Algeri chiude altre due chiese: sempre ignote le ragioni
I cristiani d’Algeria vivono tempi difficili
Dal 22 febbraio scorso, gli algerini sono in strada per protestare contro il regime dittatoriale. Quest'ultimo, non ha esitato giocare con la sensibilità identitaria per dividere e frammentare il movimento popolare che ha portato alle dimissioni di Bouteflika e continua a destabilizzare i suoi piani machiavellici.
Il regime ha già tentato di sfruttare gli imam, per convincere le persone che le manifestazioni sono illecite da un punto di vista religioso – argomento che non ha retto; ha imprigionato diversi attivisti per l’esposizione della bandiera berbera e dell'emblema degli Amazigh [termine con cui la popolazione autoctona si auto-definisce ndr], rappresentati come un pericolo per l'unità nazionale. Ieri il governo, che non ha legittimità agli occhi degli algerini, ha deciso di chiudere il più grande edificio di culto protestante in Algeria – la Chiesa del Vangelo di Tizi Ouzou (capoluogo dell’omonima provincia settentrionale).
Questa comunità esiste da 23 anni e conta 1.200 fedeli. Secondo quanto riferivano ieri alcuni rappresentanti, “i servizi di sicurezza hanno informato i leader della chiesa di Tizi Ouzou che procederanno alla chiusura del luogo di culto. Restiamo fiduciosi, il Signore è fedele!”. Va notato che stessa sorte è toccata alla chiesa di Makouda, situata nella medesima provincia: i fedeli hanno ricevuto l’ordine di chiusura entro martedì 15 ottobre. Lo stesso giorno, la Gendarmeria nazionale ha posto i sigilli alla struttura.
Il ministero degli Interni non reso pubbliche in alcun modo le ragioni di questa decisione arbitraria. In effetti, non è la prima volta che il sistema politico attacca le chiese; che le accusa di “progettare una nuova strategia per mettere in atto piani ostili, con il sostegno di attori stranieri” e approfittando della situazione politica nel Paese.
Da gennaio 2018, 15 chiese sono sbarrate per motivi sconosciuti. In realtà, tali chiusure non sono che un tentativo di spingere le persone alla violenza, poiché il pacifismo delle manifestazioni non va nella direzione di questo regime. In altre parole, i soldati – che detengono il potere reale in Algeria – volevano creare un contesto di violenza che giustificasse uno stato di emergenza. Questo significa vietare le manifestazioni.
A Bejaia, una città vicina a Tizi Ouzou, i leader religiosi della chiesa si sono riuniti con manifesti che menzionano il nome e dove si trova la loro comunità. Con striscioni e canti, desiderano appellarsi all'opinione pubblica: alcuni luoghi di culto rimangono chiusi dalle autorità. Chiedono semplicemente la riapertura delle loro chiese, come previsto dalla Costituzione algerina.
I cristiani d’Algeria vivono tempi difficili; noi concittadini musulmani dobbiamo restare al loro fianco, sostenerli e mostrare che sono nostri fratelli e algerini a pieno titolo. Insieme, dobbiamo resistere a quanti vogliono dividerci per governare in modo più agevole.
Kamel Abderrahmani - Asia News
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