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Madrid. Turkson: non si ama Dio se si distrugge la natura che ha creato

Il porporato all'incontro 'Pace senza confini' ha contribuito al dibattito sulle emergenze ambientali

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Era il Seicento quando Miguel de Cervantes faceva dire a uno dei suoi personaggi nella commedia “La casa de los celos”: «Darai al buon ordinamento della natura ciò che gli è dovuto». Le parole del padre di “Don Chisciotte” sembrano quasi riecheggiare nell’istituto della cultura spagnola che nel cuore di Madrid porta il suo nome. Una «casa della parola» lo definisce Teresa Ribera, ministro iberico della transizione ecologica, aprendo la tavola rotonda su “ecologia e destino comune”. È l’appuntamento di questa mattina ispirato all’enciclica Laudato si’ che la Comunità di Sant’Egidio ha inserito nell’incontro internazionale “Pace senza confini” ospitato dalla capitale spagnola. Un dibattito sulle emergenze ambientali che interpellano le fedi e le uniscono nella ricerca di una risposta (e di mobilitazione) collettiva. Perché «non si può amare Dio e distruggere ciò che ha creato, ossia l’essere umano e il nostro pianeta», spiega il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, presidente del Dicastero per la promozione dello sviluppo umano integrale.

Per riassumere il documento “verde” di Francesco consegna al folto pubblico (non tutti riescono a entrare nella sala) sette concetti che iniziano per “c”: continuità, ossia il testo «si inserisce sulla scia del magistero attento all’ambiente dei precedenti Pontefici»; collegialità, dal momento che vengono «richiamati i contributi di numerose Conferenze episcopali nazionali» e ciò implica che «ciascuno è chiamato a promuovere l’enciclica»; conversazione, in quanto «è con il dialogo, con la collaborazione che si affrontano le sfide contemporanee», afferma Turkson; cura della casa comune che «è un impegno le cui radici affondano nella Bibbia»; conversione, vale a dire la necessità di «un cambio di mentalità e di nuovi stili di vita»; cittadinanza che si traduce in «un’educazione all’ambiente»; e contemplazione perché «la vera ecologia ci consente di contemplare il Creatore».

A introdurre i lavori è il vescovo di Frosinone-Veroli-Ferentino, Ambrogio Spreafico, presidente della Commissione episcopale Cei per l'ecumenismo e il dialogo. «Sono qui in quanto pastore di uno degli oltre cinquanta siti italiani da bonificare», dice. Il riferimento è alla Valle del Sacco, marchiata da inquinamento industriale e rifiuti tossici, «dove hanno prevalso l’egoismo e un atteggiamento predatorio», sottolinea il vescovo. E aggiunge: «Come uomini di fede dobbiamo essere protagonisti di armonia contro il caos che sembra prevalere e che significa guerre, lotte, distruzione». Poi ricorda che non si è padroni del Creato. «La creazione - avverte - non si conclude con l’uomo, ma con il riposo che implica attenzione a ciò che Dio ci ha donato». La crisi ecologia supera ogni barriera religiosa. «Il Corano afferma con forza che la natura va salvaguardata», spiega Nahla el Seidy dell’Università egiziana di Al Azhar. E l’iraniano Seyed Abolhassan Navab, presidente dell’Università delle religioni, sprona: «Le fedi sono chiamate a ritrovarsi attorno a questo obiettivo condiviso». L’induista Sadhvi Bhagawati Saraswati sollecita a «diventare tutti strumenti di sostenibilità ambientale». E dal vescovo luterano Heinrich Bedford-Strohm, presidente del Consiglio delle Chiese evangeliche in Germania, giunge l’invito a «riorientare la società» anche attraverso il contributo decisivo delle Chiese «che non cercano consensi come i politici e quindi hanno la capacità di guardare lontano». Come testimonia la Laudato si’.

Giacomo Gambassi - Avvenire



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