Briefing sul Sinodo: pochi preti non per il celibato, i laici cuore della Chiesa
Il Sinodo dei vescovi per l’Amazzonia, giunto a metà del suo cammino, ha fatto martedì sera un “salto qualitativo”, racconta ai giornalisti presenti al briefing quotidiano in Sala Stampa vaticana don Giacomo Costa, segretario della Commissione per l’Informazione, grazie agli interventi liberi di alcuni padri sinodali, “che hanno chiesto di non frammentare il cammino dell’Assemblea nella ricerca di piccole soluzioni per i singoli temi” ma piuttosto, chiarisce Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero per la Comunicazione “di riprendere uno slancio profetico, lasciando spazio allo Spirito Santo, per non perdere lo sguardo generale”. Una nuova dinamica, più spirituale, che ha già dato i suoi effetti, ”liberando la parola” nei lavori dei dodici circoli minori, che si riuniranno fino a giovedì pomeriggio. La sera i relatori presenteranno le 12 relazioni, che saranno rese pubbliche nel pomeriggio di venerdì 18 ottobre. L’ultima settimana di lavori, come previsto, sarà dedicata a discutere il progetto del documento finale, che verrà votato in aula il pomeriggio di sabato 26.
De Queiroz: poche vocazioni per poca santità di noi ministri. In questa dinamica si inserisce il vescovo brasiliano, monsignor Wellington Tadeu de Queiroz Vieira, pastore della diocesi di Cristalândia, che sottolinea come il problema della mancanza di sacerdoti sia concreto non solo per l’Amazzonia, “ma anche per l’Europa, che vede una riduzione del numero di ministri ordinati”. Non ci sono ostacoli, nella Bibbia e nella teologia, all’ordinazione di “viri probati”, uomini adulti spostati, chiarisce de Queiroz, ma, “e tanti in aula la pensano come me, non vedo nel celibato l’ostacolo principale per avere più sacerdoti. Il vero problema è l’incoerenza, l’infedeltà, e gli scandali causati da ministri ordinati”. “Dobbiamo fare in modo che nel cuore delle persone, soprattutto dei giovani – aggiunge il vescovo brasiliano - si sviluppi una terra fertile. Se anche noi presbiteri e noi vescovi acquisiamo ‘l’odore delle pecore’, come ci chiede Papa Francesco, non trasmettiamo il profumo di Cristo. Perché siamo annunciatori solo di noi stessi, che allontanano così le persone da Gesù”.
In America Latina una cattiva distribuzione dei presbiteri. Il primo cammino da fare è la conversione dei ministri ordinati, perché, spiega ancora monsignor de Queiroz, “Il principale strumento per risvegliare la vocazione nei giovani è la santità degli attuali evangelizzatori: la santità della semplicità di vita, dell’apertura al dialogo, dell’annuncio della verità cristiana, della compassione con chi soffre”. Un secondo problema è anche la cattiva distribuzione dei presbiteri sul territorio. “In America Latina – lamenta il vescovo di Cristalândia - ci sono zone con una buona presenza di sacerdoti, ma con scarso spirito missionario. Molti di loro potrebbero andare in zone di frontiera come l’Amazzonia”.
Conti: sono i laici a portare avanti le comunità. Dopo di lui, interviene monsignor Pedro José Conti, vescovo di Macapá, una diocesi di 148 mila km quadrati (poco meno di metà dell’Italia), che occupa quasi tutto lo stato di Amapà, nel nord del Brasile, alla foce del Rio delle Amazzoni. Racconta che al Sinodo ha chiesto di valorizzare il ruolo del laicato. “Nella mia diocesi, che è come tutta l’Italia settentrionale – spiega monsignor Conti - in alcune parrocchie abbiamo 100 comunità e 1 solo sacerdote. Chi porta avanti il lavoro sono i laici e le laiche. I sacerdoti devono prepararli, seguirli e guidarli, ma sono loro che costruiscono la Chiesa. I laici hanno l’esperienza di avere una famiglia, hanno la competenza professionale. Noi clerici, sacerdoti e vescovi, pensiamo di sapere tutto ma non è vero, abbiamo bisogno o delle competenze dei laici e delle laiche, e questo è anche un antidoto al clericalismo”. E’ fondamentale, aggiunge il vescovo di Macapà, anche il servizio di laici e laiche impegnati in politica, che siano formati a dare concretezza alla dottrina sociale della Chiesa.
