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Parroco di Gaza: la gioia del Natale, più forte di muri e divieti

1000 richieste da parte dei cristiani della Striscia, Israele per il momento ne ha concessi 55

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A fronte di mille richieste avanzate dai cristiani della Striscia “ieri è arrivata la notizia del rilascio di 55 permessi” di uscita, a conferma di un (parziale) ritiro da parte di Israele del divieto di visitare i luoghi santi, fra cui Gerusalemme e Betlemme. È quanto afferma ad AsiaNews il parroco di Gaza p. Gabriel Romanelli, sacerdote argentino del Verbo incarnato, confermando l’annuncio dato ieri dalle autorità israeliane di un allentamento delle restrizioni. “Questa notte - prosegue - hanno detto che ne rilasceranno di più, senza fare distinzioni di età o sesso”.

Sul numero finale vi è ancora incertezza e nuove autorizzazioni sono legate a “questioni di sicurezza”, ma la speranza è che “siano numerosi. Finora lo hanno ottenuto diversi anziani, tre minorenni di un’unica famiglia e alcuni adulti. Vediamo che succederà nelle prossime ore”.

Quella dei cristiani della Striscia, racconta p. Gabriel, è “una condizione di iper-surrealismo: un migliaio di persone, di cui 117 sono cattolici, a fronte di una popolazione complessiva di 2,3 milioni”. Una realtà in cui “non vi è possibilità di muoversi, di guerra perenne, dove manca anche l’elettricità. Tuttavia, nonostante le difficoltà è assai viva” come confermato dallo stesso amministratore apostolico nel contesto di una recente visita.

“In questo momento - racconta il sacerdote - si sente il rumore festoso degli studenti che hanno concluso gli esami e giocano nei cortili della parrocchia”. Nella Striscia vi sono tre scuole cattoliche che ospitano 2300 alunni, in larga maggioranza musulmani così come i professori; i cristiani sono 200. “Anche i musulmani - prosegue - amano essere educati nelle scuole cattoliche, al cui interno vi è un bellissimo rapporto”.

Agli istituti si affiancano il dispensario Caritas, le case delle suore e altri centri dedicati alla caritativa. “Le scuole - racconta p. Gabriel - sono una realtà assai vivace, al loro interno non si fa politica ma si rispetta l’identità religiosa di ciascuno mettendo al centro valori e veri diritti umani, in un clima sereno” a dispetto della situazione esterna.

La Striscia di Gaza è stata più volte definita in passato la più grande prigione a cielo aperto al mondo: al suo interno due milioni di persone vivono sotto la soglia della sopravvivenza, disoccupazione al 60%, povertà all’80%. E lo stesso vale per le famiglie cristiane, circa 300 in tutta la Striscia, il 34% delle quali senza fonte di reddito alcuna.

Per la visita di mons. Pizzaballa “abbiamo preparato una festa” assieme a una “raccolta di abiti che ha coinvolto giovani scout cattolici e ortodossi, poi distribuiti nei quartieri poveri. A questo abbiamo unito la visita ai malati, la messa solenne con 12 prime comunioni e quattro cresime, un numero alto se raffrontato al totale dei cattolici. Qui tutti i nuovi nati sono battezzati, la fede ha un valore profondo e identitario a differenza di quanto avviene in altre parti. Penso anche solo a Buenos Aires, la mia città, dove il numero dei non battezzati è enorme”.

In un contesto difficile, sottolinea il sacerdote, “la ragione della speranza viene dal Signore: qui non ci sono monti verso i quali alzare gli occhi, però davvero ogni sguardo è rivolto al cielo, da dove viene ogni aiuto come recita il salmo”. Aiuto e conforto “non vengono dal mare, non vengono dai muri, la salvezza non viene dai tunnel. Io cerco di insegnare a guardare verso l’alto, non come una fuga ma andando nella direzione del Signore della storia. Proponiamo ogni giorno l’adorazione del santissimo, il mese scorso abbiamo pregato 40 ore il Rosario per la pace e la giustizia”.

Vi sono poi progetti come lo studio dell’inglese o l’informatica, “senza pensare troppo al futuro, ma valorizzando il presente puntando sull’educazione spirituale e umana” per contrastare i mali endemici “in primis la disoccupazione che tocca punte del 70% fra i giovani. Un’area in cui lo spopolamento è fortissimo, visto che anche fra i musulmani solo nell’ultimo anno sono fuggite 25mila persone utilizzando il valico di Rafat”.

In conclusione, il sacerdote vuole rivolgere tre richieste alla Chiesa mondiale e ai cattolici di tutto il mondo: “La prima è di pregare per noi, soprattutto il Rosario alla Madonna per la pace e la giustizia; secondo, di far conoscere la nostra situazione e continuare a parlarne in modo chiaro, giusto ed equilibrato, per il bene di tutti. Come diceva Giovanni Paolo II, la pace nel Medio oriente e nel mondo passa da qui, da Gerusalemme, dalla Terra Santa; infine, aiutarci sotto il profilo materiale creando opportunità di lavoro e contrastando l’esodo: non dimentichiamoci che Gaza è anche oggetto di un embargo economico, oltre che politico e militare”.

Asianews.it



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