Pedofilia, l'opinione dei giornalisti Vaticanisti
Giansoldati, Il Messaggero: La Chiesa è ancora capace di auto-rigenerarsi?
Il test è decisivo. Dalla buona riuscita del summit sulla pedofilia dipenderà non tanto la tenuta del pontificato in corso, piuttosto la credibilità della Chiesa nel suo insieme. Si saprà se la montagna ha partorito un topolino o se la Chiesa è ancora in grado di dare risposte globali, ferme e trasparenti ad un crimine reiteratamente condannato ma non sempre perseguito con il medesimo rigore. L’immagine attuale è decisamente un po’ appannata perché finora ha faticato a fare pulizia al suo interno. La Chiesa è ancora capace di auto-rigenerarsi?
Gli esperti che in questi decenni hanno lavorato per il cammino di avvicinamento delle vittime rilevano ancora zone grigie. Troppe. Spesso - nei fatti di cronaca, legati a processi nei tribunali civili – sono affiorate resistenze da parte delle istituzioni ecclesiastiche. Difficoltà a rovesciare un modo di fare teso a privilegiare l’istituzione nel suo complesso, proteggere il suo buon nome, rispetto alla doverosa tutela delle persone, delle vittime coinvolte. Il percorso compiuto dalla Santa Sede, a livello normativo, è iniziato faticosamente verso la fine del pontificato di Papa Wojtyla, poi ha avuto una accelerata con Benedetto XVI e con Francesco sono state inasprite molte pene.
Attualmente, in Vaticano, le leggi risultano più severe di quelle italiane. Tuttavia, la mancanza di coerenza e di omogeneità nell’affrontare il fenomeno resta ancora un problema centrale: come recuperare la credibilità messa in discussione da tanti casi insabbiati? Vi sono conferenze episcopali che in questi anni hanno avuto il coraggio di applicare codici severi, controlli rigorosi nei seminari, ascolti sistematici delle vittime attraverso un lavoro di equipe trasparente, informando l’opinione pubblica, senza alcun timore.
Negli Stati Uniti, per esempio, in Germania, in Austria, in Francia, in Belgio, in Olanda. In questi paesi sono stati anche pubblicati elenchi, statistiche sul fenomeno, e gli archivi sono stati messi a disposizione delle autorità civili. In altri paesi, invece, il cammino è in salita. Il caso italiano, per esempio, mostra parecchie lacune e c’è da sperare che il summit possa aiutare i vescovi a rendere omogenea e condivisa la lotta agli abusi, lasciando da parte quella certa vecchia tendenza ad applicare la misericordia verso gli orchi.
Ci si chiede perché l’Italia non dispone ancora di numeri, di statistiche, di un elenco dei preti condannati dalla Congregazione della Dottrina della Fede? Quanti sono finora i preti che sono stati dimessi dallo stato clericale? Perché le statistiche relative ai preti pedofili riguardano solo i tribunali italiani ma non si sa nulla di quelli condannati in Vaticano? In Italia i vescovi e i preti non hanno di certo l’obbligo di collaborare con polizia e carabinieri o con i magistrati. Sul caso italiano, poi, pesa come un macigno quell’articolo dei Patti Lateranensi, recepito anche nell’accordo di revisione firmato nel 1984, che dà la possibilità ai vescovi di essere informati dalle autorità civili sulle indagini in corso riguardanti il clero. Come si vede, il cammino per la lotta agli abusi, è ancora lungo, e dovrebbe prevedere anche la fine di certi privilegi.
Naturalmente le regole dovrebbero valere per tutte le regioni del mondo, Vaticano compreso. Con una battuta monsignor Charles Scicluna – uno degli organizzatori del summit - due giorni fa, ha fatto capire che la musica dovrebbe cambiare anche al di là del Tevere quando ha detto che in Vaticano si fanno le leggi ma solo per essere applicate altrove. La credibilità della Chiesa passa anche da come verrà curato un certo strabismo. (Franca Giansoldati – Vaticanista de Il Messaggero)
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Vecchi, Corriere della Sera: Non era mai accaduto che tutte le chiese locali del mondo fossero convocate in Vaticano
L’attesa è planetaria, durante la presentazione dell’incontro sulla protezione dei minori, la sala stampa vaticana era così colma che sembrava di essere alla vigilia di un conclave. Eppure, lo stesso Francesco, parlando in aereo ai giornalisti che lo avevano seguito nel viaggio recente a Panama, osservava: «Mi permetto di dire che ho percepito un’aspettativa un po’ gonfiata».
