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Francesco prega per i migranti uccisi nel raid aereo in Libia

di Marco Guerra
Credit Foto - ANSA

Dopo la recita dell’Angelus, il Papa ha invitato a pregare “per le povere persone inermi uccise o ferite dall’attacco aereo che ha colpito un centro di detenzione di migranti in Libia”. Francesco si è anche rivolto alla comunità internazionale evidenziando che quest’ultima “non può tollerare fatti così gravi” ed ha auspicato l’organizzazione di corridoi umanitari.

Prego per le vittime: il Dio della pace accolga i defunti presso di sé e sostenga i feriti. Auspico che siano organizzati in modo esteso e concertato i corridoi umanitari per i migranti più bisognosi.

Le violenze in altri Paesi

Il Pontefice ha infine ricordato le vittime di altre violenze che si sono recentemente verificate in diversi Paesi attanagliati da instabilità, guerre e crisi politiche:

Ricordo anche tutte le vittime delle stragi che recentemente sono state compiute in Afghanistan, Mali, Burkina Faso e Niger. Preghiamo insieme.

Libia: oltre 50 morti al centro per migranti

La preghiera e la riflessione del Papa riguardano dunque i contesti regionali scossi da guerre civili e violenze settarie che, anche negli ultimi giorni, hanno provocato numerose vittime. In Libia si contano almeno 53 morti e oltre 130 feriti a seguito dell’attacco aereo che, la mattina del 3 luglio, ha colpito il centro di detenzione di migranti a Tajoura, a pochi chilometri da Tripoli. Il Consiglio di sicurezza dell'Onu e l'Ue hanno condannato l’attacco, mentre il governo di accordo nazionale libico di Tripoli - riferiscono fonti di stampa - ha accusato il maresciallo della Cirenaica, Khalifa Haftar, e gli Emirati Arabi Uniti che avrebbero fornito l'F-16 con cui è stato compiuto il bombardamento.

L’attacco dei talebani in Afghanistan

Ancora violenze anche in Afghanistan, dove ieri un attentato con un'autobomba nella provincia centrale di Ghazni ha provocato 12 morti e oltre 70 feriti. L'attacco, rivendicato dai talebani, era diretto contro un ufficio dei servizi di intelligence. I media locali hanno riferito che otto delle dodici vittime appartengono alle forze di sicurezza e altri quattro sono civili.

In Mali violenze settarie

Clima di forte tensione in Mali. Nel Paese della fascia del sahel africano, domenica scorsa almeno 23 civili sono stati uccisi da uomini armati nell'attacco in un villaggio al confine con il Burkina Faso. Negli ultimi mesi nel Mali si è registrato un incremento degli assalti e degli scontri armati che hanno coinvolto gruppi ribelli jihadisti e milizie di singole comunità costituite per “autodifesa”.

Burkina Faso: trucidati quattro cattolici

Risale invece allo scorso 27 giugno l’attacco di un gruppo jihadista a Bani, nel nord del Burkina Faso, costato la vita a quattro laici cattolici. Secondo le testimonianze, una decina di uomini armati di machete e fucili sono entrati nel villaggio e hanno costretto tutti gli abitanti a sdraiarsi per terra. Poi hanno cominciato una “perquisizione” a caccia di simboli religiosi e quattro persone, che indossavano al collo una piccola croce, sono state portate in disparte e trucidate.

Niger: jihadisti attaccano militari, 18 morti

Violenze anche in Niger dove il primo luglio si è verificato un attacco, rivendicato dalla "costola" africana dell’Is, contro una base militare a Inates, nell'ovest del Paese, costato la vita ad almeno 18 soldati.

Varvelli (Ispi): in Libia rischio escalation per la popolazione

Sulle parole pronunciate oggi da Papa Francesco sui migranti in Libia e le altre situazioni di violenza, si sofferma Arturo Varvelli, analista dell’Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale):

R. – I migranti vengono colpiti perché ormai è una guerra disperata quella che sta conducendo il generale Haftar in Libia. E’ una guerra disperata perché, con gli avamposti militari che aveva portato verso la capitale, il suo intento era quello di entrare, di recuperare Tripoli nell’aprile scorso: questi avamposti li ha persi. Quindi, sostanzialmente, si trova in difficoltà militare e sta giocandosi il tutto per tutto, anche con questi bombardamenti indiscriminati. Se questa situazione - come pare - non verrà percepita dalla comunità internazionale, che è ancora molto divisa, come un’escalation molto rischiosa anche ai danni della popolazione, purtroppo queste violenze potranno continuare.

Il Papa chiede anche che vengano organizzati, in modo esteso e concertato, corridoi umanitari per i migranti più bisognosi. Su questo fronte si fa qualcosa, ma ancora ben poco …

R. – Sì, è così. Stiamo parlando secondo i dati di Unhcr, ossia le organizzazioni dell’Onu preposte al controllo di queste persone, sostanzialmente di circa 6 mila persone – una quantità relativa, molto relativa in termini numerici. Quindi, sicuramente la comunità internazionale - in particolare, guardiamo all’Europa - avrebbe la capacità. Il problema è la volontà. Non mi pare, però, che esista questa volontà di porre fine a questo problema.

Il Papa ha ricordato anche le vittime delle recenti stragi in Afghanistan, Mali, Burkina Faso e Niger. Prosegue quella terza guerra mondiale a pezzi a cui spesso fa riferimento Francesco?

R. – Sì, Papa Francesco ha, fin dall’inizio del suo Pontificato, sostanzialmente insistito su questa terminologia che verte, per attirare l’attenzione della comunità internazionale, sul fatto che probabilmente non esiste o non esisterà più un solo unico conflitto, ma una serie di conflitti. Guerre che, però, sono tra di loro agganciate, perché sono in una fase di trasformazione del sistema internazionale nel quale la conflittualità tra le grandi potenze e tra le potenze regionali sostanzialmente portano a conflittualità e instabilità. E quindi il richiamo di Papa Francesco è a questa conflittualità che è estesa, che dev’essere tenuta in considerazione da parte della comunità internazionale stessa che però, appare molto divisa.

Il ruolo delle religioni può essere fondamentale – come si è visto dall’Accordo di Abu Dhabi firmato da Papa Francesco?

R. – Sì: certamente, sappiamo anche che Papa Francesco ha insistito molto su questa strada, sul dialogo interreligioso. Ricordiamo ad esempio il suo ruolo avuto con al Azhar in Egitto, oppure questa serie di viaggi che è stata intrapresa da Papa Francesco. Sicuramente il Vaticano da solo non può affrontare questi problemi, ma il ruolo di richiamo che ha il Papa e che deve avere la sua politica estera europea e sulla politica estera occidentale in generale, è molto importante. VATICAN NEWS



Marco Guerra

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