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Il 2 novembre e le tradizioni

di Mario Scelzo

Spectre è il ventiquattresimo film della serie di 007 e vede per la quarta volta protagonista Daniel Craig nel ruolo dell'agente segreto James Bond. Il film inizia con il nostro eroe a Città del Messico sulle tracce del faccendiere Marco Sciarra. Sparatorie ed inseguimenti (spero abbiate visto il film) avvengono in uno scenario maestoso e surreale, ovvero quello di una festosa e chiassosa manifestazione tra le strade della capitale messicana: figure scheletriche alte più di 10 metri, calaveras (teschi addobbati con fiori dai colori sgargianti), una vera e propria esplosione di colori e gioia di vivere. Ha affermato il regista Sam Mendes che “non c'era niente di più grande di Città del Messico e del Giorno dei Morti come scenario cinematografico di colori, dettagli e vita".

Il “Dia de Los Muertos”, forse la manifestazione più famosa legata al 2 Novembre, ha origini antiche, nella Mesoamerica con gli Aztechi, i Toltechi e altre antiche culture  che consideravano il lutto irrispettoso per il morto. Proprio per questo gli spiriti sono accolti con gioia: sono i membri della famiglia che tornano in mezzo ai vivi una volta all’anno, ed il loro ritorno va adeguatamente celebrato.

Dopo questa breve parentesi latinoamericana, vorrei concentrare, per esigenze di sintesi, la mia attenzione sulle tradizioni regionali italiane legate alla ricorrenza del 2 Novembre. Come vedremo, si tratta di usanze e tradizioni antiche, che mescolano arte e cibo, storia e religione, tutela del territorio e sapienza contadina.

In ​Veneto ad esempio, per scongiurare la tristezza, nel giorno dei morti gli amanti offrono alle promesse spose un sacchetto con dentro fave in pasta frolla colorata, i cosiddetti "Ossi da Morti", ovvero biscotti alle mandorle (o nocciole) di forma ovale, piatti e duri da masticare. In Friuli Venezia Giulia invece è riscontrabile ovunque sul territorio l’usanza di lasciare dei secchi colmi d’acqua per i morti: se ne hanno notizie dal territorio goriziano ma anche da Trieste e l’Istria, nonché dalla provincia di Udine e nel Friuli occidentale. Accanto ai secchi era poi spesso lasciato un lume acceso e del pane o altri alimenti – fortemente simbolici – sulla tavola in modo che i morti, di ritorno per quella notte, potessero ristorarsi.

In Liguria la tradizione vuole che il giorno dei morti si preparino i "bacilli" (fave secche) e i "balletti" (castagne bollite). Tanti anni fa, alla vigilia del giorno dedicato ai morti i bambini si recavano di casa in casa per ricevere il "ben dei morti" (fave, castagne e fichi secchi), poi dicevano le preghiere e i nonni raccontavano storie e leggende paurose.

In Umbria, oltre alla produzione dei dolcetti devozionali a forma di fave, detti "Stinchetti dei Morti" (una variante regionale delle “Ossa di Morti” veneti), si svolge nella prima settimana di Novembre la Fiera dei Morti, una sorta di rituale che simboleggia i cicli della vita. Ne abbiamo le prime tracce storiche fin dall’XI secolo, la Fiera era già una consuetudine a Perugia fin dal 1260, e tutt’oggi rimane un importante appuntamento di aggregazione ed interscambio commerciale per le regioni dell’Italia Centrale.

In Abruzzo, oltre all’usanza di lasciare il tavolo da pranzo apparecchiato, si lasciano dei lumini accesi alla finestra, tanti quante sono le anime care, e i bimbi si mandano a dormire con un cartoccio di fave dolci e confetti come simbolo di legame tra le generazioni passate e quelle presenti.

A Roma la tradizione voleva che, il giorno dei morti, si consumasse il pasto accanto alla tomba di un parente per tenergli compagnia. Altra tradizione romana era una suggestiva cerimonia di suffragio per le anime che avevano trovato la morte nel Tevere. Al calar della sera si andava sulle sponde del fiume al lume delle torce e si celebrava il rito.

In Sicilia il 2 novembre è una festa particolarmente gioiosa per i bambini. Infatti vien fatto loro credere che, se sono stati buoni e hanno pregato per le anime care, i morti torneranno a portar loro dei doni. Quando i fanciulli sono a dormire, i genitori preparano i tradizionali "pupi di zuccaro" (bambole di zucchero), con castagne, cioccolatini e monetine e li nascondono. Al mattino i bimbi iniziano la ricerca, convinti che durante la notte i morti siano usciti dalle tombe per portare i regali.

In Sardegna la mattina del 2 novembre i ragazzi si recano per le piazze e di porta in porta per chiedere delle offerte e ricevono in dono pane fatto in casa, fichi secchi, fave, melagrane, mandorle, uva passa e dolci. La sera della vigilia anche qui si accendono i lumini e si lasciano la tavola apparecchiata e le credenze aperte.

In conclusione, vorrei parlarvi della “Carità dei Morti”, una usanza che troviamo in Emilia-Romagna (Carità di Murt), ma anche nella zona della Valnerina (Marche) ed, in forme leggermente diverse, in molti angoli del Belpaese. Sostanzialmente, tra il 1 ed il 2 Novembre, i poveri andavano di casa in casa a chiedere la carità, ricevendo cibo dalle persone da cui bussavano.

C’è un filo conduttore che riunisce tutte queste usanze, ovvero il non volersi distaccare dalle anime dei defunti. Dolcetti, tradizioni, simbolismi vari che ci aiutano ad avere memoria di coloro che, seppur non più fisicamente presenti da noi, conservano uno spazio privilegiato nei nostri cuori e nei nostri pensieri.

 


Mario Scelzo

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