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Mons. Piazza: Abitare l’abito che si indossa

È la persona a dare significato al vestire

Credit Foto - casaledicarinola.net

La tunica e la tonaca: decisamente una bella intuizione questa comparazione nell’affinità elettiva che lega Francesco e il Signore Gesù, nostra unica speranza. Pur nella singolare differenza che caratterizza queste due condizioni palesate nell'abito, tra le possibili considerazioni torna opportuno soffermarsi sul valore simbolico che questo assume nella vita di ogni persona, soprattutto oggi che a questa forma del manifestarsi si donano senso e significato che spesso allontanano dalla verità stessa della persona, dal suo essenziale e originario valore. Mi preme richiamare un riferimento alla Teoria della classe agiata di Thorstein Veblen: per accattivarsi e conservare la considerazione degli uomini non basta possedere la ricchezza e la potenza; è necessario porle in evidenza, perché tale considerazione sia ottenuta e mantenuta.

Questo dell’apparire e del mostrarsi attraverso il linguaggio dell’abito, che racconta il non detto della persona, raggiunge il suo paradosso, in questo nostro tempo, nel cercare tale riconoscimento addirittura attraverso l’abito taroccato, che nel suo valore reale è menzognero, ma lo è ancor più perché pretende di consolidare una considerazione che altrimenti si pensa di non ottenere. La scelta dell’abito e le motivazioni nel portarlo raccontano non solo il messaggio che si intende comunicare, ma anche la considerazione che in esso matura nella persona e in quella di chi guarda: il senso della realizzazione, l’effetto di superiorità (priming), la consapevolezza del ruolo riconosciuto, lo status symbol. L’offerta della comparazione di questi due singolari abiti, quali la tunica di Gesù e il saio di Francesco, mantengono decisamente questo valore simbolico e rappresentativo, ma ribaltano del tutto le motivazioni dell’apparire e conducono alla essenzialità dell’abitare l’abito indossato: è la persona a dare significato a ciò che si indossa e del suo perché! È la verità semplice della persona nella sua effettiva condizione, spesso segnata da fragilità e limiti che, comunque, sono presenti in tutti.

Il rimando alla tunica, collegata al sacrificio per amore e alla incondizionata totalità di questo amore sacrificale per l’altro, come anche la semplice e povera ruvidezza del saio, che racconta la fragilità e la essenzialità dell’umano, simbolo di un’umanità reale che aspira ad essere da tutti opportunamente considerata, non sono un messaggio limitativo quanto l’invocazione a riconoscere la qualità autentica del valore che in essi è rivelato. La semplicità autentica si abita vivendola come stile di vita e diviene abito di umanità che spinge ad una prossimità vera e concreta che rimane per sempre, i cui effetti si riverberano in positivo nelle fragilità e povertà di tanti, ben oltre le umorali variazioni di mode culturali e del tentativo, spesso goffo, di nascondersi in abiti griffati che pretendono di confermare una inconsistente superiorità o felicità.

di Orazio Francesco Piazza, Vescovo di Sessa Aurunca - Amministratore Apostolico di Alife - Caiazzo



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