Angola, la missione delle francescane tra i ragazzi e i bambini accusati di stregoneria
di LUCIANO ZANARDINI
La stregoneria questa sconosciuta, in Europa. In Angola, nella città di Mbanza Kongo, il Centro «Frei Giorgio Zulianello» (dal nome del frate che l’ha fondato dieci anni fa) accoglie i bambini accusati di «feitiçaria». «Cerchiamo di ricreare quella realtà familiare che improvvisamente e traumaticamente è venuta a mancare. I ragazzi vengono accusati di essere feitiçeiros, quindi responsabili della morte di un familiare, o vengono abbandonati in strada perché il nucleo familiare non è più in grado di occuparsi di loro e di proteggerli» racconta suor Stefania Nobile. Che opera con suor Liliana, a suor Antonia (brasiliana) e a suor Rosalie (originaria del Centrafrica): insieme offrono il loro contributo, integrando criteri e scelte in collaborazione con gli educatori e gli operatori che vi lavorano.
Da questo punto di vista è interessante il ruolo di una equipe di psicologi italiani che da due anni seguono il progetto. Dopo 28 difficili anni nella Repubblica Centrafricana, le missionarie francescane del Verbo Incarnato, nel 2016, si sono aggregate come Congregazione francescana con i frati minori cappuccini, che, considerando il carisma delle religiose, le hanno inserite in questo servizio delicato. «L’Incarnazione, il Verbo che si fa uomo e viene ad abitare in mezzo a noi, ci esorta ad abitare la quotidianità di questi fratelli più piccoli per poter rivelare loro il volto di Dio padre e madre». Non è facile per i ragazzi, allontanati da chi ha dato loro la vita, comprendere tutto questo.
«La sfida è davvero grande, perché sentiamo il limite culturale di gesti, atteggiamenti e tradizioni che facciamo fatica a capire e, a volte, ad accogliere. Ci rendiamo conto che è una realtà che va osservata, ascoltata, accolta e non giudicata a priori, ma conosciuta con pazienza e fiducia, perché ricca di valori che vanno sostenuti e, di contro, valori che vanno purificati», spiega suor Stefania.
Le religiose sono impegnate anche nel campo scolastico e nella pastorale in una città che, di recente, ha ottenuto il riconoscimento dell’Unesco per essere stata la capitale dell’antico Regno del Congo. Mbanza Kongo è nel nord Angola, al confine con la Repubblica Democratica del Congo. Lo Stato ha grandi potenzialità e ambizioni. Il Governo si sta sforzando di garantire a tutti l’acqua e l’energia elettrica. L’assistenza sanitaria non copre le fasce più deboli che si ritrovano in difficoltà a pagare i farmaci; mancano, inoltre, scuole sufficienti. L’apparato statale è ben organizzato, ma la burocrazia e il sistema di controllo disincentiva l’attività privata e gli investimenti dall’estero. La ricchezza economica è nelle mani di un ristretto gruppo di persone. La popolazione parla il kikongo, che, insieme al lingala, è il più diffuso soprattutto tra gli adulti in un Paese dove il portoghese è la lingua ufficiale e dove sono riconosciute più di dieci lingue nazionali.
«Per noi è una sfida ulteriore. Sappiamo – spiega ancora la Nobili – che dietro una lingua c’è tutto un patrimonio culturale fatto di usi, tradizioni, modi di dire e di pensare completamente sconosciuti. È importante avere dei mediatori culturali, persone che sappiano comprendere e interpretare ciò che si vede e si vive a contatto con la realtà quotidiana». Il missionario è chiamato a «spogliarsi delle proprie certezze e dei propri riferimenti per poter accogliere ed essere arricchito dalla realtà che incontra con la quale ha scelto di misurarsi e di mettersi in gioco».
Alla ricchezza del patrimonio culturale, affidato perlopiù alla tradizione orale, si aggiunge una dimensione religiosa molto forte. «Il continente africano è “il polmone della spiritualità” come è stato definito da Benedetto XVI. È affascinante e sorprendente partecipare alla lode e alla gioia delle celebrazioni religiose così come alla tristezza e al dolore delle cerimonie funebri: la vita è vissuta e celebrata in tutte le sue dimensioni con una forte manifestazione emotiva e corporea; Dio è riconosciuto come Creatore e Salvatore».
Nonostante questo, proliferano Chiese e sette, protestanti e non, che «attirano verso percorsi di fede non sempre condivisibili in una mistura di riti cristianesimo e di tradizioni ancestrali: creano confusione e dispersione. Per chi proviene da una tradizione di secoli del cristianesimo, con un patrimonio di testi, è complicato interpretare la dinamicità di una giovane Chiesa ancora, in qualche modo, lattante rispetto alla vita cristiana. Sentiamo l’esigenza di accompagnare e contribuire alla formazione di catechisti e operatori pastorali, che sono i primi annunciatori del Vangelo al loro popolo». E per continuare a seminare in questa terra, le missionarie francescane del Verbo Incarnato sognano, il prossimo anno, di costruire una casa missionaria. VATICAN INSIDER
LUCIANO ZANARDINI
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