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Linea di San Michele: Haifa, il Monastero 'Stella maris' del Monte Carmelo

di Antonio Tarallo
Credit Foto - carmelholylanddco.org

Siamo in direzione di Haifa, nell’alta Galilea. Quella stessa città, Haifa, che viene citata nel Talmud, come una piccola città contadina. Stiamo continuando il viaggio tra le località della “Linea di San Michele”. Dopo l’Irlanda, la prima tappa, e quella successiva dei due siti italiani in Val di Susa e sul Gargano, ci richiama l’attenzione – in quest’ultima puntata – il famoso Monte Carmelo. Chi di noi non conosce, almeno per “sentito dire”, questo sacro monte? Possiamo ben affermare, in fondo, che proprio in merito a questo luogo, sono tanti i riferimenti che si rifanno a quella che potremmo quasi definire “memoria religiosa collettiva”.

Il Carmelo – che significa “giardino di Dio” – s’innalza in Samaria, a trenta chilometri da Nazareth ed è uno dei luoghi più affascinanti della Palestina.  Ad esempio, quando lo sposo del Cantico dei Cantici vuole esprimere la bellezza della sua sposa,  le parla in questo modo: “Caput tuum ut Carmelus”, “la tua testa è bella come il Carmelo”.   E per approfondire questo sito, prendiamo spunto dalla Parola. Già nel libro dei Re, nel Vecchio Testamento, capiamo subito che ci troviamo di fronte a un luogo sicuramente assai “particolare”.  E’ proprio qui, assieme ad altri importanti nomi di siti religiosi, che la storia dell’Uomo si è da sempre intrecciata con quella di Dio, in maniera tangibile.



“Acab convocò tutti gli Israeliti e radunò i profeti sul monte Carmelo.  Elia si accostò a tutto il popolo e disse: «Fino a quando zoppicherete con i due piedi? Se il Signore è Dio, seguitelo! Se invece lo è Baal, seguite lui!». Il popolo non gli rispose nulla. Elia aggiunse al popolo: «Sono rimasto solo, come profeta del Signore, mentre i profeti di Baal sono quattrocentocinquanta. Dateci due giovenchi; essi se ne scelgano uno, lo squartino e lo pongano sulla legna senza appiccarvi il fuoco. Io preparerò l'altro giovenco e lo porrò sulla legna senza appiccarvi il fuoco. Voi invocherete il nome del vostro dio e io invocherò quello del Signore. La divinità che risponderà concedendo il fuoco è Dio!”
 (1Re 20-23).

Ma non possiamo citare solo questo episodio. Sempre al profeta Elia, è legato questo monte. Primo profeta d'Israele, proprio dimorando qui, e più precisamente in una grotta, ebbe la visione della venuta della Vergine, che si alzava come una piccola nube dalla terra verso il monte, portando la pioggia e salvando Israele dalla siccità. Tutti i mistici cristiani e gli esegeti, hanno visto in questa “poetica” immagine, la Vergine Maria, recante in sé il Verbo divino. Su questa montagna, ci “parla” Maria. E ci “parla” anche quel segno legato a lei, “metafora” di fiorente fecondità per il mondo. Ed è sulla grotta del profeta Elia che si erge il “Monastero carmelitano della Stella Maris”.



La prima fondazione del monastero risale all'epoca bizantina, quando divenne luogo di culto per l’Arcangelo Michele da parte di alcuni eremiti che avevano trovato dimora su questa imponente altura. Col trascorrere del tempo, quegli, assunsero il nome di “Frati della Beata Vergine del Monte Carmelo”. Da questo momento in poi, la storia di questo luogo, s’intreccerà con la storia di quello che diverrà ufficialmente l’“Ordine carmelitano”. Infatti, tra il 1206 e il 1214, il priore, di cui si conosce solo l’iniziale del nome, chiede ad Alberto, il patriarca latino di Gerusalemme, di approvare per gli eremiti, una regola di vita. Sarà proprio grazie a lui, che otterranno di essere accolti ufficialmente come comunità nell’ambito della chiesa locale.

Sarà il preludio al riconoscimento come ordine religioso, che avverrà solo nel XIII secolo. Un libro di pellegrini, scritto verso sempre il 1220, testimonia così la loro presenza: “Sul monte Carmelo vi è un luogo delizioso, in cui vivono eremiti latini, che si chiamano frati del Carmelo. Vi è una piccola chiesa dedicata alla Beata Vergine”.  Era il 1220 circa. Dieci anni dopo, nel 1230, il superiore dei carmelitani, San Simone Stock, testimoniò di aver avuto una visione della Madonna con il famoso Scapolare del Carmelo.  



Un posto che, certamente, abbiamo compreso, non passa – certo – inosservato. Ed è davvero significativo che questo luogo così “mariano”, per i diversi motivi che abbiamo sopracitato, sia lo stesso che chiude la sequela di luoghi legati alla figura dell’Arcangelo Michele. Quasi come fosse a conferma dello stretto legame fra le due “importanti figure”. Unite, loro, da sempre – a partire da quella stessa immagine dell’Apocalisse da cui questo “immaginario viaggio” ha preso vita – per la lotta contro il male.



Antonio Tarallo

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