Lo Sri Lanka e Sant'Antonio da Padova
di Raffaele Iaria
«La Chiesa cattolica nel corso del suo momento più oscuro di persecuzioni nello Sri Lanka è determinata ad essere sempre ferma nel mandato missionario dato da nostro Signore e a credere nella Sua promessa : ‘Io sarò con voi fino alla fine dei secoli’», ha detto il 1 maggio scorso mons. Harold Anthony, Vescovo di Kurunegala e Presidente della Commissione Episcopale per i migranti dello Sri Lanka in una solenne liturgia nel santuario di Sant’Antonio da Padova in occasione del ventiduesimo anniversario del pellegrinaggio che i srilankesi che vivono in Italia compiono ogni anno. Una devozione molto forte quella di questo popolo verso il santo padovano.
Sono infatti migliaia i pellegrini di questo paese asiatico che continuano a visitare il santuario italiano ma anche quello sull’isola di Katchatheevu, tra India e Sri Lanka. Tantissimi quelli che affermano di ricevere, dopo il pellegrinaggio, benedizioni miracolose di ogni genere. Una devozione che va oltre la fede: migliaia i srilankesi, devoti di tutte le fedi, che si recano in pellegrinaggio al santuario di Colombo dove recentemente è stato anche inaugurato un museo con alcune reliquie donate alla Chiesa dello Sri Lanka dai frati di Padova. I srilankesi in Italia, in uno di questo pellegrinaggi in Italia hanno incoronato la statua del santo con una corona d'oro di 112 pietre preziose dello Sri Lanka donati dai fedeli devoti a Kochchikade.
Quest’anno la preghiera e il pensiero delle migliaia di devoti a Padova è andato soprattutto alla loro patria e a Colombo, colpite duramente dai gravissimi attentati terroristici di Pasqua. Con loro il vescovo di Kurunegala e l’ambasciatore srilankese in Italia, Daya Palpola. Durante la celebrazione il presule srilankese ha sottolineato la necessità di una solenne preghiera di intercessione per la Comunità cristiana perseguitata nello Sri Lanka e per le Messe interrotte nell’isola. Ha inoltre apprezzato la coraggiosa gestione del cardinale Malcolm Ranjith, Arcivescovo di Colombo durante questa situazione difficile. Mons. Neville Joe Perera, il coordinatore Migrantes per la pastorale dei cattolici srilankesi in Italia ha espresso le sue condoglianze agli afflitti dello Sri Lanka e ha assicurato il pieno appoggio degli italiani nella ricostruzione delle chiese distrutte e la vicinanza sia spirituale che materiale a coloro che ne sono stati particolarmente colpiti. Uno dei momenti principali della celeberzione, oltre alla processione, è stato la venerazione della Reliquia di Sant’Antonio da Padova.
«Questo evento visto dal punto di vista della fede si è rivelato essere una meravigliosa opportunità per i cattolici che vivono in Italia per recitare una profonda preghiera di intercessione per la Chiesa colpita nello Sri Lanka», ha scritto il sacerdote Anton Dinesh, vice Cappellano nella Comunità dell’Infernetto a Roma. In Italia i srilankesi sono presenti da oltre trent’anni. Una comunità attiva e anche molto integrata (150 mila i srilankesi oggi in Italia, il 75% cattolici) che in questi periodo hanno visto tornare sui loro volti lacrime di dolore e di amarezza per le stragi che nei giorni di Pasqua hanno coinvolto il loro Paese con centinaia di morti. «Avevano iniziato la loro domenica e la loro festa di Pasqua poi finita in tragedia, con la preghiera», spiega mons. Perera. Alcune famiglie hanno perso negli attentati parenti e amici che erano andati in Chiesa per partecipare alle liturgie eucaristiche delle festività pasquali. Si sentono “persi”: ormai “non si può andare neanche in chiesa per pregare”, dice una giovane cingalese nata in Italia ma figlia di cittadini dello Srilanka. Nei loro visi oggi si legge dolore ma anche tanta amarezza: “è devastante pensare che si può morire mentre si prega”. I video di quello che è avvenuto a Colombo e nelle altre città colpite dagli attentati sono veramente da “brivido”: è “difficile comprendere quello che è accaduto.
