La storia della tavoletta della Croce, il “Titulus crucis”
di Antonio Tarallo“Pilato intanto fece scrivere anche il titolo, che diceva la causa della condanna, e lo fece porre sulla croce. Vi era scritto: ‘Gesù Nazareno, Re dei Giudei’. Or molti dei Giudei lessero quest’iscrizione, essendo il luogo dove fu crocifisso Gesù, vicino alla città. Ed era scritto in ebraico, in latino e in greco. Dissero dunque i grandi Sacerdoti dei Giudei a Pilato: ‘Non scrivere: Re dei Giudei; ma che egli ha detto: Io sono il re dei Giudei’. Rispose Pilato: ‘Quel che ho scritto, ho scritto’”.
E’ l’Evangelista Giovanni, nel capitolo 19, versi 19-21. Passaggio struggente, carico di pathos. Siamo di fronte all’attimo supremo di Gesù Cristo: oltre alla derisione e spartizione delle vesti, oltre al carnefice supplizio per mano dei Romani, anche questa ulteriore derisione è stata inflitta al Figlio di Dio.
“Quel che ho scritto, ho scritto”, lapidaria formula di Pilato per rispondere ai Giudei alla loro contestazione. E così rimase: “Gesù Nazareno, Re dei Giudei”. La condanna posta sopra una tavoletta di legno, da porre sulla croce. E, sempre al ritrovamento della croce, è legata la storia della reliquia del “Titulus Crucis”, la reliquia della famosa tavoletta.
Ancora una volta dobbiamo fare il nome della madre di Costantino, Sant’Elena. Una reliquia importantissima, senza dubbio, della quale ne resta solo una parte, e della quale è molto difficile provare la sua autenticità, anche se – come vedremo più avanti – ci sono alcuni importanti indizi che rendono assai difficile poterla considerare un “falso storico”.
Il “Titulus Crucis” si trova a Roma, nella Basilica di Santa Croce in Gerusalemme, dov’era l’antico palazzo dell’imperatrice Elena e dove sono conservate altre importanti reliquie della Passione. Tra il 1484 e il 1493 il cardinal Mendoza sottopose la chiesa della Santa Croce al restauro del coro, del soffitto, (ormai perso) e dell’affresco dell’abside.
Durante questi lavori, quando gli operai si trovarono alla sommità dell’arco trionfale, trovarono – con grande sorpresa, come attesta il “Diario della città di Roma” del 1492 – una nicchia. Dentro questa, vi era una scatola di piombo, e sopra questa, una tabella di terracotta, con la scritta “TITULUS CRUCIS”, così in stampatello.
Nella scatola si trovò la famosa tavoletta dalla grandezza di un palmo. La tavoletta reca una parte dell'iscrizione nelle tre lingue (ebraico, greco e latino). Anche i testi in latino e greco sono scritti, da destra a sinistra, come per l'ebraico. Nel testo latino è riportata la versione "Nazarinus" anziché "Nazarenus". Il testo inscritto nel famoso legno, non sembra corrispondere esattamente a nessuno di quelli dei quattro vangeli. E proprio questo, quasi per ossimoro, è stato considerato come indizio di autenticità, in base al ragionamento che difficilmente un falsario avrebbe introdotto tali particolarità.
Ma passiamo la parola a una testimonianza importante che conferma l’esistenza del “Titulus” a Gerusalemme. E’ la pellegrina Egeria, che nel 383 presenziò al rito della venerazione del Titulus: “(…) Viene portata una cassetta argentea dorata, nella quale c’è il santo legno della croce, viene aperta e tirato fuori, viene posto sulla tavola sia il legno della croce che il titolo”.
Altra testimonianza, sempre in merito a una tavoletta di legno in Gerusalemme, ce la offre Antonino da Piacenza, che nel 570 scrive: “Dal Golgota fino a dove fu ritrovata la croce sono cinquanta passi. Nella basilica adiacente di Costantino presso il monumento o Golgota, nell’atrio della basilica medesima, vi è una stanza, dove si trova custodito/nascosto il legno della croce, che abbiamo adorato e baciato.
Anche il titolo infatti, che era stato posto presso il capo del Signore, sul quale sta scritto: “Costui è il re dei Giudei”, vidi, tenni nella mia mano e baciai. Il legno della croce è di noce”. Ancora oggi – necessario precisare per “verità storica” – rimane un “caso aperto” l’autenticità o meno della tavoletta della basilica romana di Santa Croce in Gerusalemme.
Diversi esami, tra cui il carbonio 14 (per intenderci lo stesso esame fatto per la Sacra Sindone), sembrano esseri discordanti. Alcuni studiosi tendono per la tesi della autenticità della tavoletta in legno, altri parlano di un falso medioevale.
Come sempre, spetta a noi dare credito all’una o all’altra ipotesi, grazie all’intelligenza della Fede.
Antonio Tarallo
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