Il Papa: ospitali con i migranti, è amarli come farebbe Dio
Paolo e i suoi compagni come i tanti migranti di oggi
Paolo e i suoi compagni come i tanti migranti di oggi. Francesco, nella catechesi all’udienza generale, si sofferma sugli Atti degli Apostoli che raccontano del naufragio a Malta, della fede incondizionata di Paolo in Gesù e dell’ospitalità spontanea degli isolani, segno forte e grande dell’amore di Dio. Guardare a quell’episodio è come guardare a quanto accade oggi in mare, quando la disperazione induce ad affrontare le onde e le tempeste ma invece di trovare comprensione, chi sopravvive trova ostilità. (Ascolta il servizio con la voce del Papa)
In tutto il mondo uomini e donne migranti affrontano viaggi rischiosi per sfuggire alla violenza, per sfuggire alla guerra, per sfuggire alla povertà. Come Paolo e i suoi compagni sperimentano l’indifferenza, l’ostilità del deserto, dei fiumi, dei mari… Tante volte non li lasciano sbarcare nei porti. Ma, purtroppo, a volte incontrano anche l’ostilità ben peggiore degli uomini. Sono sfruttati da trafficanti criminali. Oggi! Sono trattati come numeri e come una minaccia da alcuni governanti. Oggi! A volte l’inospitalità li rigetta come un’onda verso la povertà o i pericoli da cui sono fuggiti.
Ospitalità, il tema della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani Francesco ricorda, nella sua catechesi, che il tema scelto dalle comunità di Malta e Gozo per la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani è quello dell’ospitalità che Paolo insieme ai suoi compagni sperimentano a Malta dopo 14 giorni di navigazione. Un viaggio fatto di paura per la forza impetuosa del mare che mette a rischio la vita ma anche di fiducia incondizionata in Dio, Padre amorevole. Nel salvarsi, Paolo e i suoi compagni ricevono dai maltesi testimonianza di “rara umanità”, trovando riparo, cibo, calore. “Manifestano – afferma il Papa – l’amore di Dio in atti concreti di gentilezza”.
L’ospitalità degli isolani maltesi è ripagata dai miracoli di guarigione che Dio opera attraverso Paolo sull’isola. Quindi, se la gente di Malta fu un segno della Provvidenza di Dio per l’Apostolo, anche lui fu testimone dell’amore misericordioso di Dio per loro.
Virtù ecumenica. Essere fratelli in Cristo significa riconoscersi come tali, solo così l’ospitalità diventa “un’importante virtù ecumenica” che non è, sottolinea Francesco, “un atto di generosità a senso unico, perché quando ospitiamo altri cristiani li accogliamo come un dono che ci viene fatto”. E’ questa la grazia dello Spirito Santo, è abbracciare ciò che il Signore compie nelle vite degli altri. A braccio, il Papa ricorda quando in Argentina “un gruppetto di cattolici andava a bruciare le tende” dei missionari evangelisti. “Questo no! Non è cristiano – afferma - siamo fratelli, e dobbiamo fare l’ospitalità l’uno con gli altri”.
Accogliere cristiani di un’altra tradizione significa in primo luogo mostrare l’amore di Dio nei loro confronti, perché sono figli di Dio – fratelli nostri -, e inoltre significa accogliere ciò che Dio ha compiuto nella loro vita. L’ospitalità ecumenica richiede la disponibilità ad ascoltare gli altri cristiani, prestando attenzione alle loro storie personali di fede e alla storia della loro comunità, comunità di fede con un’altra tradizione diversa dalla nostra.
Mostrare l’amore di Dio. Il mare di allora come il mare di oggi: pericoloso, pieno di insidie, rischioso per i viaggi di chi fugge dalla violenza, dalla guerra e dalla povertà. L’ostilità che i migranti ricevono, evidenzia Francesco, si traduce in porti chiusi, in indifferenza e per questo tante persone vengono rigettate verso la povertà ed i pericoli. Così i cristiani sono chiamati a lavorare insieme per diventare “esseri umani migliori, discepoli migliori e un popolo cristiano più unito”.
Noi, come cristiani, dobbiamo lavorare insieme per mostrare ai migranti l’amore di Dio rivelato da Gesù Cristo. Possiamo e dobbiamo testimoniare che non ci sono soltanto l’ostilità e l’indifferenza, ma che ogni persona è preziosa per Dio e amata da Lui. Le divisioni che ancora esistono tra di noi ci impediscono di essere pienamente il segno dell’amore di Dio.
Non restare indifferenti alla povertà e alla discriminazione. Nel salutare i pellegrini in lingua araba, Francesco ha ricordato che “come cristiani non possiamo essere indifferenti di fronte al dramma delle vecchie e nuove povertà, delle solitudini più buie, del disprezzo e della discriminazione”. L’invito è di lavorare insieme, mostrando l’amore di Dio, per “non rimanere insensibili, con il cuore anestetizzato, di fronte alla miseria di tanti innocenti”.
In italiano, il Papa ha salutato, tra gli altri, un folto gruppo di giovani del Movimento dei Focolari e i pellegrini della diocesi di Termoli-Larino in pellegrinaggio per accompagnare le reliquie di san Timoteo che, in occasione della celebrazione della Domenica della Parola di Dio, verranno trasferite dalla Basilica di San Paolo fuori le Mura, dove si trovano dal 18 gennaio.
Benedetta Capelli - Vatican News
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