Certo, la decisione di Francesco segna uno spartiacque. Non era mai accaduto che tutte le chiese locali del mondo fossero convocate in Vaticano, assieme a religiosi e religiose, per fare il punto sulla lotta alla pedofilia e soprattutto, come ha spiegato il Papa, «perché ci siano dei protocolli chiari».
Si tratta di definire livelli di responsabilità e controllo, stabilire a chi deve rendere conto un vescovo. Padre Hans Zollner, gesuita tedesco, presidente del Centro di protezione dei minori della Gregoriana e membro del comitato organizzatore, è stato molto chiaro: «Oggi un vescovo rende conto direttamente al Papa e soltanto al Papa. Questo significa che il Papa dovrebbe supervisionare e controllare 5.100 vescovi, il che di fatto non è possibile».
L’incontro è molto importante, certo. Eppure, dietro l’osservazione di Francesco, si coglie la percezione di un rischio: l’idea che la Chiesa cominci ora ad affrontare crimini pedofili e coperture, quasi partisse da zero. Dagli Usa, soprattutto, alla vigilia dell’incontro sono arrivati dati impressionanti: come l’elenco dei 108 sacerdoti «credibilmente accusati» di abusi su minori appena pubblicati dalla diocesi di Brooklyn. La notizia ha fatto il giro del mondo.
Pochi hanno fatto notare che il calcolo partiva dagli anni Trenta del Novecento e i casi «dopo il 2002» sono «2» su 108. Questo non toglie nulla alla gravità del caso e anche due pedofili, o uno, sarebbero troppi. Però, come nel rapporto del Gran Giurì della Pennsylvania, la prospettiva storica viene cancellata, come se «ora» fosse scoppiato lo scandalo e «ora» la Chiesa si decidesse a muoversi.
Con Benedetto XVI le cose sono cominciate a cambiare, Francesco sta proseguendo il lavoro del suo predecessore, le vittime cominciano a trovare finalmente ascolto. Restano moltissime cose da fare, la strada sarà lunga, l’incontro in Vaticano segnerà una tappa: importante, ma una tappa.
Il rischio è che l’eccesso di attesa e di polemiche - alimentati dagli attacchi interni per mettere sempre più in difficoltà chi sta cercando di cambiare le cose, com’è accaduto a Benedetto XVI e accade a Francesco - finisca col fare il gioco di chi vuole che nulla cambi. Gian Guido Vecchi Vaticanista Corriere della Sera
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La Rocca, Famiglia Cristiana: Gesù evoca indirettamente la pena di morte per chi tocca i bambini
Ci sarà pur un motivo se l'unica volta che Gesù evoca, anche se indirettamente, la pena di morte, è quando – parlando dei bambini – avverte: “Chi fa del male ad uno di questi piccoli è meglio che si leghi al collo una macina di mulino e si getti nel mare”. Una condanna senza appello di 2 mila anni fa, ma valida ancora oggi davanti alle tante piccole vittime di maltrattamenti fisici e morali, lavoro minorile, malnutrizione, giochi negati, scuola proibita, istigazione a delinquere, uso di baby soldati in guerre dichiarate dagli adulti, spaccio di droga. “Mali” ancora più abominevoli quando si tratta di crimini sessuali, in primis la pedofilia, da cui nemmeno la Chiesa è immune.
Bene, quindi, ha fatto papa Francesco ad indire dal 21 al 25 febbraio il summit per la tutela dei bambini per contrastare e condannare chi tra il clero è colpevole di abusi sui minori. “Mele marce” che – ripete chi tenta di attenuare il fenomeno - non minano il corpo sano della Chiesa, dove su oltre 400 mila preti e circa un milione di religiosi e religiose gli incriminati sono solo l'1 o il 2 per cento. Sarà pure vero, ma quanto è doloroso vedere sul lastrico intere diocesi americane fallite per i costosi risarcimenti pagati alle vittime di preti pedofili, leggere gli elenchi di ecclesiastici abusatori resi noti negli Usa, in Europa, nel Sud America e vedere papi, cardinali e vescovi chiedere perdono alle vittime. Per non parlare di quei vescovi e cardinali sospesi, ridotti dallo stato clericale, denunciati, cacciati via per aver violentato seminaristi e chierichetti.
