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Storie di santità “francescana”

di Antonio Tarallo
Credit Foto - Aleteia

Tutto iniziò, si sa, ad Assisi. In terra umbra, dove la pianura si alterna ad alture che formano una sorta di scala verso il cielo, quasi a toccare il Paradiso dei santi. In questa terra, oltre al fiorire di ulivi, che richiamano tutti all’immaginario “francescano”, sono state tante le biografie di religiose, di religiosi, di donne e uomini che hanno contribuito in maniera considerevole a incrementare la cosiddetta “schiera” dei Santi. A pensare che tutto era cominciato da quel piccolo frate chiamato Francesco. La storia è assai nota: il Crocifisso di San Damiano, la missione per i poveri, per i lebbrosi (a Rivotorto), il dialogo con i non credenti (l’incontro col Sultano d’Egitto), l’ardente volontà di annunciare il Vangelo di Cristo, agli Uomini, con gli Uomini, grazie soprattutto all’incontro con l’Uomo, specchio riflesso dell’immagine di Dio. In un solo nome? Lui, San Francesco, che abbiamo da poco ricordato lo scorso 4 ottobre.

Ma tante, dicevamo, le figure che hanno voluto seguire il “poverello d’Assisi”. Abbiamo addirittura una sorta di statistica che è interessante riportare, per poter comprendere quanto il “seme francescano” abbia dato frutto fino ad oggi. Secondo le statistiche dell’ottavo centenario della Regola francescana (1209-2009), l’Ordine francescano ha dato alla Chiesa 197 santi e 353 beati, ufficialmente canonizzati e beatificati dalla Sede Apostolica. Tutti questi, della Famiglia serafica, vengono celebrati sì il primo novembre, assieme a tutti gli altri santi, ma è necessario precisare che a loro viene riservata una festa in particolare, che cade il 29 novembre, in memoria di quel 29 novembre 1223, quando Onorio III confermò solennemente la Regola di S. Francesco, già approvata verbalmente nel 1209 da Innocenzo III. Facciamo l'elogio degli uomini illustri, dei nostri antenati secondo le loro generazione.Essi furono uomini virtuosi, i cui meriti non furono dimenticati”. Così recita la Liturgia “propria”, in quel giorno, nella prima lettura, dal Libro del Siracide.

Alcune di queste figure hanno visto i loro natali, appunto, nella terra umbra, o comunque in questa, ha trovato “culla” la loro missione. A livello cronologico, e anche geografico, in fondo, non potevamo non iniziare questo viaggio nella “santità francescana”, se non con quella che potremmo definire “autoctona”. Abbiamo prima citato il “capostipite” assisano, ma accanto a lui, importante nominare sempre sorella Chiara d’Assisi, festeggiata l’11 agosto. La sua storia, è alquanto nota.

Ma, rimaniamo sempre, nella casa di Chiara. Mettiamoci, un attimo, a “spiare” cosa avviene in questa “illustre” casa. Proprio qui, bisogna ricordarlo, è germogliato altro fiore di Santità. Stiamo parlando di Sant'Agnese di Assisi, al secolo Agnese Scifi, battezzata con il nome di Caterina. Nata ad Assisi, nel 1197, era la prima delle due sorelle minori di Chiara. Fu mandata da San Francesco stesso a guidare il monastero di Monticelli, vicino Firenze. Da questo luogo, la sua opera per il Signore si espanse tanto da fondare numerosi monasteri di "Povere Dame", nell'Italia centro-settentrionale, e nello specifico in città come Mantova, Venezia e Padova. Monasteri, tutti intenti a osservare la stessa fedeltà agli insegnamenti di Francesco e Chiara. Nella “Cronaca” si racconta che Francesco, dopo l’entrata nella vita religiosa di Caterina (che vide la contrarietà dei genitori, così come era stato per la sorella Chiara), le chiese se fosse sicura di voler donare tutta la sua vita a Gesù Cristo. Alla risposta affermativa della giovane, le furono tagliati i capelli, per farne una tunica, l' “abito della Povertà”. Una volta vestita di tale veste, il nome di Caterina fu cambiato in Agnese. Fu la morte della sorella Chiara, a segnare profondamente la vita della santa. Infatti, pochi giorni dopo la morte della fondatrice delle Clarisse, Chiara, il 27 agosto dello stesso anno, Agnese morì. Dopo la sua morte, i devoti le attribuirono numerosi miracoli. Papa Benedetto XIV consentì all'Ordine francescano di celebrare la sua festa il 16 novembre.

