San Giovanni Evangelista, personaggio di un 'presepe atemporale'
Il 27 dicembre si festeggia questa così grande figura di Giovanni, l’apostolo, l’evangelista.
di Antonio TaralloVicino al Natale, da poco festeggiato, si susseguono nel calendario - e ieri, il primo è stato Stefano, primo martire della Fede - i cosiddetti “comites Christi”.
I santi più vicini al percorso terreno di Gesù, e primi a renderne testimonianza con il martirio. Stefano, con il suo martirio, ha voluto dirci, in una certa misura la Fede è dono prezioso e va difeso fino alla fine della vita. Ancora oggi, come il pontefice ieri ha ricordato, sono tanti i “martiri” per il proprio Credo. E, nei giorni scorsi, il documentario “Decimati”, realizzato da Padre Enzo Fortunato e dalla giornalista Lucia Annunziata, ce lo hanno ricordato.
Il Presepe “atemporale”: Giovanni, unione tra la nascita e la morte di Gesù
Oggi, si festeggia questa così grande figura di Giovanni, l’apostolo, l’evangelista. E’ assai significativo questo susseguirsi nel calendario. Fa riflettere e insegna molto. Mentre siamo ancora intenti ad adorare il Gesù Bambino nella mangiatoia, con la memoria di Giovanni, inevitabilmente, siamo trasportati alle ultime ore di Gesù. Un passaggio temporale di trentatré anni: rapido, veloce, e atemporale. Eppure, il legame è profondo. Guardiamo, per un attimo, quel Bambino. In fondo, se entriamo in qualsiasi chiesa, facilmente tutto questo ci sembrerà alquanto facile. Il Bambino è posto in questa “culla” di fieno, quasi nudo, con un solo panno che lo avvolge. Ha le braccia aperte. Vuole abbracciare il Mondo, nel suo semplice Amore. Flash-back: il Calvario, il Golgota, la Croce e Gesù - quasi nudo, anche questa volta, è a braccia aperte, inchiodate al legno - e sotto lui, troviamo Maria e Giovanni, il discepolo “prediletto”. E così, quando ancora le feste natalizie sono nel pieno, quando ancora si attende la venuta dei Magi, la Liturgia ci apre questa sorta di “parentesi” temporale, con la figura dell’Evangelista. Sotto la Croce, oltre alla madre, è lui vicino al Cristo sofferente, nel suo ultimo atto terreno. Così, quasi per “assurdo”, la mente potrebbe facilmente “comporre” un “presepe” non solo della Nascita di Gesù, ma dell’intera vita terrena. Una rappresentazione che coinvolge l’inizio e la fine (che poi sfocerà nella Resurrezione) di quel Bambino, appena nato: il primo vagito diverrà l’ultimo respiro.
Giovanni, “il discepolo prediletto”
Secondo le narrazioni dei vangeli, le principali fonti storiche a lui riferite, era il figlio di Zebedeo e Salomè e fratello dell'apostolo Giacomo il Maggiore. Prima di seguire Gesù era discepolo di Giovanni Battista. La tradizione gli attribuisce un ruolo speciale all'interno della cerchia dei dodici apostoli: compreso nel ristretto gruppo includente anche Pietro e Giacomo, lo identifica con "il discepolo che Gesù amava", partecipe dei principali eventi della vita e del ministero del maestro e unico degli apostoli presenti alla sua morte in croce.
È lui l’autore del quarto e ultimo Vangelo, il più profondo per riflessione teologica, con un prologo che è un inno alla divinità di Cristo: “E il Verbo si fece carne”, sintesi estrema - e anche poetica, potremmo dire - del mistero dell’Incarnazione. Di quel mistero che stiamo ancora festeggiando. È lui l’autore di tre lettere canoniche rivolte alla primitiva comunità cristiana, messa in guardia sul peccato e lo spirito dell’anticristo, che rifiuta il Padre e il Figlio e “viene, anzi è già nel mondo”. Ed è sempre lui l’autore dello scritto-scrigno che chiude la Scrittura, l’Apocalisse, o Libro della Rivelazione, il più profetico di tutto il Nuovo Testamento e colmo di richiami alle profezie dell’Antico. Figura complessa, da approfondire sempre più, anche per entrare meglio nel mistero della Natività, dell’intera esistenza umana (e oltre) di Gesù.
Antonio Tarallo
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