E' indubbio che la voglia di pulizia del Papa è una strada senza ritorno sulla scia di Benedetto XVI e di S. Giovanni Paolo II. Peccato che una via tanto logica e necessaria sia stata intrapresa dopo anni di violenze tra silenzi omertosi e coperture, svelati solo dopo le denunce delle vittime e dal coraggio di una stampa libera ed indipendente a livello nazionale ed internazionale. C'è solo da augurarsi che altrettanta determinazione venga messa in atto per debellare la pedofilia che si annida, purtroppo, anche nello sport, nel mondo dello spettacolo e persino nella politica. Staremo a vedere. ORAZIO LA ROCCA Vaticanista di Famiglia Cristiana
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Calabrò, Huffington Post: Martel e il libro inchiesta sulla lobby gay in Vaticano
L'uscita sarà in contemporanea nei cinque continenti, 20 edizioni, in 8 lingue, giovedì 21 febbraio, proprio mentre il Papa apre a Roma un vertice mondiale per contrastare la pedofilia clericale. L’autore di questo libro-inchiesta Fredric Martel ha dichiarato di voler aiutare Papa Francesco a non essere messo in trappola dai conservatori, ma in realtà fornisce abbondante materiale per sostenere la tesi dell'ex nunzio Carlo Maria Viganò sul fatto che gli abusi sessuali ecclesiastici sono dovuti proprio alla “gabbia” gay (non semplice lobby, visto che secondo Martel sarebbe assolutamente maggioritaria).
Ci sono stati altri pamphlet su questa lunghezza d'onda (già nel 1999, "Via con il Vento in Vaticano", poi più recenti "Lussuria" e "Peccato originale"). Ma la differenza è che "Sodoma" sarà un libro “mainstream”, un libro di tendenza per tutto il mondo.
Con uno scopo dichiarato dall’autore (attivista dei diritti gay e Lgbt): "Il Vaticano è l'ultima roccaforte gay “da liberare” nell’anno in cui si celebrano i cinquant’anni dei moti di Stonewall negli Stati Uniti", cioè gli scontri violenti di New York, di fine giugno 1969.
La Chiesa, secondo Martel, è diventata una società "sociologicamente omosessuale", o meglio il Vaticano, dopo una selezione della classe dirigente (vescovi e cardinali) per cui l'omosessualità diventa la regola e l'eterosessualità l’eccezione, l'unico Stato-gay al mondo.
"Sodoma" è un libro disturbante, che dice e non dice, fa intuire quello che non può dimostrare, allude, fa scorrere il "veleno gaio" di cui scriveva il poeta francese Rimbaud, o meglio "il terrorismo delle chiacchiere" di cui non si stanca di parlare Papa Francesco.
Il libro ha l'ambizione di rifare la storia di almeno tre Pontificati e di alcuni snodi della storia del Novecento, letti attraverso il prisma dell'omosessualità delle alte gerarchie. Ma senza prove sostanziali.
Anche il metodo utilizzato dal giornalista francese per scrivere il libro è singolare. Tra i millecinquecento intervistati ci sono infatti 40 di cardinali (un terzo del Collegio di un futuro Conclave) che si sono prestati a parlare con l'Autore, dichiaratamente gay e che però in un'intervista pubblicata a Parigi il 15 febbraio ha dichiarato di non averli avvisati dello scopo del libro.
Alcuni degli “intervistati” hanno già fatto sapere di averlo sì incontrato, ma in occasioni pubbliche, e di essersi limitati ad ascoltare le sue tesi sulla “Chiesa-gay”. Avrebbe agito insomma un po' come "agente sotto copertura", "agente provocatore" e sarebbe riuscito nel suo intento, perché "gay " e "straniero", cioè non italiano.
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