo (Sagas) e di Architettura (Dida) dell’Università di Firenze, di Civiltà antiche e moderne dell’Università di Messina, di Studi Umanistici dell’Università degli Studi Roma Tre.
Le opere e i documenti oggetto della mostra, in forza di una rete di relazioni istituzionali, provengono dalla Galleria dell’Accademia di Firenze, dalle Gallerie degli Uffizi, dalla Biblioteca Medicea Laurenziana, dalla Biblioteca dalla Pontificia Università Antonianum, dalla Biblioteca Malatestiana, dall’Archivio storico diocesano di Arezzo e da una collezione privata.
L’allestimento è stato progettato dallo Studio Guicciardini&Magni Architetti.
Le Stimmate, un racconto tramandato da immagini e documenti
Santa Croce è stato un luogo privilegiato di riflessione sull’evento della Stimmate, avvenuto a La Verna, e quindi della produzione di immagini sulla centralità della croce nella biografia di Francesco e la sua conformità a Cristo. Elemento cardine della narrazione è la creatura angelica apparsa a Francesco: nella prima Vita di Tommaso da Celano (1228-1229) si tratta di un serafino crocifisso, nella Legenda maior di Bonaventura da Bagnoregio scritta nel 1263, è Cristo crocifisso tra le ali del serafino. Il cambiamento si manifesta in variazioni testuali in apparenza minime, ma di enorme portata che ha lasciato tracce evidenti nei documenti e nelle immagini.
Il percorso espositivo parte dalla tavola di metà Duecento, dell’anonimo Maestro della croce 434, custodita alle Gallerie degli Uffizi, un unicum nell’ambito della più antica tradizione della raffigurazione delle Stimmate. Dipinta negli anni Quaranta del Duecento è l’unica opera esclusivamente dedicata alla raffigurazione del miracolo stimmatico prima della celebre tavola di Giotto per i francescani di Pisa (Parigi, Musée du Louvre), e puntualmente visualizza il racconto della prima biografia di Francesco, scritta da Tommaso da Celano fra il 1228 e il 1229. Da essa dipende la raffigurazione del miracolo inclusa nella tavola con San Francesco e storie della sua vita di Coppo di Marcovaldo, della basilica di Santa Croce, eseguita per la primitiva chiesa dei francescani fiorentini.
Il ritorno di alcune opere di Taddeo Gaddi
In occasione della mostra alcune opere d’arte, appartenute al complesso monumentale, tornano dopo secoli nel luogo della loro origine. Culmine del percorso espositivo e sintesi formidabile della spiritualità francescana sono infatti due formelle di Taddeo Gaddi con la Crocifissione di Cristo e San Francesco che riceve le Stigmate che fino al 1810 facevano parte dell’arredo della sagrestia di Santa Croce e che adesso si trovano alla Galleria dell’Accademia di Firenze. Dopo oltre duecento anni vengono riportate nel complesso conventuale per il quale furono realizzate, insieme agli altri 26 elementi della serie, oggi divisi e custoditi dalla Galleria dell’Accademia di Firenze, dalla Gemäldegalerie di Berlino e la Alte Pinakothek di Monaco.
Il ciclo, che sviluppava il tema della conformitas di san Francesco a Cristo suggerendo il parallelismo tra quattordici episodi della vita di Cristo e altrettanti di quella di Francesco, aveva un ruolo essenziale nella connotazione funzionale dell’ambiente che, oltre a fungere da sagrestia, era sede delle adunanze capitolari.
Singolare fiore all’occhiello della mostra è un’opera, mai esposta in pubblico, anch’essa di Taddeo Gaddi: un piccolo tabernacolo “portatile” (aperto misura 60 X 70 centimetri) con la Crocifissione e gli Apostoli (al centro), le Stigmate di san Francesco e la Resurrezione di Drusiana (sportello sinistro), la Madonna con il Bambino in trono tra sant’Antonio di Padova e san Ludovico di Tolosa, il battesimo di Cristo (a destra).
Le peculiarità iconografiche dell’opera, che fa parte di una collezione privata, ne fanno un unicum nell’ambito della pittura fiorentina del Trecento e si integrano perfettamente nel progetto espositivo. La Crocifissione, infatti, si qualifica come una rara variante della croce “che fiorisce”, ovvero fonte di salvezza, come indicano le figure dei Progenitori in basso e quella di Cristo che risorge in alto. Negli episodi ai lati i santi francescani alludono a una committenza francescana, mentre il collegamento più stretto con Santa Croce è indicato dalla citazione degli affreschi Peruzzi nella scena con la Resurrezione di Drusiana. Queste e altre considerazioni suggeriscono la possibilità di una identificazione del tabernacolo con un’opera eseguita per il frate inquisitore (Santa Croce è stata per secoli sede dell’Inquisizione), pagata a Taddeo Gaddi nel 1322. Nel catalogo della mostra si propone di identificare il dotto religioso con Fra’ Pace da Castelfiorentino, inquisitore dal 1319 al 1322.
La mostra costituisce, dunque, un’opportunità straordinaria per approfondire l’intenso rapporto che legò Taddeo Gaddi al complesso monumentale di Santa Croce. L’artista fu impegnato lungo tutto l’arco della sua carriera nel cantiere francescano: oltre a dipingere ben tre volte il tema delle Stimmate, si cimenta nella complessa allegoria cristologica ispirata al Lignum vitae bonaventuriano nel grande affresco del cenacolo e, come è noto, raccoglie l’eredità giottesca nel 1328 lasciando sulle pareti della cappella Baroncelli un ciclo mariano destinato a diventare una imprescindibile fonte iconografica.
L’evoluzione del rapporto tra immagini e fonti scritte
Il percorso espositivo si sviluppa attraverso testimonianze scritte, illustrazioni librarie e altri dipinti che documentano l’evoluzione del rapporto tra immagine e fonti scritte. Punto di snodo fondamentale è l’illustrazione che accompagna la celebre Bibbia francescana di Cesena, miniata dal Maestro di Bagnacavallo - giunta per l’occasione dalla biblioteca Malatestiana - che, racchiudendo, in un’unica pagina, le storie della Genesi, la Crocifissione e le stimmate, rappresenta un precedente fondamentale per la costruzione narrativa della serie di Taddeo Gaddi con il parallelismo tra Francesco e Cristo.
Una importante miscellanea devozionale francescana, proveniente dalla Biblioteca della Pontificia Università Antonianum, che gli studi paleografici consentono di ritenere realizzata a Santa Croce tra la fine del Duecento e gli anni Quaranta del Trecento, include il testo della Legenda maior accompagnato da una fitta serie di illustrazioni e da sette croci che richiamano l’attenzione sulle altrettante visioni di Cristo a Francesco, indicando nell’episodio stimmate il culmine di un percorso cui il santo risulta quindi predestinato
Di sicura rilevanza per approfondire la conoscenza della tradizione delle Stimmate anche gli altri documenti esposti. Si tratta di un graduale dell’Archivio storico di Arezzo, proveniente da San Lorenzo a Bibbiena, contenente una miniatura con le Stimmate in corrispondenza della festa di San Francesco e di due manoscritti della Medicea Laurenziana oggetto di recenti studi: il primo, proveniente dalla biblioteca del convento - realizzato nell’ultimo quarto del Duecento - registra il superamento della diffidenza nei confronti della veridicità della ferita del costato mentre l’altro, coevo, contiene gli interventi papali che si susseguirono nel corso del Duecento a conferma della stimmatizzazione di Francesco.
Redazione
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