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Cimabue e la crocifissione nella Basilica Superiore di San Francesco di Elvio Lunghi

di Elvio Lunghi
Credit Foto - Archivio Fotografico Sacro Convento di Assisi - Pa

Poco prima del 1280 Cimabue dipinse una grandiosa Crocifissione nel transetto sud della basilica superiore di San Francesco, sulla parete retrostante l'altare di San Michele Arcangelo, in prossimità del capitolo generale che si riunì ad Assisi per la Pentecoste nel maggio 1279. La Crocifissione fu dipinta per l'esclusiva contemplazione da parte della comunità dei frati, presieduta dal pontefice qui rappresentato dal trono papale al centro della tribuna absidale, perché non era possibile vederla dalla navata, fin dove potevano entrare un tempo i pellegrini in visita.

Le tre Marie, la Vergine madre, san Giovanni e Maria Maddalena sono in fila in piedi l'uno accanto all'altra, a occupare i primi posti nel lato principale a destra della croce, sotto gli occhi di Cristo. Ciascun personaggio ha un portamento composto che ricorda una statua classica, senza un grido, senza un lamento, esprimendo con muta compostezza una personale partecipazione al dramma che si sta svolgendo davanti ai loro occhi. Le tre Marie si abbracciano come se fossero una sola cosa, come se volessero rassicurarsi a vicenda, chi guardando avanti chi voltandosi indietro. Maria e Giovanni si tengono per mano e si guardano negli occhi, tutti presi dalla missione che è stata loro affidata dall'alto della croce.

Solo Maria Maddalena, in piedi sotto la croce, ha levato entrambe le braccia verso il cielo, non per minaccia, ma come se volesse afferrare con le sue mani il corpo gigantesco che s'inarca sul legno della croce e pende sopra il suo capo. Schiacciato a terra ai piedi della croce c'è san Francesco che ne abbraccia e bacia il legno. Nemmeno le piaghe sanguinanti, nemmeno i chiodi: il legno senza Dio. Un Dio morto per noi. Sul lato opposto, dove non può guardare Cristo, lontano dal volto di Cristo si affollano anonimi soldati romani e ancor più anonimi farisei di razza ebraica. Si distingue solo un personaggio per il nimbo che gli circonda il  capo, che lo fa riconoscere nel centurione che riconobbe la natura divina di Cristo, secondo la testimonianza dei Vangeli sinottici. Tende il braccio destro in direzione del Cristo, prontamente imitato da un secondo personaggio che alle sue spalle tiene una lancia in mano e alza l'altro braccio in direzione del Cristo. Lo chiamano entrambi: si volterà a guardarli? Mostrerà loro il suo volto? 


Totalmente devastata è la condizione umana che domina la Crocifissione sul transetto opposto, dietro l'altare dedicato ai santi Pietro e Paolo: Cristo è morto, la Vergine è svenuta e viene sorretta da due Marie, sotto la croce due soldati alzano le lance per colpire al fianco il condannato e accertarne la morte, un pubblico impaurito si è allontanato dalla croce, lasciandole intorno uno spazio deserto, una terra desolata. Rispetto ai tanti personaggi che occupavano la quinta in primo piano nel quadro precedente, qui è rimasto il solo Francesco. Nessuno è riuscito a strapparlo dall'abbraccio al legno della croce: "Crux fidélis, inter omnes arbor una nobilis. Nulla talem silva profert flore, fronde, germine. Dulce lignum, dulci clavo, dulce pondus sustinens". Croce fedele, nobile albero, unico tra tutti. Nessun bosco ne offre uno simile per fiore, fogliame, germoglio. Dolce legno, dolce palo, che porti un dolce peso. Sulla parete un tempo dipinta oggi non si vede quasi più nulla, ma si sa che Francesco è qui. Noi sappiamo che è qui. Resta questa la sola novità rispetto al collaudato repertorio di personaggi, ispirati al racconto evangelico, che si assiepano ai piedi della croce.  


Elvio Lunghi

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