STELLE COME LUCCIOLE, LA DECORAZIONE DELLA NAVATA DELLA BASILICA DI SAN FRANCESCO
Innumerevoli dischetti bombati, rivestiti da lamine metalliche riflettenti, che si vedono ancor oggi tra le vivaci decorazioni dei costoloni, confusi alle figure geometriche e agli intrecci vegetali.
di Elvio Lunghi
In basilica, nei giorni feriali, le funzioni religiose sono celebrate all'altare della cappella di Santa Caterina, di fronte all'ingresso della chiesa inferiore, con i fedeli che prendono posto nello spazio protetto da transenne nel braccio settentrionale del nartece. Al contrario, nei giorni festivi le funzioni sono celebrate all'altare maggiore dedicato a san Francesco in capo alla navata: il celebrante sotto la crociera centrale, i cantori sugli stalli del coro retrostante, i frati nei due rami del transetto, i fedeli sui banchi della navata.
Oggi l'interno della chiesa è illuminato da luci artificiali che partono da corpi illuminanti centrali. Illuminano sacerdoti e fedeli, ma anche le immagini dipinte alle pareti. Ci fanno vedere queste immagini come non si erano mai viste prima, sia quelle meglio conservate, che sembrano più belle semplicemente perché hanno l'apparenza della bellezza del creato; sia i malinconici frammenti che hanno conservato le pareti della navata, e che donano l'aspetto di una Pompei medievale a questo magnifico tempio eretto in memoria di san Francesco, semplicemente perché allo scadere del Duecento furono aperte in rottura una serie di cappelle laterali ai due lati della navata, rovinando irrimediabilmente la preesistente decorazione.
Le luci artificiali illuminano impietosamente questi affreschi rovinati dalle mani dell'uomo e dall'usura del tempo. Ce li mostrano grigi, spogli e disadorni, tanto sono colorate e vivaci le storie dipinte da Giotto e da Pietro Lorenzetti sulle volte del transetto. Eppure non fu sempre così: anzi, al contrario. Le storie affrontate della passione di Cristo e della vita di san Francesco, che accompagnavano i pellegrini lungo la via santa che conduceva alla tomba del santo, furono dipinte con colori vivaci e brillanti tanto più oscuro era l'ambiente per l'assenza di luci artificiali, quando le immagini alle pareti prendevano vita grazie alla luce che entrava dalle finestre laterali, o per la luce delle candele che i fedeli accendevano in onore del santo.
Quando la chiesa di San Francesco fu costruita nel punto dove più ripida scende la costa del colle, sopra la quale sorge la città di Assisi, è verosimile che Gregorio IX, nel dare inizio alla costruzione il 17 luglio 1228, ne murasse la pietra di fondazione nel tratto pianeggiante dove fu poi disposta la tomba del santo. La navata della chiesa inferiore fu scavata in trincea sulla viva roccia del colle, fu coperta con volte a crociera e fu illuminata da sottili finestre da entrambi i lati; sopra la banchina in pietra che circondava l'edificio, avanti la costruzione del convento per i frati. In questo ambiente la salma di san Francesco fu traslata nel corso di una tumultuosa cerimonia il 25 maggio 1230. Subito dopo fu aggiunto il nartece che fa da ingresso alla navata, in origine illuminato da aperture sulle opposte testate. Solo in un secondo momento fu aperto il rosone sopra il portale binato e le tre coppie di bifore della cappella di Santa Caterina. In origine anche la navata era illuminata dai fasci di luce diretta, che piovevano in chiesa dalle finestre laterali, prima che la costruzione delle cappelle private accecasse anche queste finestre, privando la navata di una illuminazione diretta.
Fu allora che sparirono i riflessi di luce che davano all'interno della chiesa l'illusione di un cielo stellato, e che erano provocati dagli innumerevoli dischetti bombati, rivestiti da lamine metalliche riflettenti, che si vedono ancor oggi tra le vivaci decorazioni dei costoloni, confusi alle figure geometriche e agli intrecci vegetali. O che compaiono al centro delle innumerevoli stelle a otto punte disposte sul fondo azzurro delle vele. A tratti, l'illuminazione elettrica della chiesa riesce ad accendere ancora questi dischetti riflettenti, ma il gioco ha perso la sua magia, il mistero, il sogno che dovevano saper suscitare queste stelline ondeggianti agli occhi dei pellegrini che rivolgevano lo sguardo verso i soffitti in pietra. È un po' come la scomparsa delle lucciole all'inizio della nostra civiltà dei consumi, quando nei primi anni sessanta, a causa dell'inquinamento dell'aria, e, soprattutto, in campagna, a causa dell'inquinamento dell'acqua (gli azzurri fiumi e le rogge trasparenti) sono cominciate a scomparire le lucciole. Il fenomeno è stato fulmineo e folgorante. Non credo che i miei figli abbiano mai visto tante lucciole come si vedevano un tempo. Forse solo le persone molto anziane le ricordano ancora.
Allo stesso modo, le stelle che si accendevano un tempo sulle volte della chiesa sapevano donare il sapore di un miracolo alla vita figurata di san Francesco, prima che Giotto rimettesse le cose a posto confrontandole con la realtà di tutti i giorni.
Elvio Lunghi
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