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SPECIALE TG1 DIALOGO, SAN FRANCESCO E IL DEMONIO

Solo quando ci si decide a crescere, ci si rende conto che c’è una fatica del vivere che va accettata, e che proprio questa fatica ci aiuta a donare noi stessi e a ritrovare la nostra felicità

di Felice Accrocca
Credit Foto - Archivio Fotografico Basilica San Francesco

San Francesco credeva fermamente in Dio, Padre buono e misericordioso, al quale si debbono “le laude, la gloria e l’honore et onne benedizione”, e considerava il mondo il prodotto meraviglioso dell’opera creatrice dell’Altissimo. Una visione, la sua, diametralmente opposta alla concezione catara della vita, che guardava invece al creato come all’opera del dio malefico. Non per questo, però, Francesco era così ingenuo da non avvertire la presenza e le trame dell’avversario di Dio, quel “serpente antico che chiamiamo diavolo e satana” (Ap 12,9).

Era conscio che “il diavolo per la trasgressione di uno solo vuole corrompere molti”, e perciò ammoniva i suoi “dal turbarsi e dall’adirarsi per il peccato o il cattivo esempio di un altro”, invitandoli piuttosto ad aiutare il peccatore, “perché non i sani hanno bisogno del medico, ma i malati”. Sapeva guardarsi, Francesco, da due estremi altrettanto pericolosi: non si mostrava incredulo sull’esistenza del diavolo e neppure finiva per vederlo dappertutto. Satana, disse, desidera “che l’uomo non abbia la sua mente e il cuore rivolti al Signore Dio; e, girandogli intorno, desidera distogliere il cuore dell’uomo con il pretesto di una ricompensa o di un aiuto, e soffocare la parola e i precetti del Signore dalla memoria, e vuole accecare il cuore dell’uomo attraverso gli affari e le preoccupazioni di questo mondo, e abitarvi”.

Una lucida descrizione, la sua, dell’agire del demonio, che seppe fronteggiare con altrettanta lucidità. Come quella volta che, nell’eremo di Sarteano, fu tentato nella carne; castigò il proprio corpo, ma visto che non ne cavava nulla, uscì nell’orto e si gettò in mezzo alla neve. Quindi con la neve fece sette rudimentali statue, poi cominciò a dire a se stesso: “Ecco, questa più grande è tua moglie; questi quattro, due sono i figli e due le tue figlie; gli altri due sono il servo e la domestica, necessari al servizio. Fa’ presto, occorre vestirli tutti, perché muoiono dal freddo. Se poi questa molteplice preoccupazione ti è di peso, servi con diligenza unicamente al Signore”.

La tentazione cessò. Quale maturità… Invece, a persone che rifiutano di crescere (quante vittime, oggi, della sindrome di Peter Pan!) la tentazione appare sempre bella, priva di rischi, come se bastasse scappare da una situazione difficile per risolver tutto senza sforzo e senza danni (per se stessi, perché degli altri – anche se questi altri sono i propri figli – poco importa). L’avversario di Dio gioca a meraviglia con queste nostre debolezze. Solo quando ci si decide a crescere, ci si rende conto che c’è una fatica del vivere che va accettata, e che proprio questa fatica – accolta con amore – ci aiuta a donare noi stessi e a ritrovare la nostra felicità. In tal modo Francesco superò la tentazione e la tristezza che essa portava con sé. Perché se con Dio è gioia piena, con Satana il punto d’arrivo è una tristezza infinita.


Felice Accrocca

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