Benedetto XVI e l’affidamento degli emarginati all’Immacolata Concezione
di Antonio Tarallo
Quello che sempre sorprende di Papa Benedetto XVI è la sua semplicità e umiltà nel parlare di misteri grandiosi come quello dell’Immacolata Concezione di Maria. Dall’alto della sua teologia, dall’alto della sua abissale profondità di studio e di meditazione, sembra quasi – leggendo i suoi interventi su tale tema – che Benedetto XVI riesca a “scendere” da così alta cattedra, per poter parlare meglio ai “piccoli”. Lo fa con mirabile poesia, ma al contempo, con l’idea di rendere il più possibile semplici quei delicati concetti che semplici non sono, affatto. Nel leggere le omelie, i discorsi, legati all’Immacolata Concezione, il lettore entra – senza difficoltà – nel pensiero di papa Ratzinger, quasi senza che se ne accorga. Questa è una delle peculiarità del papa bavarese. Non c’è mai ridondanza, mai un accento “fuori posto”, nei suoi discorsi. Tutto scorre, come una melodia di Mozart, che anche se al primo ascolto, potrebbe sembrare una melodia “semplice”, quasi senza “spessore”, risulta – alla fine – una mirabile architettura ben studiata. Così le parole di Benedetto XVI che, seppur nella loro semplicità, possono ben considerarsi “purthéologie”, con accenti di antropologia cristiana, di filosofia.
Giovedì, 8 dicembre 2005, la prima volta che Ratzinger si trova davanti alla statua di Piazza di Spagna, come pontefice. Ed è lui stesso a dirlo, con parole di commozione, e quasi di sorpresa:
“In questo giorno dedicato a Maria sono venuto, per la prima volta come Successore di Pietro, ai piedi della statua dell’Immacolata qui, a Piazza di Spagna, ripercorrendo idealmente il pellegrinaggio tante volte fatto dai miei predecessori. Sento che mi accompagna la devozione e l’affetto della Chiesa che vive in questa città di Roma e nel mondo intero. Porto con me le ansie e le speranze dell’umanità di questo nostro tempo, e vengo a deporle ai piedi della celeste Madre del Redentore”.
Nel suo secondo intervento come pontefice (8 dicembre 2006), ai piedi della statua romana dell’Immacolata, si comprende – fin da subito – che ha cominciato ad “acquisire” una certa “dimestichezza” – mi sia concesso il termine – con l’“ermellino” papale. In fondo sarà lui stesso, visto il freddo della data dicembrina, a “rispolverarlo” per indossarlo. In questa occasione, troviamo un Papa Benedetto XVI di più alto “valore teologico”, rispetto a quello dell’anno precedente. Ma è interessante notare come riesca a cogliere nel “sì” di Maria, non solo “connotati” mariani, ma universali, e – soprattutto – a confrontare questi con i valori a cui dovrebbe essere legato l’Uomo di Oggi. Ecco, il testo:
“Piena di grazia” Tu sei, Maria, che accogliendo con il tuo “sì” i progetti del Creatore, ci hai aperto la strada della salvezza. Alla tua scuola, insegnaci a pronunciare anche noi il nostro “sì” alla volontà del Signore. Un “sì” che si unisce al tuo “sì” senza riserve e senza ombre, di cui il Padre celeste ha voluto aver bisogno per generare l’Uomo nuovo, il Cristo, unico Salvatore del mondo e della storia. Dacci il coraggio di dire “no” agli inganni del potere, del denaro, del piacere; ai guadagni disonesti, alla corruzione e all’ipocrisia, all’egoismo e alla violenza. “No” al Maligno, principe ingannatore di questo mondo. “Sì” a Cristo, che distrugge la potenza del male con l’onnipotenza dell’amore. Noi sappiamo che solo cuori convertiti all’Amore, che è Dio, possono costruire un futuro migliore per tutti.
La data dell’ 8 dicembre 2008, diviene una data particolare, visto il trascorso viaggio nei luoghi di Lourdes, da poco tempo visitati. Farà riferimento a questo importante viaggio, fin da subito:
“Circa tre mesi fa, ho avuto la gioia di recarmi in pellegrinaggio a Lourdes, in occasione dei 150 anni dalla storica apparizione della Vergine Maria a santa Bernadette.Le celebrazioni di questo singolare anniversario si concludono proprio oggi, solennità dell’Immacolata Concezione perché la “bella Signora” – come la chiamava Bernadette – mostrandosi a lei per l’ultima volta nella grotta di Massabielle, rivelò il suo nome dicendo: “Io sono l’Immacolata Concezione”. Lo disse nell’idioma locale, e la piccola veggente riferì al suo parroco quell’espressione, per lei sconosciuta e incomprensibile”.
Ma poi, si addentra in una sorta di “non luogo”. Non è più il ricordo dei Pirenei a interessare il Santo Padre. Non è solo il “concetto dell’Immacolata Concezione” – inteso nel suo puro senso teologico – ad essere al centro dei suoi pensieri. E’ qualcos’altro. Molto umano, molto vicino al mondo e all’uomo “della strada”. Il “non luogo” – in questo discorso – prende il nome di solidarietà, fratellanza, unici “rimedi” alle difficoltà di un popolo composto da disoccupati, da famiglie disagiate, da anziani soli, da immigrati. In una sola parola, dagli “ultimi”. Ed è a lei, a Maria, che Benedetto XVI affiderà tutti questi:
“O Vergine Immacolata, in questo momento vorrei affidarti specialmente i “piccoli” di questa nostra Città: i bambini, anzitutto, e soprattutto quelli gravemente malati, i ragazzi disagiati e quanti subiscono le conseguenze di pesanti situazioni familiari. Veglia su di loro e fa’ che possano sentire, nell’affetto e nell’aiuto di chi sta loro accanto, il calore dell’amore di Dio! Ti affido, o Maria, gli anziani soli, gli ammalati, gli immigrati che fanno fatica ad ambientarsi, i nuclei familiari che stentano a far quadrare il bilancio e le persone che non trovano occupazione, o hanno perso un lavoro indispensabile per andare avanti. Insegnaci, Maria, ad essere solidali con chi è in difficoltà, a colmare le sempre più vaste disparità sociali; aiutaci a coltivare un più vivo senso del bene comune, del rispetto di ciò che è pubblico, spronaci a sentire la città – e più che mai questa nostra Città di Roma – come patrimonio di tutti, ed a fare ciascuno, con coscienza ed impegno, la nostra parte per costruire una società più giusta e solidale”.
Antonio Tarallo
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