I piccoli produttori laici salveranno la Foresta amazzonica. Saranno infine i piccoli produttori laici, per monsignor Conti, a salvare la Amazzonia. Il modello da seguire è quello delle piccole cooperative agricole, “che convivono con la Foresta, la ‘Foresta in piedi’, e che da essa traggono risorse in modo sostenibile per commercializzare prodotti naturali, sfruttando la sua grande ricchezza con la saggezza ancestrale trasmessa dai popoli indigeni”. “Mi sono emozionato – racconta – a sentire le loro testimonianze. Io vivo a 600 km dai villaggi indigeni, in una città con mezzo milione di abitanti e sono alle prese ogni giorno con tutti i problemi urbani, e sento l’urgenza di una conversione ecologica”.
L'indigena Tayori: vogliono che scompariamo, dov'è l'Onu? Testimonianze spesso cariche di dolore, come quella dell’indigena peruviana Yesica Patiachi Tayori, docente bilingue del popolo Harakbut e membro della pastorale indigena del vicariato apostolico di Puerto Maldonado, che il Sala Stampa vaticana denuncia che le multinazionali che operano in Amazzonia “vogliono che scompariamo”. “Dov’è l’Onu? Dove sono le altre organizzazioni internazionali? - si chiede – davanti agli abusi, omicidi, tratta delle persone, maltrattamenti sulle donne: dove possiamo denunciare questi crimini?”. “Noi popoli indigeni siamo e saremo i guardiani della foresta – garantisce la docente indigena - ma la casa comune è responsabilità di tutti. Abbiamo paura, perché ci stiamo dimenticando la nostra lingua, siamo asfissiati da modelli di sviluppo che vengono da fuori e non rispettano la vita. Siamo discriminati, considerati come oggetti da vetrina e non come una cultura viva”. “Abbiamo chiesto al Papa – conclude Yesica – che ci aiuti ad essere rappresentati presso le istituzioni nazionali e internazionali, affinché non lascino che ci estinguiamo come popolo e ci consentano di vivere nell’autoderminazione. Siamo noi che viviamo i crimini contro la casa comune: nessun giornalista si è concentrato sulla nostra protesta. Non abbiamo nessuna tribuna per denunciare questi crimini. Vogliamo che la nostra causa faccia breccia nella coscienza umana”.
Spreafico: in diocesi, le donne guidano l'80 per cento dei gruppi biblici. Rispondendo ad una domanda sul ruolo delle donne, monsignor de Queiroz Vieira sottolinea che “la Chiesa in Amazzonia è imprescindibile senza le donne e la loro presenza andrebbe valorizzata sempre di più”. “Sul diaconato femminile – aggiunge – c’è già una apposita Commissione al lavoro, istituita dal Papa. Il Sinodo non ha potere decisionale: noi possiamo fare proposte, ma spetterà al Santo Padre dare gli orientamenti”. “Non solo in Amazzonia, ma anche in Italia la presenza delle donne è importante nella Chiesa – chiarisce poi monsignor Ambrogio Spreafico, vescovo di Frosinone-Veroli-Ferentino, che fa presente che nella sua diocesi “l’80% dei laici che guidano i gruppi biblici tutto l’anno sono donne, e sono eccellenti. All’inizio dell’anno diamo loro un mandato”. “Ci sono tanti modi - conclude il vescovo italiano - per far sì che le donne possano esprimere il loro valore e la loro presenza possa essere valorizzata, anche di fronte ai vescovi, anche senza il diaconato”, ha affermato il presule.
Alessandro Di Bussolo - Vatican News
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