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PREGARE DIO PER I VIVI E PER I MORTI, LA VII OPERA DI MISERICORDIA SPIRITUALE - DI ENZO BIANCHI

di Enzo Bianchi

Quest’ultima opera di misericordia spirituale potrebbe anche essere la prima della lista, perché chiede l’opera delle opere, l’opera per eccellenza, l’opera divina (opus Dei), come la chiamavano i padri: la preghiera.

La preghiera è un’azione, un lavoro, innanzitutto perché impegna tutta la persona, corpo e psiche, e poi perché è un’azione faticosa di cui si parla facilmente ma che in verità si pratica poco. La preghiera è sempre apertura a una comunione con Dio, nella quale Dio è il primo ad agire, chiedendo al credente l’ascolto e invitandolo poi al dialogo, a osare dirgli qualche parola: parole di obbedienza, di lode, di invocazione, di intercessione.

Pregare Dio per i vivi e per i morti significa appunto indirizzargli parole lodandolo per quelle persone vive o morte che ci hanno aiutato a vivere, che ci hanno consolato, che ci hanno amato; significa parlare a Dio per ricordargli la fatica, il dolore dei vivi e per ricordargli quelli che sono morti. Siamo tutti in un’unica comunione di credenti, siamo tutte co-creature sulla terra, e non è possibile pregare Dio senza questo orizzonte universale, cosmico, che guarda addirittura al di là della morte e vede viventi quanti abbiamo conosciuto e amato, che ora non sono più tra di noi. Ecco l’intercessione senza barriere per uomini e donne, conosciuti e sconosciuti, cristiani e non cristiani, giusti e peccatori, vivi e morti: tutti uniti, tutti in comunicazione attraverso la preghiera al Signore Dio dei vivi e dei morti.

È così che inter-cedere (fare un passo tra) significa situarsi in una situazione critica e guardare a chi è preda del male, nella debolezza, nella sofferenza, e nel contempo guardare al Signore e invocarlo, al punto da farsi solidale con chi soffre, dando voce alla sua sofferenza e lanciando per lui o per lei un grido a Dio. L’intercessione è coinvolgimento con chi soffre, è com-passione (soffrire con); è pregare Dio con la stessa postura della sentinella rivolta all’aurora (cf. Sal 119,147; 130,6); è invocare la sua presenza che salva, guarisce, aiuta e sostiene.

Senza intercessione gli uni per gli altri non c’è comunione, non c’è pienezza di vita ecclesiale. Il cristiano sa che mentre la sua preghiera sale a Dio per i vivi e per i morti, i santi che sono nel cielo, “nuvola di testimoni” (Eb 12,1), fanno scendere le benedizioni di Dio. Un cristiano autentico dà il primato alla preghiera di ascolto di Dio, ma da tale ascolto – che è anche ascolto dei fratelli e delle sorelle in umanità – fa salire a Dio la lode e la domanda. E non c’è mai un cristiano da solo: con la preghiera ogni cristiano accoglie e attesta la comunione tra il cielo e la terra, la comunione del Cristo vivente, comunione con i vivi e con i morti.

Enzo Bianchi, Priore di Bose


Enzo Bianchi

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