Giovanni Paolo II, e l’Immacolata Concezione
di Antonio Tarallo
Uomo di preghiera, uomo di poesia, uomo di filosofia e tanto, tanto “altro”, sempre vissuto, rivolto verso l’Alto. Stiamo parlando di San Giovanni Paolo II. Un parallelepipedo, un prisma, un corollario di difficile uguaglianza, nella storia dei romani pontefici. Non possiamo negarlo. Ma, in tutti questi elementi, così diversi fra loro, un filo unico collega il tutto, un nome, una luce che Wojtyla, fin da giovane, seguito: Maria.
E Maria, si sa, vuol dire, Immacolata Concezione. In merito a questo “titolo”, nel 2003, proprio nella famigerata Piazza di Spagna, al momento dell’omaggio floreale alla statua della colonna, posta davanti l’Ambasciata spagnola, San Giovanni Paolo II recitò questa preghiera:
“Nella festa della tua Immacolata Concezione torno a venerarti, o Maria, ai piedi di quest’effigie, che da Piazza di Spagna consente al tuo sguardo materno di spaziare su questa antica, e a me tanto cara, città di Roma. Sono venuto qui, stasera, a renderti l’omaggio della mia devozione sincera. E’ un gesto nel quale si uniscono a me, in questa Piazza, innumerevoli romani, il cui affetto mi ha sempre accompagnato in tutti gli anni del mio servizio alla Sede di Pietro. Sono qui con loro per iniziare il cammino verso il cento cinquantesimo anniversario del dogma che oggi celebriamo con gioia filiale. Regina della pace, prega per noi! (…) A Te, primizia dell’umanità redenta da Cristo, finalmente liberata dalla schiavitù del male e del peccato, eleviamo insieme una supplica accorata e fidente: Ascolta il grido di dolore delle vittime delle guerre e di tante forme di violenza, che insanguinano la Terra. (…) Madre di misericordia e di speranza, ottieni per gli uomini e le donne del terzo millennio il dono prezioso della pace: pace nei cuori e nelle famiglie, nelle comunità e fra i popoli; pace soprattutto per quelle nazioni dove si continua ogni giorno a combattere e a morire”.
Ma, in una importante occasione, come quella della Messa in occasione proprio del 150esimo anniversario della “definizione dogmatica della Beata Vergine Maria” – tanto per citare, nello specifico, la definizione ufficiale della Santa Sede – Giovanni Paolo II ebbe modo di esprimersi, con una ricercatezza teologica, assai approfondita, su tale tema. Era l’8 dicembre 2004. Le sue parole, in take importante occasione, rappresentano una sorta di lezione di mariologia:
"Piena di grazia", "κεχαριτωµευη": con questo appellativo, secondo l’originale greco del Vangelo di Luca, l’Angelo si rivolge a Maria. E’ questo il nome con cui Dio, attraverso il suo messaggero, ha voluto qualificare la Vergine. In questo modo Egli l’ha pensata e vista da sempre, ab aeterno. (…)Il "sì" della Vergine all’annuncio dell’Angelo si colloca nel concreto della nostra condizione terrena, in umile ossequio alla volontà divina di salvare l’umanità non dalla storia, ma nella storia. In effetti, preservata immune da ogni macchia di peccato originale, la "nuova Eva" ha beneficiato in modo singolare dell’opera di Cristo quale perfettissimo Mediatore e Redentore. Redenta per prima dal suo Figlio, partecipe in pienezza della sua santità, Essa è già ciò che tutta la Chiesa desidera e spera di essere. E’ l’icona escatologica della Chiesa”.
Nell’omelia che terrà nella Basilica di Santa Maria Maggiore, l’8 dicembre 1982, il pensiero sarà rivolto a una delle figure francescane più legate al nome della Immacolata, San Massimiliano Kolbe. Bisogna ricordare che proprio in quell’anno, il 1982, il francescano morto ad Auschwitz era stato innalzato alla gloria degli altari dallo stesso pontefice polacco. Fresca, nella sua memoria, tale importante avvenimento. Così, iniziava il suo discorso:
“Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te” (Lc 1, 28). Mentre queste parole del saluto dell’Angelo riecheggiano soavemente nel nostro animo, desidero rivolgere lo sguardo, insieme con voi, cari fratelli e sorelle, sul mistero dell’Immacolata Concezione della beata Vergine Maria con l’occhio spirituale di san Massimiliano Kolbe. Egli ha legato tutte le opere della sua vita e della sua vocazione all’Immacolata”.
Poi, il discorso, si apre nella contemplazione. Sembra quasi come se San Massimiliano Kolbe fosse presente assieme al Santo Padre Wojtyla, lì, proprio in quel momento. Giovanni Paolo II spiega il mistero dogmatico dell’Immacolata, con continui riferimenti al pensiero del frate francescano:
“L’eccelsa grandezza soprannaturale fu concessa a Maria in ordine a Gesù Cristo; è in lui e mediante lui che Dio le partecipò la pienezza di santità: Maria è Immacolata perché Madre di Dio e divenne Madre di Dio perché Immacolata, afferma scultoreamente Massimiliano Kolbe”.
Ma, seppur l’ottica – lo abbiamo ben compreso – è mariana, seppur – ovviamente – l’intera omelia del 1982, è concentrata tutta sulla figura materna, immacolata, della Madre di Gesù, il pontefice, non vuole trascurare un dato importante: Maria, “strumento” per arrivare a Gesù, centro, fulcro della antropologia cristiana:
“La Concezione Immacolata di Maria manifesta in modo unico e sublime la centralità assoluta e la funzione salvifica universale di Gesù Cristo. “Dalla maternità divina sgorgano tutte le grazie concesse alla santissima Vergine Maria e la prima di esse è l’Immacolata Concezione”. Per questo motivo, Maria non è semplicemente come Eva prima del peccato, ma fu arricchita di una pienezza di grazia incomparabile perché Madre di Cristo, e la Concezione Immacolata fu l’inizio di una prodigiosa espansione senza soste della sua vita soprannaturale.
La circolarità dell’amore, che ha origine dal Padre, e che nella risposta di Maria ritorna alla sua sorgente, è un aspetto caratteristico e fondamentale del pensiero mariano di padre Kolbe. È, questo, un principio che sta alla base della sua antropologia cristiana, della visione della storia e della vita spirituale di ogni uomo. Maria Immacolata è archetipo e pienezza di ogni amore creaturale; il suo amore limpido e intensissimo verso Dio racchiude nella sua perfezione quello fragile e inquinato delle altre creature. La risposta di Maria è quella dell’intera umanità”.
Antonio Tarallo
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