Come possiamo festeggiare? dicono alcuni che hanno voluto essere presenti il 25 aprile scorso alla Grotta della rivelazione al santuario della Tre Fontane a Roma luogo di incontro e di preghiera per le comunità cattoliche srilankesi di Roma e del Lazio. Un momento “toccante” con circa 2000 srilankesi che ha “visto la comunità unita”, spiega mons. Perera, responsabile anche della Chiesa di Santa Maria dei Pellegrini all’Infernetto di Roma. “Occorre gettare semi di pace”, ha detto il vescovo delegato Migrantes della Conferenza Episcopale del Lazio (nominato lo scorso 6 maggio arcivescovo di Siena-Colle Val d’Elsa-Montalicino) che ha portato un saluto ai fedeli lì riuniti. Negli attentati è morta anche una donna residente a Catania e che si era recata nel suo paese per le festività di pasquali. «Era andata in vacanza per trovare i parenti e poi proseguire per l'Australia dove viveva sua figlia, invece è morta da innocente, spiega Kanthi Rathugamage, amica della donna: - “doveva stare solo una settimana, prima di partire per lo Sri Lanka aveva salutato tutta la comunità e anche il nostro cappellano nella chiesa di Santa Maria dell'Ogninella dove abitualmente ci riuniamo. Era felice ed entusiasta di tornare nel suo paese. Siamo tutti addolorati, pregheremo per la sua anima, per il marito e per la figlia: tutta la comunità catanese starà vicino a loro in questo momento cosi tragico».
La comunità cingalese di Catania, con una processione che ha attraversato il centro storico, ha voluto stringersi intorno al dolore per la scomparsa di Haysinth nei giorni scorsi cin una grande partecipazione della comunità e di numerosi concittadini che si sono radunati nella Chiesa di Santa Maria dell’Ogninella. La processione è stata promossa dall’Ufficio Pastorale Migrantes della Diocesi di Catania, diretto dal diacono Giuseppe Cannizzo in collaborazione con le associazioni cingalesi etnee. La paura che possano ritornare nuovi scontri, tra i srilanìkesi in Italia è molto alta. «E’ come se fosse ritornato l’incubo della guerra civile”, dice Riccardo, nato in Italia e figlio di srilankesi. Attentati questi – gli fa eco un altro giovane, che “non aiutano e sono indice di preoccupazione per il nostro Paese. “Questo ennesimo fiume di sangue ci responsabilizza a chiedere con insistenza la venuta del Regno e a divenire operatori di pace e di giustizia», ha scritto l’arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice, in un messaggio a p. Sergio Natoli che per la Migrantes diocesana segue i cattolici tamil e cingalesi e le atre comunità etniche che vivono a Palermo: una comunità di oltre 6000 persone molte delle quali di religione cattolica.
«La ricorrenza della santa Pasqua che doveva essere un momento gioioso e di preghiera – ci spiega p. Peter Rajanayagam, cappellano dei tamil - si è trasformata in una giornata di dolore, di sofferenza e di paura a causa di questi attentati terroristici che hanno scosso l'intera isola dello Sri Lanka e l'opinione pubblica del mondo». «Sono stati sicuramente momenti scioccanti per tutti – aggiunge Ferdinando Priyantha, responsabile della comunità a Torino dal 1994 in Italia: “lo sgomento e la paura in questi giorni si associano al dolore e anche alla rabbia per quanto accaduto».
Si chiamava Haysinth Rupasingha, la donna morta nella chiesa di San Sebastiano a Katuwapitiya nella provincia di Negombo durante gli attentati in alcune chiese dello SriLanka. La donna si trovava nello Sri Lanka per trascorrere le vacanze pasquali per l'Australia dove avrebbe dovuto incontrare la figlia, fa sapere l’Ufficio Migrantes diocesano di Catania, guidato dal Giuseppe Cannizzo. La donna, viveva a Catania dagli anni 90, era sposata, il marito faceva il domestico, aveva una sola figlia. Persone perbene, onesti lavoratori sempre pronti a dare la propria disponibilità, partecipavano attivamente alle celebrazioni religiose cattoliche presso la Chiesa di Santa Maria dell'Ogninella a Catania, punto di riferimento per tutta la comunità srilankese. Queste le parole di chi conosceva la coppia ricordata con un momento di preghiera nella chiesa di Santa Maria dell'Ogninella guidato dal Vicario di Catania, Mons. Salvatore Genchi, insieme al cappellano srilankese Michael Cansius Perera e al direttore della Migrantes etnea. Famiglia Cristiana
Raffaele Iaria
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