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Un viaggio attraverso i santi patroni: la triade di santi di Perugia

I santi patroni delle città, tesoro culturale e spirituale d’Italia

di Antonio Tarallo
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Rimaniamo in terra umbra, non ci allontaniamo troppo dalla “nostra” Assisi e dal suo santo patrono Rufino Vescovo, che abbiamo approfondito nella precedente puntata. Ci rechiamo, “idealmente” nel capoluogo umbro, Perugia. Città medioevale, perla dell’Italia centrale, capoluogo dell’Umbria. Nella piazza principale si erge forte e altisonante il Palazzo dei Priori, in stile gotico, eretto – in più fasi – tra il 1293 ed il 1443. E proprio sulla sua facciata, sopra il Portale Maggiore, veniamo colpiti da una lunetta dove troviamo tre figure marmoree, in rilievo. Sono San Costanzo, San Lorenzo e Sant’Ercolano. I tre patroni della città di Perugia.

San Costanzo (sconosciuto l’anno della nascita -170), nasce a Foligno. E’ stato il primo vescovo di Perugia. Martirizzato al tempo delle persecuzioni dell'imperatore Marco Aurelio. Secondo la tradizione, fu condotto da alcuni soldati davanti al console Lucio e barbaramente flagellato. Uscì miracolosamente vivo, dopo esser stato immerso nell'acqua bollente. Ricondotto in carcere, convertì i soldati che gli facevano la guardia, tanto che successivamente lo aiutarono a fuggire.   Dopo essersi rifugiato presso il cristiano Anastasio, fu con lui, nuovamente arrestato e decapitato nella città di Foligno. Secondo tutte le redazioni della sua passio, il corpo del santo fu sepolto nelle immediate vicinanze della città, in un'area denominata “Areola fuori Porta San Pietro”. C’è una attestazione di tale zona in un diploma dell'Imperatore Corrado II del 1027: la zona viene descritta come appartenente al monastero di san Pietro, al quale fu donata per volontà del vescovo Onesto nell'anno 965. Il primo suo monumento funebre, risale al 178. Alla intercessione di san Costanzo furono attribuiti in particolare due miracoli. Il primo, quello di una donna completamente cieca   che si fece portare ai piedi del santo per ricevere la benedizione e implorare aiuto. Si narra che proprio dopo la sua benedizione, la donna riacquistò completamente la vista. Il secondo, invece, ha come protagonista un nobile di Perugia, tale Crescenzio, che sofferente da molti anni di inguaribile paralisi degli arti inferiori, andò da Costanzo. Anche in questo caso, dopo la sua benedizione, riacquistò la salute e il vigore fisico. Nel 1781 fu fatta una ricognizione delle sue reliquie e nel 1825, con grande solennità, avvenne la traslazione di queste, dal vecchio al nuovo altare, sempre nella attuale chiesa di S. Costanzo. E’ festeggiato il 29 gennaio. In onore del patrono nasce il famoso dolce perugino. Si tratta del cosiddetto “Torcolo di San Costanzo”. Il nome “torcolo” deriva, secondo la tradizione popolare, dalla sua decapitazione e, nel ricomporre il suo corpo,  per nascondere il segno del martirio, venne posta sul collo una corona di fiori.

Il secondo santo patrono è San Lorenzo, nato nella città di Huesca (Aragona) nel 225, indicato dalle antiche fonti come arcidiacono di papa Sisto II. Sappiamo tutti che il giorno famoso della sua festa è quel 10 agosto, tanto celebrato dal poeta Carducci, e che rimane nell’animo di tutti come  “il giorno delle stelle cadenti”. San Lorenzo, primo dei sette diaconi che, nel tempo di Lorenzo, prestavano il loro servizio della Chiesa romana. Con la persecuzione del 258, Valeriano ordina la messa a morte di vescovi e preti. “Episcopi et presbyteri et diacones incontinenti animadvertantur”, così ci narra Tascio Cecilio Cipriano, nelle sue lettere. Lo stesso pontefice non fu risparmiato da tale persecuzione. Infatti, Sisto II, sorpreso mentre celebrava l'eucaristia nelle catacombe di Pretestato, fu ucciso il 6 agosto insieme a quattro dei suoi diaconi. Quattro giorni dopo, appunto il 10 agosto, fu la volta di Lorenzo, che aveva 33 anni.

Nel terzo libro dell’ “Officiis Ministrorum” , opera redatta da Sant’Ambrogio, troviamo una dettagliata passione del santo, dall’arresto e morte di papa Sisto II al suo martirio. Famosa rimarrà il passaggio della “graticola”: “E anch'egli, mentre, beffato il tiranno, veniva bruciato su una graticola: "Questa parte è cotta, disse, volta e mangia". Così con la sua forza d'animo vinceva l'ardore del fuoco”.  La Cattedrale di San Lorenzo di Perugia – che sorge sui resti del tempio etrusco dedicato alla dea Giunone – inizialmente chiamata “Cattedrale di San Lorenzo e Sant'Ercolano”, risale ad un progetto del 1300 di fra Bevignante. Venne iniziato nel 1345 e completato nel 1490.

E’ stato da poco festeggiato, il 7 novembre. Si tratta dell’ultimo patrono di Perugia, Sant’Ercolano. Visse nel VI secolo, e Papa San Gregorio Magno, autore dei famosi “Dialoghi”, nel libro terzo, scrisse che Ercolano faceva vita monastica tra i canonici regolari di Sant’Agostino, prima di essere chiamato alla cattedra episcopale di Perugia, come successore del defunto vescovo Massimiano. E sempre secondo lo stesso santo autore, Gregorio, Sant’Ercolano morì martire nel 549, tentando di impedire a Totila, re degli Ostrogoti, l'invasione della città. Intorno al 547, dopo tre anni di assedio, i Goti di Totila – re degli Ostrogoti dal 541 al 552 – in guerra con i bizantini nella penisola italiana, penetrarono nella città di Perugia, favoriti dalla delazione di un chierico, che informò i nemici sui piani di difesa della città. Il vescovo Ercolano, che aveva resistito eroicamente con i concittadini, fu catturato, scorticato vivo, e poi decapitato davanti a Porta Marzia, per ordine di Totila, impegnato intanto nell’assedio di Roma. Il corpo del santo fu gettato fuori delle mura cittadine. Quaranta giorni dopo la decapitazione, il corpo del Vescovo venne rinvenuto intatto.  Fu, allora, sepolto nell’antica cattedrale di San Pietro. La chiesa di Sant’Ercolano venne edificata alla fine del XII secolo e, nel 1317, fu dedicata dal comune della città di Perugia al "defensor civitatis", protettore della città e dell’università.



Antonio Tarallo

Commenti dei lettori

11-11-2018 12:34:34
Anna
E' storicamente accertato che Ercolano morì per mano dell'esercito goto assediante, non di Totila che in quel periodo era a Rossano Calabro di cui graziò gli abitanti. Totila vietava poi violenze su civili e donne (fonte Procopio) e per il liber pontificalis visse coi Romani come un padre coi figli

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