Il “mare” variopinto dei santi, comprende, anche i “beati”. Fra questi della famiglia francescana (ne sono ben 353, come si sottolineava sopra), ce ne uno, accanto proprio a San Francesco. E’ il Beato Egidio d’Assisi, che nasce appunto ad Assisi, nel 1190 circa. Fu il terzo “compagno” a seguire Francesco, dopo Bernardo di Quintavalle (anche lui, beato, che si festeggia il 10 luglio) e Pietro Cattani. Egidio li raggiunge il 23 aprile 1208. È un povero bracciante analfabeta, della campagna umbra. Unico suo “tesoro”, un mantello che regalerà a un mendicante. Cercherà di istruirsi, accompagnando Bernardo, nelle sue missioni. Nella primavera del 1209, con una decina di confratelli, accompagna Francesco a Roma, per l’approvazione della prima regola dei frati Minori da parte di papa Innocenzo III. Nel 1212-1213 va pellegrino a Santiago de Compostela, a San Michele al Gargano, a San Nicola di Bari, e successivamente, in Terrasanta. Anche in questa terra è chiamato a lavorare, conoscendo tutti i mestieri delle campagne.Sarà lui, assieme a Bernardo, ad essere al capezzale di Francesco, nell’ottobre1226. La sua vita terrena si concluderà nel convento francescano di Monteripido, presso Perugia. Lì si ritirerà nel silenzio, ed è lì che morirà il 23 aprile 1262. Sarà papa Pio VI, nel 1777, a confermarne il culto, come “beato”, per “l’intrepida fede e la meravigliosa semplicità”.

Sono tanti i martiri che hanno visto l’inizio della loro missione/vocazione nella terra umbra, ma che hanno trovato poi la morte, in terre lontane. Questa gloriosa schiera inizia con i Protomartiri del Marocco: sono i Santi Berardo, Pietro, Ottone, Accursio, Adiuto,provenienti da località vicino Terni. Ma importante il luogo della loro partenza, per questo li annoveriamo in questa sezione “tutta assisana/umbra” del nostro focus sulla Santità nella famiglia serafica. Infatti, i cinque partirono dalla Porziuncola, subito dopo il Capitolo generale del 1219, incoraggiati dalle parole e dalla benedizione di San Francesco, ai quali dirà: “Partite, figli miei, abbandonatevi nelle mani di Dio. Egli vi fortifichi, vi conduca e vi consoli nelle prove... Non abbiate alcun timore”.  Ricevuta la benedizione, si diressero verso il Marocco. Arrivati a Siviglia, occupata dai Musulmani, iniziano qui il loro apostolato. Davanti ad una moschea mussulmana, hanno il coraggio di predicare la religione cristiana. Arrestati, dapprima vengono rinchiusi in una torre e, dopo diverse torture e maltrattamenti, furono inviati al Miramolino, in Marocco. Da qui in poi, la loro vicenda diventerà davvero una lotta tra la forza della Fede, dell’Annuncio, e Miramolino, di fede islamica. Il sangue versato, sarà sangue di martirio. All’annuncio del loro morte, il serafico Padre Francecso, esclamerà: “Ora, in verità, posso dire di avere cinque veri frati Minori”. Furono canonizzati dal pontefice francescano Sisto IV, nel 1481, ed il “Martyrologium Romanum” li commemora al 16 gennaio, anniversario del loro glorioso martirio. Piccola nota, per niente marginale. Il rientro dei loro corpi in Italia, toccò una tappa fondamentale: Coimbra, in Portogallo. Spettatore del tutto, un giovane, un certo Fernando Martins de Bulhões, quel giovane che tutti conosciamo con il nome di Sant’Antonio di Padova. Fu proprio il commovente passaggio di quelle bare, a spingere poi Fernando, a entrare nell’Ordine francescano. Ma questa, è altra storia. Nata sì lontana dall’Umbria, da Assisi, ma che – in certa misura – possiamo ben dire che trae sempre la sua origine dalla città dove tutto è nato, la città del Serafico Padre Francesco.



Antonio Tarallo

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