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Custode Mauro Gambetti, 'Contemplazione e ricerca per celebrare davvero il Natale'

L'omelia del Custode del Sacro Convento durante la Santa Messa del 25 dicembre 2019

di Mauro Gambetti
Credit Foto - Mauro Berti

Omelia del Custode, padre Mauro Gambetti, durante la Santa Messa di Natale in Basilica Inferiore.

Dio affida a dei messaggeri l’annuncio della salvezza. Gli angeli questa notte hanno svolto questo compito, le sentinelle, i pastori, hanno accolto l’annuncio e reso testimonianza. L’annuncio è questo: un bimbo è nato per noi. Un bimbo che Giovanni ci dice ‘era il verbo in principio, era presso Dio ed era Dio’.

Penso che davanti a questo mistero che si dischiude ai nostri occhi e alle nostre menti, due atteggiamenti possiamo cercare di vivere, per entrare nelle profondità di questa rivelazione e comunicazione di vita.

Il primo credo sia semplicemente la contemplazione, bisogna stare in silenzio, davanti a questo bimbo, in silenzio davanti al verbo, al logos, perché prima che essere uno strumento per comunicare qualcosa, la parola o la voce, il logos innanzitutto è il modo con cui noi possiamo riferirci all’altro. Soltanto stando di fronte al verbo al figlio di Dio, questo bimbo, in silenzio possiamo riscoprire o scoprire la nostra soggettività più autentica, possiamo scoprire il desiderio che abbiamo dentro di noi, desiderio primario di vita. Nel cuore e nelle viscere, pulso alla vita.

Prima che essere funzionale, logos è una possibilità, la presenza è la realtà stessa che diventa possibilità di corrispondenza di questo desiderio, vita di relazione.
Il primo atteggiamento credo sia questo della contemplazione che necessita il silenzio.

Il secondo credo che sia quello della ricerca, la ricerca della vita, in fin dei conti la riscoperta dentro di noi di questo desiderio che appunto il bimbo Gesù viene a risvegliare, questo desiderio di vita ha bisogno poi di essere promosso al fine di estromettere invece quelle pulsioni e quei ripiegamenti verso la morte che appartengono anch’essi all’esistenza umana.

Giovanni dice che in Lui era la vita e la vita era la luce degli uomini, la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. C’è uno stretto collegamento tra la vita e la luce: la luce e la bellezza, che è il primo significante o significato della pienezza che ricerchiamo. C’è uno stretto legame tra questo, la vita, la luce e anche le tenebre, che contrastano questo grande scenario che viene composto tra vita, luce, bellezza.
Abbiamo il compito di cercare la vita per entrare nella luce e non assoggettarci alle tenebre .

Alcune esemplificazioni: non è possibile spegnere la vita in un grembo, se si cerca la vita, se si desidera la luce. Non è possibile sopprimere l’ultimo anelito alla vita che batte nel cuore di un uomo moribondo, va raccolto l’ultimo sospiro e anch’esso elevato, promosso verso la vita.

Non è possibile neanche rivolgere questo impulso che abbiamo alla vita, rivolgerlo all’individuale soddisfazione del piacere o alla semplice ricerca di sicurezza attraverso gli altri o all’autoaffermazione. Sia perché ciò significa usare gli altri, che diventano funzionali a noi. Ma anche perché questo rinnega l’impulso alla vita e promuove una cultura di morte.

In fin dei conti solo quando per rivolgerci agli altri noi non abbiamo l’unico obiettivo di conservare la vita, ma un obiettivo molto più ampio: promuoverla, sospingerla, alimentarla, generarla ancora. Solo quando questo avviene, si illumina il cammino della nostra esistenza, che altrimenti si va stringendo, oscurando e prevalgono le tenebre.

Va cercata la vita come fa un bimbo, come ha fatto Gesù Bambino con la madre. Questo impulso che abbiamo spinge ogni neonato a cercare il corpo della madre, perchè trova nutrimento, ma mentre lo trova, trova in realtà la vita, perché c’è una immediatezza di vita che passa in una relazione come quella tra il neonato e sua madre.
Credo che dovremmo cercare con tutti noi stessi di promuovere questo impulso alla vita che porta alla relazione con gli altri.
(...)
Penso che per vivere, il Natale, non solo oggi ma celebrarlo davvero, nell'esistenza possano aiutarci questi due atteggiamenti: silenzio, contemplazione, davanti al mistero di Betlemme, e la ricerca della vita dando voce agli impulsi che sono in noi, ma che scopriamo anche negli altri, nella creatività di un bimbo e nei talenti di chi è intorno a noi. Quelle relazioni che ci invitano a uscire sempre di più da noi stessi.

Coltiviamo questi atteggiamenti e gustiamo la salvezza che Dio, con noi, ha a cuore per il mondo intero.


Mauro Gambetti

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