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La patena e il calice. Storia e origini dei due importanti “oggetti” sacri

di Antonio Tarallo
Credit Foto - it.zenit.org

Vengono recati ... all'altare, talvolta in processione, il pane e il vino che saranno offerti dal sacerdote in nome di Cristo nel sacrificio eucaristico, nel quale diventeranno il suo Corpo e il suo Sangue. È il gesto stesso di Cristo nell'ultima Cena, quando prese il pane e il calice. Soltanto la Chiesa può offrire al Creatore questa oblazione pura, offrendogli con rendimento di grazie ciò che proviene dalla sua creazione" (Ireneo di Lione, Adversus haereses).

La presentazione delle oblate all'altare assume il gesto di Melchisedec e pone i doni del Creatore nelle mani di Cristo. È lui che, nel proprio Sacrificio, porta alla perfezione tutti i tentativi umani di offrire sacrifici”.

Recita, così, ufficialmente, il Catechismo della Chiesa cattolica, e stiamo parlando del momento più alto, più profondo, più “misterioso” – mi sia passato il termine – del rito della Santa Messa: è la celebrazione dell’Eucarestia. Il memoriale dell’Ultima Cena di Cristo. E proprio in questo frangente, rimane – certo – indelebile, l’eco delle parole del sacerdote: “Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a te, Dio, Padre onnipotente, nell'unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria, per tutti i secoli dei secoli”.

Nel dire ciò, il sacerdote innalza due “oggetti” ben visibili, li innalza a Dio, e così facendo, li mostra al “popolo dei fedeli”, a tutta l’assemblea. Sono la patena e il calice. Cerchiamo, allora, di delineare meglio il loro significato, le loro origini.

La patena

Definizione del dizionario Treccani, l’“emblema” dei dizionari della nostra lingua italiana: “Patèna sostantivo femminile, dal lat. patĕna, variante di patĭna; piattello di oro, argento o metallo dorato, a largo orlo, usato per coprire il calice e per deporvi l’Ostia prima e dopo la consacrazione durante la celebrazione della messa”. Il “piatto”, dunque, ricorda lo stesso dell’Ultima Cena del Signore.

La sua origine è collegata al vasellame domestico, come suggerito anche dall'etimologia del suo nome. La patena è, normalmente, di argento dorato o d'oro, di forma circolare con un diametro di circa 15 - 20 centimetri. Anticamente erano usati anche il vetro, l'avorio, l'onice, l'alabastro, il cristallo di rocca.

Una curiosità: eventuali scritte e cesellature, sono consentite solo nella faccia inferiore o esterna. E’ stabilito ciò per impedire che frammenti di ostia possano restarvi imprigionate.

Il calice, nella Sacra Scrittura

Alzerò il calice della salvezza e invocherò il nome del Signore”, salmo 115. Così semplici questi versetti, eppure così profondamente teologici. Si parla di uno degli “oggetti liturgici” (questo il nome ufficiale, secondo la prassi della Messa) più famoso, e – in una certa misura – più nominato nelle Sacre Scritture.

Se ci pensiamo bene, possiamo trovare tre accezioni di calice, nel “mondo biblico”: calice della comunione, calice dell'ira, calice di salvezza. I passi delle Scritture sono tanti, infatti: possiamo passare dal salmo 16 (“Il Signore è mia parte di eredità e mio calice: nelle tue mani è la mia vita”) al libro di Geremia (“Così mi disse il Signore, Dio d’Israele: «Prendi dalla mia mano questa coppa di vino della mia ira e falla bere a tutte le nazioni alle quali ti invio»”, Geremia 25,15); da Isaia 51,17 (“Svegliati, svegliati, alzati, Gerusalemme, che hai bevuto dalla mano del Signore il calice della sua ira; la coppa, il calice della vertigine, hai bevuto, l’hai vuotata”) allo stesso salmo 115, nominato prima.

Il calice, nella storia della Liturgia

Il calice fu utilizzato fin dai primi tempi del Cristianesimo per consacrare il vino durante la liturgia eucaristica. Bisogna ricordare che i primi luoghi di culto erano ambienti comuni, case private, e – dunque – la sua origine fu certamente legata all'ordinaria suppellettile domestica, senza particolari prescrizioni riguardo alla materia o alla forma.

Non esistono calici di sicuro uso liturgico anteriori al VI secolo. Nel museo di arte sacra a Feltre (Belluno), è conservato il calice del diacono Orso, risalente al VI. Questo, è uno degli esemplari più antichi conosciuti in Occidente.

Cosa dice la normativa liturgica?

La “Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti” della Santa Sede, nel 2005, ha redatto una “Istruzione” proprio in merito agli oggetti liturgici che devono servire per l’atto di consacrazione dell’ostia e del vino, durante la Messa.

Nel documento “Redemptionis Sacramentum”, leggiamo alcune dettagliate disposizioni riguardo il materiale della patena e del calice. “I vasi sacri destinati ad accogliere il Corpo e il Sangue del Signore, siano rigorosamente foggiati a norma di tradizione e dei libri liturgici. (…) Si richiede strettamente che tali materiali siano davvero nobili secondo il comune giudizio di ciascuna regione, di modo che con il loro uso si renda onore al Signore e si eviti completamente il rischio di sminuire agli occhi dei fedeli la dottrina della presenza reale di Cristo nelle specie eucaristiche. È pertanto riprovevole qualunque uso, per il quale ci si serva nella celebrazione della Messa di vasi comuni o piuttosto scadenti quanto alla qualità o privi di qualsiasi valore artistico, ovvero di semplici cestini o altri vasi in vetro, argilla, creta o altro materiale facilmente frangibile. Ciò vale anche per i metalli e altri materiali facili ad alterarsi”.


Antonio Tarallo

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