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L’origine, la storia di “Tu scendi dalle stelle”

Notte di Natale, 1890. Casa Giuseppe Verdi, a Genova, in Palazzo Doria

di Antonio Tarallo
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Notte di Natale, 1890. Casa Giuseppe Verdi, a Genova, in Palazzo Doria. L’ “orso”, così era chiamato il famoso compositore, ha appena partecipato alla Messa di Natale assieme alla compagna, il soprano Giuseppina Strepponi, e se l’ha fatto è stato – molto probabilmente –   per “renderla contenta”, visto che la fede, la religione, non sono mai stati tanto nelle corde del compositore bussetano. Eppure, quella sera, c’è stato un canto che ha commosso il “vecchio orso”, tanto a muoverlo a porgere i suoi “preziosi complimenti” al coro di ragazzi che aveva animato la messa, “per aver eseguito con bella intonazione quella tradizionale canzone sacra, che era “Tu scendi dalle stelle”, senza la quale Natale non è Natale”. E il maestro, non aveva certo tutti i torti. Non possiamo sapere su l’intonazione, seppur credo che sia proprio il caso di fidarci, ma piuttosto sulla considerazione “storica” che rimane – ancora oggi, a distanza di tempo – una realtà che conosciamo bene: non è Natale, senza “Tu scendi dalle stelle”.


La canzone ha origini antichissime. Infatti, il testo che tutti – più o meno – conosciamo, deriva da un motivo scritto nel dicembre 1754, dal titolo "Quanno nascette Ninno" (chiamato anche con il nome "Pastorale") il cui autore era stato addirittura Sant’Alfonso Maria de’ Liquori. Fu scritto in lingua napoletana. E fu una grande novità per l’epoca: il primo testo di un canto religioso, scritto in lingua partenopea. In origine, il canto si chiamava “Per la nascita di Gesù”, così fu pubblicato  nel 1816. Pare che "Quanno nascette ninno" fu elaborata quando Sant’Alfonso, ridotto allo stremo delle forze, sollecitato dai superiori trascorse un periodo di riposo nel convento di Santa Maria de’ Monti a Scala, vicino Ravello.


Nel corso di una delle sue missioni, nel 1754, Sant’Alfonso, stava predicando a Nola, in provincia di Napoli. Era ospite di un sacerdote del luogo, don Michele  Zamparelli. Il santo, proprio in quel luogo, volle comporre un nuovo inno natalizio, a poche ore prima della Santa Messa di Natale. Erano loro due, in una stanza, e praticamente il nuovo canto, “Pastorale”, fu scritto in presenza dello stesso don Zamparelli che fu il primo, in assoluto, ad ascoltare la poesia-canzone. Il sacerdote, emozionato dell’evento, chiese subito al Santo di poterla copiare. Il Santo però si oppose, volendola prima farla stampare. Poco dopo, il Santo scese per celebrare la Messa di Natale, lasciando i fogli del componimento in vista. Don Michele, li copiò e nascose i preziosi foglietti nelle sue tasche. Aveva conquistato l’ambizioso traguardo. Ora, anche lui, poteva andare a concelebrare. E fu in questo momento che accadde un episodio assai divertente. Sant’Alfonso era proprio nel momento di cantare quel canto che aveva composto poco prima, quando…proprio sul più bello…gli mancarono le parole. Ma si sa, i Santi conoscono tutto e, allora, mandò un chierichetto a chiedere a don Zamparelli “quei fogli che stavano nel suo taschino”. La chiesa, allora, fu “riempita”, finalmente, dalle note della nuovo canto sacro. Era nata quella che noi oggi cantiamo come “Tu scendi dalle stelle”.

Il testo del canto, è costituito da strofe di sette versi ciascuna, eccetto alcune, irregolari. E’ una “perla” poetica-religiosa, non c’è dubbio. La lingua usata, lo stile, la scelta delle parole, davvero lasciano incantato qualsiasi ascoltatore. E noi, ascoltando questo, non possiamo che essere catapultati nella “notte santa”. Un accenno alle prime strofe, è doveroso. Subito, ci fanno entrare nell’atmosfera :

“Quanno nascette Ninno a Bettlemme/ Era nott'e pareva miezo juorno./ Maje le Stelle - lustre e belle Se vedetteno accossí:/ E a cchiù lucente/ Jett'a chiammà li Magge all'Uriente./ De pressa se scetajeno l'aucielle/ Cantanno de na forma tutta nova:/ Pe 'nsí agrille - co li strille,/  E zombanno a ccà e a llà;/ È nato, è nato,/ Decevano, lo Dio, che nc'à criato”.

E’ la natura che parla, e questo passo – davvero – sembra ricordarci quelli del francescano “Cantico delle Creature”. Ecco – addirittura –  gli uccelli cantare in una forma “tutta nova”, alla nascita del Salvatore. E’ pura teologia, in poesia e musica.



Antonio Tarallo

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