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Digiunare, parola antica, pratica da calare nel nostro Presente

Abbiamo riflettuto precedentemente sull’origine e il significato biblico della pratica del digiuno

di Antonio Tarallo

“Tutta la creazione è chiamata, insieme a noi, a uscire «dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio» (Rm 8,21). La Quaresima è segno sacramentale di questa conversione. Essa chiama i cristiani a incarnare più intensamente e concretamente il mistero pasquale nella loro vita personale, familiare e sociale, in particolare attraverso il digiuno, la preghiera e l’elemosina. Digiunare, cioè imparare a cambiare il nostro atteggiamento verso gli altri e le creature: dalla tentazione di “divorare” tutto per saziare la nostra ingordigia, alla capacità di soffrire per amore, che può colmare il vuoto del nostro cuore”.

(Dal Messaggio di Papa Francesco per la Quaresima 2019)

Abbiamo riflettuto precedentemente sull’origine e il significato biblico della pratica del digiuno. Un viaggio nell’Antico e nel Nuovo Testamento.

https://www.sanfrancescopatronoditalia.it/notizie/religione/la-pratica-del-digiuno-dal-vecchio-testamento-al-nuovo--45184?#.XJ9XfyhKjIW

Pratica antica, dunque. Ma nel nostro Oggi, e – in una certa misura – se volessimo andare a scavare ancora più nel profondo su cosa voglia dire “digiunare”, Papa Francesco – in estrema sintesi – ci offre una “chiave di lettura” che non ammette tante interpretazioni: “imparare a cambiare il nostro atteggiamento verso gli altri e le creature: dalla tentazione di “divorare” tutto per saziare la nostra ingordigia, alla capacità di soffrire per amore, che può colmare il vuoto del nostro cuore”. Non è certo impresa facile, tout court, e diventa ancor più “ardua” se volgiamo lo sguardo alla nostra contemporaneità. Il “cambiare atteggiamento verso gli altri”, forse, è il compito più difficile. Viviamo il nostro “io” – oserei dire – imperante, in molte vicende quotidiane.  Più “io” a discapito del “noi”.  Non possiamo e non dobbiamo nascondercelo. Almeno la presa di coscienza, è un primo punto su cui poter lavorare per giungere al “cambiamento”.

I social, molte volte – e lo stesso pontefice più volte ha voluto richiamare l’attenzione su questo – non ci aiutano a poter cogliere l’occasione di far silenzio attorno a noi e poter comprendere dove “abbiamo peccato”, per usare un “lessico quaresimale”, appunto. C’è questa tentazione del “divorare” tutto, e direi anche tutti.  E’ palese ai nostri occhi. Basta dare uno sguardo ai “commenti” di diversi post su facebook, ad esempio, per rendercene conto. L’ingordigia del “sapere tutto”, dell’attaccare il prossimo, semplicemente per il gusto di attaccarlo, o – cosa assai comune – cercare sempre lo spunto per cogliere in fallo, il nostro interlocutore.   Una società che guarda più volentieri al “cosa non va”, piuttosto al “cosa va”, diciamo così. E, di solito, quest’ultimo è solo merito nostro, non certo dell’ “altro”.

E se in questa Quaresima, prendendo spunto dal Messaggio del pontefice, incominciassimo a porre freno a questa tipologia “moderna” – o “post moderna”, che dir si voglia – di ingordigia? Anche questo ha tutta l’importanza di un digiuno pari – forse – a quello semplice della “carne del venerdì”, pratica certamente da non porre in secondo piano. Ma – la domanda è implicita – quanto questa incide, concretamente, nelle relazioni con gli altri? E, il Cristianesimo, ci insegna che la relazione con gli altri – a partire da quella dell’Alto,  di Dio – è relazione di Amore. Nulla di più semplice.



Antonio Tarallo

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