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Mumbai, inaugurata la prima casa della Misericordia

Il monumento nasce in risposta all'appello di papa Bergoglio durante il Giubileo straordinario del 2016

Un luogo di attività e d’incontro per “il dialogo interreligioso, lo scambio di idee su una piattaforma comune, il servizio ai malati, l’accoglienza dei volontari internazionali. E – perché no? – magari in futuro, anche la nuova casa regionale del Pime”. È tutto ciò che si propone di essere la prima “Casa della Misericordia” del Pime, inaugurata lo scorso 9 febbraio a Taloja, a pochi chilometri da Mumbai. Il centro, spiega ad AsiaNews p. Rayarala Vijay Kumar, superiore regionale del Pontificio istituto missioni estere in India, “sarà il luogo in cui il Pime potrà organizzare e coordinare molte altre opere a vantaggio degli ultimi e dei più poveri della società. Qui vogliamo mostrare il volto misericordioso del Padre che è buono e generoso con tutti, a prescindere dal credo e dalla casta”.

La nuova struttura è una costruzione a due piani, composta da 24 stanze doppie (per 48 ospiti in tutto) e un grande salone al piano terra. La cerimonia d’inaugurazione e benedizione si è svolta alla presenza di quasi 500 persone, tra le quali molti amici, volontari e dipendenti delle strutture fondate dai sacerdoti. La messa è stata presieduta da p. Ferruccio Brambillasca, superiore generale del Pime, che ha ricordato come il nuovo centro nasca “in risposta all’invito di papa Francesco che nel 2016, durante il Giubileo straordinario della Misericordia, ha chiesto a tutti noi cristiani di dare vita a Monumenti di misericordia”.

Insieme al superiore, anche p. Carlo Torriani, missionario italiano, che è una sorta d’istituzione tra la gente del villaggio. Missionario in India fin dal 1969, oggi è in “pensione” ma non smette di viaggiare avanti e indietro dall’Italia per continuare a servire i suoi indiani. Egli è stato tra i primi a rendersi conto dell’urgenza di curare la popolazione affetta dalla lebbra e assistere i bisognosi. Dai suoi sforzi sono nati la “Lok Seva Sangam” (Lss, Società per il servizio del popolo), un’associazione che opera nelle baraccopoli della metropoli e oggi è diretta da laici indiani, lo “Swarga Dwar”(Porta del cielo), un dispensario per i lebbrosi, e la cappella-ashram “Shanthi Sangam”, una sala interreligiosa per il ritiro e la preghiera.

Adesso, racconta p. Torriani, “c’è anche questo nuovo centro. Si trova nello stesso compound dello Swarga Dwar. Abbiamo voluto apposta che fosse così, per consentire un contatto più diretto con i malati”. Proprio per questo, interviene p. Rayarala, “nella nuova struttura manca la cucina. Malati e sani mangeranno insieme nel refettorio del lebbrosario. Lo stesso varrà per le gerarchie ecclesiastiche che verranno qui e tutti gli ospiti che accoglieremo, anche per il superiore regionale: se si dovesse decidere di trasferire qui la sede, egli non sarà solo un manager del Pime, ma un manager che vive in mezzo alla realtà”. Questa sorta di convivenza forzata, spiega il sacerdote, “vuole offrire l’occasione perfetta per condividere davvero la nostra vita con i malati, non solo a parole, ma nei fatti. Sarà un luogo di preghiera e spiritualità per quelle persone che sono alla ricerca della verità e vogliono offrire il loro tempo, lavoro e energie ai settori più emarginati della società. Qui non ci sarà una preghiera astratta, ma una condivisione reale della quotidianità”.

La Pime Mercy Home “vuole essere un ponte” tra le religioni e per far conoscere le condizioni di vita dei lebbrosi e abbattere allo stesso tempo la diffidenza che circonda i malati del morbo di Hansen. “Chi viene da fuori non conosce questa realtà. Vogliamo suscitare in loro delle domande. In molti credono che i malati siano contagiosi e si stupiscono del fatto che mangiamo insieme con loro”. Allo stesso tempo, evidenzia, “chi ci vede, comprende che non stiamo lavorando per fare proselitismo e convertire la gente, ma per l’umanità. Lo Swarga Dwar è un simbolo della religione cristiana che, come ogni religione, promuove la pace”. Da ultimo, p. Torriani sottolinea: “Se si ha la possibilità di vedere e toccare con mano la sofferenza, si inizia a comprendere di più anche il dolore della segregazione e dell’emarginazione. E questo è molto importante in India per superare la divisione delle caste. Speriamo che la gente inizierà a imitarci. Potremo essere la goccia silenziosa che scava la roccia”. [AsiaNews]



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